La sindrome del colon irritabile sembra facilitare il Parkinson

23 Giugno 2024
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La relazione tra Parkinson e alimentazione è molto dibattuta. Fin dal 2007 l’American Journal of Epidemiology ha pubblicato una ricerca molto ben documentata che ha messo in relazione il consumo di latticini con questa malattia neurologica.  

Nel corso degli anni si sono susseguiti anche altri studi che hanno portato a escludere il ruolo del latte come singolo alimento e correlandolo invece con i fenomeni di glicazione eventualmente indotti (eccesso di lattosio) o agli effetti individuali come quelli della colite e del colon irritabile.

Una review del 2020 confermava infatti che sia Alzheimer sia Parkinson avessero una correlazione di rilievo con i disturbi intestinali.

In modo molto più preciso, lo studio pubblicato su Gut nel novembre 2023 ha confrontato circa 25.000 pazienti malati di Parkinson con altrettanti casi controllo evidenziando che la presenza di alcuni disturbi intestinali ha una forte correlazione con la malattia neurologica. 

Ricordiamo che correlazione non è strettamente lo stesso di “causa” ma spesso le cose vanno a coincidere. 

Chi soffre di IBS ha un rischio 4 volte maggiore degli altri di andare incontro alla malattia di Parkinson ma il colon irritabile è guaribile con una dieta personalizzata, aiutandone la prevenzione.

La difficoltà di svuotamento gastrico e la sindrome del colon irritabile (IBS) hanno una associazione molto stretta con il Parkinson (con un rischio addirittura 4 volte maggiore delle persone sane) mentre la semplice “cattiva digestione” o la diarrea o le malattie infiammatorie intestinali (IBD) non hanno questo tipo di associazione.

In modo interessante si è visto che l’appendicectomia riduce il rischio di Parkinson, come se un intervento sulla parte immunitaria dell’intestino riuscisse a bloccare la possibile evoluzione verso la degenerazione parkinsoniana. 

Quindi diventa importante, per una azione preventiva anche del Parkinson, controllare la sindrome del colon irritabile, come noi da anni facciamo nel centro SMA in cui lavoriamo, dove il motto è che “nessun cibo è nemico” ma è la varietà alimentare che ci preserva dagli stati infiammatori.

L’esecuzione di un test Recaller o di un PerMè (tra i test di GEK Lab) evidenzia il proprio profilo personale e permette di comprendere quali alimenti in quel momento stanno dando fastidio all’organismo (in modo legato alla ripetitività degli stessi) aumentando l’infiammazione o modificando l’assorbimento di minerali e vitamine essenziali per la prevenzione.

Una volta evidenziato il proprio profilo alimentare, i gruppi alimentari emersi non vengono eliminati, bensì “devono” essere ridotti per qualche periodo e piano piano reinseriti per recuperare l’amicizia nei loro confronti.

Le IgG alimento specifiche che consentono di identificare la ripetizione alimentare sono state già documentatamente riconosciute come biomarcatori che consentono al medico di suggerire una dieta di rotazione personalizzata che guidi la guarigione della forma di colite. 

Nel mese di dicembre 2020 è stata infatti pubblicata su Nutrition and Metabolism (London) una ricerca, realizzata dalla Inflammation Society (UK) in collaborazione con GEK Lab e con il gruppo SMA di Milano, che ha messo fine all’era in cui si proponeva, a casaccio, di togliere il glutine, il latte o qualsiasi altro alimento in modo spesso incongruo.

Scelte inutili e rischiose, che nei percorsi terapeutici del nostro centro abbiamo sempre contrastato e che sono superate oggi dalla guida al recupero di un fisiologico rapporto con il cibo (Cappelletti M et al, Nutr Metab (Lond) (2020) 17:101 https://doi.org/10.1186/s12986-020-00528-x). 

È possibile quindi capire su base scientifica quali alimenti facilitino la sindrome del colon irritabile e impostare una dieta di rotazione personalizzata che aiuti la guarigione, sapendo che questo contribuirà anche alla prevenzione della neurodegenerazione.