Altro che China Study… Anche l’Oriente conta i suoi danni, dovuti a zuccheri ed eccesso di carboidrati
Dieci anni fa ho pubblicato un articolo che criticava la validità scientifica del libro “The China Study” e poiché quel libro era stato eletto a “bandiera” da vegani e vegetariani stretti, sono stato subissato di critiche, insulti e minacce (esatto, minacce) basate sull’assunto che alimentazioni quasi solo a base di carboidrati dovevano per forza essere le migliori del mondo.
Chi come il nostro gruppo di ricerca valutava le indicazioni della Harvard Medical School sulla necessità di bilanciare in modo equilibrato in ogni pasto fibre e proteine, oltre ai carboidrati, per evitare infiammazione e aumento della resistenza insulinica è stato in quel periodo oltraggiato in totale assenza di basi scientifiche.
A distanza di dieci anni da allora, l’analisi dei dati proposti nel libro “The China Study” ha fatto emergere tali e tanti strafalcioni scientifici e metodologici che oggi nessuno tra quelli che ci ha “aggredito” allora si permetterebbe di riproporlo come base scientifica del loro credo, salvo perdere indubbiamente la faccia.
A livello ideologico continuerò a ricevere insulti e minacce cui sono ormai abituato, ma sul piano scientifico sarà difficile contrastare queste considerazioni.
Oggi sappiamo con certezza che la variabilità glicemica, dovuta ai picchi di fruttosio, di alcol e di carboidrati (oltre che di zucchero), aumenta del doppio il rischio di mortalità dovuta a qualsiais causa.
È stata una ricerca pubblicata nel Novembre 2021 sul Journal of Clinical Endocrinology and Metabolism a spiegare con chiarezza che le fluttuazioni di glicemia sono altamente correlate con la mortalità da tutte le cause, in modo del tutto indipendente dai valori di emoglobina glicata o di glicemia a digiuno.
Questo studio ha consentito di capire che i picchi glicemici non sono dovuti solo allo zucchero ma agli zuccheri in generale, alla frutta, ai dolcificanti artificiali e allo squilibrio nella composizione del piatto.
Un eccesso relativo di carboidrati (pur sanissimi) all’interno del pasto può essere letto dall’organismo, nella maggior parte dei casi, come una assunzione diretta di zuccheri, che determinano poi effetti di glicazione evidenti.
Nella primavera del 2023, il British Medical Journal ha presentato le 43 malattie croniche gravi correlate all’uso di zucchero ed Eurosalus ne ha parlato diffusamente sulle sue pagine.
Dall’analisi pubblicata dal BMJ, che ha valutato decine di milioni di persone (un numero enorme di dati) e il loro uso di zuccheri, non è emerso nessun possibile effetto positivo dello zucchero se non quello legato al piacere e al gusto.
Si tratta di uno studio imponente (è una “umbrella review”, che consente di leggere in modo aggregato la clinica di decine di milioni di persone) ed ha documentato ben 43 patologie gravi correlate con certezza all’uso degli zuccheri.
È importante ricordare che quando si parla di zuccheri e di glicazione non si fa riferimento solo allo zucchero da cucina ma anche al fruttosio (ebbene sì anche l’eccesso di frutta), all’alcol e ai polioli (dolcificanti artificiali) che condividono la stessa via metabolica.
L’articolo “zuccheri invisibili e nascosti” descrive e spiega in dettaglio a che cosa fa riferimento il termine di “zuccheri”.
Una grande parte dei ricercatori che hanno completato lo studio del BMJ è cinese, in particolare della West China Hospital of Sichuan University e il rilievo legato agli zuccheri coinvolge, ovviamente anche questa parte orientale del mondo.
La rivista Xinuha ha dedicato un rilevante riferimento a questo aspetto pubblicando un articolo dal titolo “L’assunzione di zuccheri è legata alle malattie più importanti”, ribadendo la necessità di un cambiamento comportamentale a livello globale orientato in maggior misura sulla popolazione più giovane.
Si pensi che il suggerimento che ne deriva è quello di limitare l’assunzione dei soft drink dolcificati o zuccherati ad una sola lattina alla settimana (tra 250 e 330 ml).
Non casualmente fin dal 2020 il Journal of Affective Disorders riportava la drammatica situazione cinese legata allo stretto rapporto tra consumo di bevande zuccherate e disturbi comportamentali e affettivi.
Infatti obesità e diabete sono sì in rapporto con lo zucchero ma dal lavoro di ricerca le associazioni dannose più significative tra consumo di zucchero nella dieta e malattie hanno evidenziato 18 esiti endocrini/metabolici, 10 esiti cardiovascolari, 7 esiti oncologici e 10 altri esiti “vari” (neuropsichiatrici, dentali, epatici, osteitici e allergici).
Più che utile quindi, diventa quasi obbligatorio, nella gestione dei consumi di zuccheri (e di eventuali “sgarri”), conoscere le proprie caratteristiche metaboliche, infiammatorie e genetiche. Capire cioè come il proprio organismo è in grado di gestire il flusso di zuccheri senza riceverne danno.
Ciò consente di godersi una Sacher, un cannolo o due cucchiaiate colme di marmellata senza troppi allarmismi o paranoie. Anche per questo motivo misurare eventuali danni da zucchero in modo preciso è sicuramente meglio che supporre.
Test come il GlycoTest o il PerMè consentono di identificare eventuali eccessi individuali di zuccheri e impostare una dieta personalizzata, con la giusta varietà alimentare (dolci compresi!).