Pensieri a lato: impressioni intorno ad un congresso
A Berlino il 13 maggio è un anniversario importante. Si fa memoria del drammatico rogo con cui 68 anni fa vennero bruciati in piazza tutti i libri sulla conoscenza dell’uomo, giudicati sovversivi e pericolosi; triste preludio alla azione di guerra che dopo pochi anni avrebbe attraversato e distrutto l’europa.
Per questo motivo cerco di rintracciare anche gli aspetti umani della conoscenza medica a fianco delle previste comunicazioni scientifiche. Un enorme tabellone colorato pieno di bambini accoglie chi entra nell’immenso palazzo dei congressi; un quarto dei bambini è grigio e con la faccia triste, a indicare la loro allergia.
Forse anche per aiutarli, migliaia di medici portano qui il frutto di infinite ore di lavoro proprie e di chi li ha aiutati a fare ricerca. Quando si fa fatica è importante che ci sia una motivazione, ma l’unica che io abbia potuto rintracciare cercando tra le centinaia di relazioni, poster, seminari, conferenze e simposi è quella della somministrazione di farmaci. Eppure quei bambini sul tabellone all’ingresso sono grigi, e entrando mi verrebbe voglia di sentire subito qualcuno che mi aiuti a capire perché aumentano le allergie; NON come, che molti stanno spiegando, ma perché.
Vorrei una intera mattinata dedicata a sentire gli esperti dell’inquinamento ambientale che raccontino obbligatoriamente a tutti i medici presenti quali sono le reali condizioni di stimolo del sistema immunitario in questo mondo inquinato non solo da muffe ed acari, ma anche da mercurio, diossina, ossidi, sostanze tossiche liposolubili e infinite altre.
Vorrei qualcuno che spiegasse ai medici (perché possano trasmetterlo a quel 25% della popolazione che passerà inevitabilmente tra le loro mani) quali sono i comportamenti alimentari e generali che aiutano a difendersi. Purtroppo non c’è neanche un seminario che riguardi questi temi. E non c’è nemmeno una riunione che discuta il perché delle allergie.
Sette anni fa, al congresso mondiale di allergologia di Stoccolma, ci furono numerose relazioni sul rapporto tra parte neurologica e psichica e allergia. Questa parte della allergologia oggi non esiste più: è come se improvvisamente qualcuno avesse deciso di spazzarla via, forse perché si occupa anche di conoscenza dell’uomo e non solo dei farmaci da utilizzare. Si accende una lucina rossa, da tenere bene sotto controllo.
Lo strapotere delle industrie farmaceutiche è davvero imponente. Gli eventi congressuali in cui si amplifica la conoscenza, e in cui vengono confrontati i dati e le ricerche hanno spesso una mediocre frequentazione, mentre gli eventi sponsorizzati dalle case farmaceutiche, in cui passa un sapere comunque finalizzato alla vendita di prodotti, sono affollatissimi.
Da un lato quindi un tentativo di conoscenza e di approfondimento non sempre condizionato dal guadagno, e dall’altra una conoscenza sicuramente finalizzata a questo.
Non è un doppio binario su cui si possa esprimere un giudizio di “giusto” o “sbagliato”, ma riconoscere questa doppia modalità con cui il mondo medico si confronta con la conoscenza è doveroso e legittimo.
L’illustre scienziata, cui viene data una parte presumibilmente onorifica, trascende invece i limiti che le sono posti, e l’ultimo giorno, in seduta plenaria, parla di visione olistica e globale della allergologia, e della necessità di tenere in alta considerazione gli aspetti psichici delle persone malate per poterle curare e guarire.
Rita Levi Montalcini, portando a testimonianza delle sue parole una notevole quantità di dati scientifici, ha regalato a questo congresso uno spunto di umanità e di contatto con la realtà umana in modo sorprendentemente vivo. Eppure anche se un vago senso di malinconia e di occasione perduta aleggia nella mia mente, ho la percezione che la rabbia serva a poco. Ognuno può e deve lavorare nel suo sulle cose in cui crede e cercare comunque sempre un confronto libero con gli altri scienziati e medici.
L’incontro con figure umane interessanti, con medici che in un corridoio del palazzo dei congressi o all’ombra di un bicchiere di birra berlinese mi hanno confermato la loro umanità e la loro ricchezza di pensiero, continua a darmi speranza e stimolo nella ricerca e nella professione.