Anche il COVID leggero facilita declino cognitivo e perdita di memoria
Nel 2024, il prestigioso New England Journal of Medicine ha pubblicato i risultati di una ricerca sugli effetti del COVID sul declino cognitivo.
Vasto il numero dei casi analizzati (oltre 130.000) e di forte impatto i risultati, riportati anche da Journal Watch, che descrivono un effetto prolungato e certo del COVID sulla memoria anche se l’infezione è stata leggera.
Sicuramente l’intensità del declino cognitivo si è manifestata (e si manifesta) in modo molto più evidente per le infezioni gravi, che hanno richiesto il ricovero ospedaliero e l’eventuale rianimazione, e nelle persone in cui il COVID si è risolto entro le 12 settimane.
Ma la novità di questo lavoro è l’avere riconosciuto che il declino cognitivo si sia manifestato anche nelle persone infettate e asintomatiche.
La correlazione si evidenzia meno o non si evidenzia del tutto nelle persone che hanno contratto il COVID nelle “ondate” successive, sia per un probabile cambio della variante infettante sia per la crescita della immunità indotta dalle stesse infezioni e dalle vaccinazioni sia per la disponibilità di una terapia più efficace e conosciuta.
Come abbiamo scritto più volte, la relazione tra COVID e zuccheri è ben documentata, nello stesso modo della relazione tra Long COVID e glicazione e sono numerosi gli articoli che segnalano la stretta connessione tra neurodegenerazione, Alzheimer e zuccheri.
C’è quindi un elemento comune che lega l’infezione da SARS-CoV-2 con la glicazione e che consente di agire in termini preventivi e in termini terapeutici su questa condizione attraverso scelte nutrizionali personalizzate.
Per contrastare il Long COVID ad esempio, con la metformina (sostanza già nota per la sua azione sul metabolismo degli zuccheri) si riesce quasi a dimezzare l’incidenza di questo disagio.
Anche una ricerca pubblicata sulla prestigiosa rivista The Lancet ha chiarito che la metformina può essere di forte e documentato beneficio nel prevenire lo sviluppo del Long COVID proprio grazie alla sua azione sul metabolismo zuccherino.
La metformina non risolve certo il problema ma lo dimezza, obbligando una riflessione più allargata su come gli zuccheri possono creare danno nell’organismo.
Pensando ad esempio alla stanchezza persistente (uno dei sintomi più tipici del Long COVID), il fatto che una sostanza glicante come il metilgliossale, sostanza glicante misurabile con Glyco Test e Test PerMè, interferisca sui mitocondri inducendo una inibizione della produzione di ATP (l’energia con cui i muscoli possono funzionare), spiega perché la glicazione elevata possa determinare stanchezza.
Questo è un aspetto della glicazione che arriva ad interferire in modo significativo anche sulla resa muscolare degli sportivi e sulla difficoltà di recupero dallo sforzo o dall’allenamento (Mey JT et al. Front Cardiovasc Med. 2018;10;5:117).
In un video pubblicato su YouTube descrivo e spiego perché la glicazione determini questi aspetti di affaticamento e interferisca fortemente sulla memoria.
Zuccheri, stanchezza, perdita di memoria e COVID sono quindi intimamente legati e la possibilità di controllare la glicazione può essere applicata per evitare di ammalarsi ma soprattutto per controllare la trasformazione del COVID in Long COVID o per guarirne prima.
Il supporto di integratori come Inositox, Glucontrol base e Ribilla, insieme alle scelte nutrizionali personalizzate, può esssere ancora più efficace del semplice uso della metformina, rispettando le caratteristiche individuali della persona malata consentendo anche l’uso di dolci e zuccheri nel modo che ogni persona può sopportare senza danno.