Dolcificanti e alterazione del microbiota
Sono tempi brutti per i dolcificanti artificiali. Dopo che eritritolo, sucralosio, stevia ed altri ancora sono stati identificati come possibili responsabili di molte malattie cardiovascolari oltre che di ingrassamento, oggi emerge con chiarezza la loro azione deleteria sul microbiota intestinale.
Grazie alla identificazione del microbiota intestinale e delle sue variazioni nella gestione della salute, e in particolar modo della sindrome metabolica (obesità, colesterolo, trigliceridi, ipertensione, diabete) si è potuto comprendere che gli zuccheri (tutti gli zuccheri, non solo quello da cucina) sono di fondamentale importanza per alterare l’equilibrio della flora intestinale spingendo l’organismo verso lo sviluppo di alterazioni metaboliche importanti.
Nel settembre 2022 è stata pubblicata su Cell (rivista di elevatissimo standing e di fortissima credibilità scientifica) l’evidenza del fatto che una dieta con alto contenuto in zuccheri promuova la sindrome metabolica a causa della perdita di cellule linfatiche Th17 intestinali, che sono protettive delle reazioni infiammatorie e delle rezioni metaboliche.
Le cellule Th17 proteggono dalla sindrome metabolica; significa che chi ne ha in abbondanza, anche mangiando “malaccio” riesce a difendersi abbastanza bene dalle evoluzioni patologiche che possono nascere.
Gli zuccheri invece (tutti), quando sono mangiati in eccesso, attivano alcune cellule immunitarie che si chiamano ILC3 che a loro volta fanno “scomparire” le cellule Th17 stimolando la espansione locale di Faecalibaculum rodentium, un batterio “antipatico” che riduce il numero di cellule Th17, che proteggono appunto dallo sviluppo di sindrome metabolica.
È importante notare che tutte queste valutazioni hanno ben tenuto in conto il fatto che il sovrappeso o l’obesità fossero tra le caratteristiche personali che contribuivano alla sindrome metabolica.
Ebbene, con un’altra ricerca (sempre pubblicata su Cell da Suez J. nell’agosto 2022) gli autori hanno fornito prove evidenti che aspartame, saccarina, sucralosio e stevia (tutti dolcificanti classificati come NNS – Non Nutritive Sweeteners, cioè a zero – o quasi – calorie) determinano una reattività del microbiota umano e modificano la sua capacità di trasmettere effetti a valle sulla tolleranza al glucosio dell’organismo che se ne nutre.
Per anni si è pensato che questi dolcificanti (NNS) fossero metabolicamente inerti, mentre questi dati suggeriscono che il microbiota intestinale umano può costituire un “hub di reattività” che consente, in alcuni individui, la trasmissione degli effetti degli NNS sulla fisiologia umana, stimolando ad esempio la sindrome metabolica e la alterazione dei livelli di glucosio nel sangue.
Quali sono, quindi, le soluzioni pratiche da mettere in atto?
La prima è quella di valutare e misurare i propri livelli di glicazione, che GEK Lab analizza attraverso il Glyco Test e il test PerMè, per sapere quali sono i limiti che si devono affrontare per mantenere o recuperare la propria salute.
Poi bisogna occuparsi di preservare il proprio microbiota con cura ed attenzione, “volendogli bene”, in un certo senso, attraverso una corretta alimentazione.
Fin dal 2014, una ricerca pubblicata su Nature ha dimostrato che il microbiota intestinale può rispondere alle modifiche della dieta in tempi molto brevi.
L’elemento fondamentale per riequilibrare il microbiota è la dieta e la sua composizione può variare nel corso di uno/quattro giorni dalla modifica alimentare impostata.
I probiotici o i postbiotici possono quindi fare bene ma la vera discriminante è l’impostazione dietetica e soprattutto la modifica della glicazione. Solo il controllo dei valori di metilgliossale e di albumina glicata possono rendere efficace una terapia di riequilibrio del microbiota