Ma quanto fanno ingrassare i succhi di frutta?

6 Ottobre 2024
Ma quanto fanno ingrassare i succhi di frutta?

L’immagine positiva del succo di frutta 100% fa parte delle mistificazioni alimentari più diffuse. 

I succhi di frutta, amorevolmente chiamati “i succhini”, sfruttano il concetto che la frutta faccia sempre bene (è vero, se mangiata in giusta quantità con la sua fibra e la sua buccia se possibile) mentre quando è trasformata in succhi può determinare effetti metabolici molto dannosi.

L’indice glicemico dei succhi (e anche delle spremute) è elevatissimo e la presenza di eventuali vitamine e minerali non compensa certo il danno legato alla glicazione.

L’unico vantaggio che arriva dai vari tipi di zuccheri è quello del piacere al consumo, come abbiamo spiegato in numerosi articoli, e per goderne il piacere senza danni è necessario bilanciare la loro assunzione con la giusta quantità di fibra e di proteine.

Una ricerca pubblicata nel 2024 sulla prestigiosa rivista JAMA Pediatrics ha rianalizzato tutti i lavori più recenti e di elevata precisione che hanno studiato la relazione tra i succhi di frutta e l’ingrassamento dei bambini (e in parte degli adulti).

La frutta fa bene ma l'eccesso di fruttosio determina gli stessi effetti dello zucchero bianco e purtroppo i bambini se ne riempiono credendo di mangiare “sano”.

Sono stati studiati circa 50.000 bambini e 250.000 adulti ed è emersa una correlazione molto significativa tra uso dei succhi 100% frutta e aumento di peso. 

Significa che l’uso dei succhi di frutta camuffa semplicemente di una parvenza benefica l’iperutilizzazione degli zuccheri grazie ai quali purtroppo i bambini italiani (dato 2024) si dimostrano i più grassi d’Europa (in realtà siamo penultimi ma il dato è sconfortante).

La spremuta di due arance contiene, oltre alle vitamine sicuramente utili, anche 23 g tra fruttosio e glucosio (dati USDA), l’equivalente cioè di circa 5 cucchiaini di zucchero. Questi fanno bene alla salute se chi beve la spremuta fa attività sportiva e la beve insieme ad una prima colazione in cui siano presenti proteine e fibra (2 uova e pane integrale ad esempio, non certo un croissant o un cornetto come viene proposto nei bar e nei menù degli autogrill).

La relazione tra fruttosio e obesità è stata descritta in un precedente articolo e anche il dottor Cappelletti ha descritto egregiamente la relazione tra steatosi epatica e fruttosio.

Dal 2017 sappiamo che un eccesso individuale di zuccheri scatena ben il 62% di tutte le possibili reazioni che noi crediamo allergiche o infiammatorie (dall’orticaria alla colite, dalla dermatite alla fibromialgia) e dal 2023 sappiamo anche qual è il meccanismo cellulare che determina questo effetto.

Una review pubblicata nel 2022 su Frontiers in Immunology ha spiegato con chiarezza che tutti gli zuccheri (che siano glucosio o fruttosio poco importa), quando sono assorbiti dall’intestino, possono attivare un processo infiammatorio che contribuisce alla formazione di citochine coinvolte in numerose malattie.

Quindi diventa importante capire quando e come gli zuccheri (o gli eccessi relativi di carboidrati) siano individualmente eccessivi. Anche un eccesso relativo di carboidrati (pur sanissimi) all’interno del pasto può infatti essere letto dall’organismo, come una assunzione diretta di zuccheri, che determinano poi effetti di glicazione evidenti. 

Un eccesso individuale di zucchero, di fruttosio, di alcol, di dolcificanti e di carboidrati, determina non solo l’alterazione della capacità metabolica dell’organismo (diabete e sovrappeso ad esempio) ma una risposta infiammatoria correlata a tutte le malattie oggi più diffuse, come spiegheremo a breve.

Nella primavera del 2023, il British Medical Journal ha presentato le 43 malattie croniche gravi correlate all’uso di zucchero ed Eurosalus ne ha parlato diffusamente sulle sue pagine.

Dall’analisi pubblicata dal BMJ, che ha valutato decine di milioni di persone (un numero enorme di dati) e il loro uso di zuccheri, non è emerso nessun possibile effetto positivo dello zucchero se non quello legato al piacere e al gusto. 

Più che utile quindi, diventa quasi obbligatorio, nella gestione dei consumi di zuccheri (e di eventuali “sgarri”), conoscere le proprie caratteristiche metaboliche, infiammatorie e genetiche. Capire cioè come il proprio organismo è in grado di gestire il flusso di zuccheri senza riceverne danno. 

Ciò consente di godersi una Sacher, un cannolo o due cucchiaiate colme di marmellata senza troppi allarmismi o paranoie. E se è il caso anche un occasionale succo di frutta 100%. 

Anche per questo motivo misurare eventuali danni da zucchero in modo preciso è sicuramente meglio che supporre. 

Test come il Glyco Test o il PerMè consentono di identificare eventuali eccessi individuali di zuccheri e impostare una dieta personalizzata, con la giusta varietà alimentare (dolci compresi!).

Per questo, nel centro SMA in cui lavoro, quando affrontiamo tutte le malattie con una impronta metabolica, impostiamo sempre specifici percorsi terapeutici e dedichiamo una attenzione personalizzata al quadro infiammatorio dovuto agli alimenti e alla misura del BAFF, del Metilgliossale e della Albumina glicata (attraverso i test di GEK Lab) perché la risposta clinica sia soprattutto quella del controllo dell’infiammazione, della riattivazione del metabolismo e della riconquista del benessere personale.