Io mi vaccino
Io mi vaccino. Ho riflettuto a lungo sull’efficacia, sulla sicurezza e sulla necessità sociale della effettuazione della prevenzione vaccinale del COVID. Ho messo sulla bilancia le opinioni dei tanti esperti che nel corso di questi ultimi mesi si sono pronunciati sul piano medico, epidemiologico, virologico e psicologico confrontandole con le mie personali valutazioni immunologiche e ovviamente con quelle della comunità scientifica.
Ora vince sicuramente la vaccinazione. Il periodo storico attuale è caratterizzato da una incertezza mai prima vissuta nel mettere in pratica le ricerche scientifiche, perché applicare ad un evento completamente nuovo (come la pandemia di COVID) solo gli schemi validati precedentemente può portare a rischi anche maggiori di quelli legati all’accettare qualche dubbio.
L’esempio che mi viene in mente è quello di una nave che sta naufragando: ci sono salvagenti per tutti, ma non sono marchiati CE. Sembrano ottimi salvagenti, ma manca il marchio. Chi si lancia con quei salvagenti ha molta probabilità di salvarsi. Chi non si lancia perché i salvagenti non hanno ancora il “bollino di garanzia assoluta” hanno un elevato rischio di affondare con la nave.
Se penso a quando sono stato vaccinato da bambino per la poliomielite con il vaccino di Sabin (il liquidino rosa da mettere sullo zuccherino dei primi anni ’60) e ripercorro le conoscenze storiche di allora, mi rendo conto che le certezze erano davvero minime, eppure si sono vaccinati i bambini durante l’epidemia di poliomielite più grave che si ricordasse e la poliomielite è stata vinta.
Oggi ho un’unica perplessità, che riguarda la vaccinazione nelle persone che sono già state infettate dal virus e che lo hanno superato (anche in modo asintomatico). Le persone che hanno già una immunità per il SARS CoV-2, acquisita per essersi ammalati o per essere stati a contatto con i malati (situazione tipica di molti familiari di contagiati e di molti sanitari), sono con grande probabilità protetti e immuni e se anche forse avranno bisogno di un “richiamo” in anni futuri, attualmente potrebbero aspettare a vaccinarsi e cedere il posto a persone che hanno bisogno della vaccinazione più di loro.
Condivido questa convinzione con altri esperti virologi e immunologi, basandomi sulla prima positiva e importante notizia scientifica che fa pensare ad una fine prossima della attuale pandemia e che aiuta a pensare con positività anche alle vaccinazioni che si stanno proponendo in questi mesi.
Ben 27 ricercatori del Karolinska Institutet di Stoccolma (in pratica il centro che suggerisce a chi assegnare i Nobel), insieme a un paio di inglesi e a un danese, hanno pubblicato su Cell i risultati di una ricerca molto approfondita sulla immunità cellulare che si affianca alla produzione di anticorpi nella difesa dal Covid (Sekine T et al, Cell. 2020 Oct 1;183(1):158-168.e14. doi:10.1016/j.cell.2020.08.017. Epub 2020 Aug 14).
In pratica, e molto in sintesi perché riprenderemo questo tema in un prossimo articolo, nel loro studio (qui il link all’articolo originale), i ricercatori hanno evidenziato che:
- le persone che si sono infettate con il Sars CoV-2 sembrerebbero sviluppare sia una immunità umorale (quella che si valuta con il test sierologico misurando gli anticorpi) sia una immunità cellulare dovuta alla azione di particolari linfociti T;
- gli anticorpi circolanti anti Covid decrescono in un periodo che va da 2 a 12 mesi (anche se in alcuni casi persistono più a lungo) fino a scomparire, ma le persone resterebbero comunque protette (tanto che le re-infezioni sono numericamente risibili);
- l’immunità cellulare resta sempre pronta a reagire a ogni successivo contatto con il virus, portando alla immediata produzione di anticorpi antivirali e generandone protezione;
- se questo virus dovesse funzionare come altri coronavirus simili (quello della SARS e quello della MERS), l’immunità cellulare resterebbe attiva e proteggente per molti anni.
In pratica significa che, come già l’ISTAT, in anticipo su tutti, aveva rilevato nella sua analisi rilasciata il 3 agosto 2020, il numero delle persone che hanno incontrato il virus e hanno sviluppato immunità umorale o cellulare (entrambe efficacemente protettive) è decisamente più elevato (anche 6 volte) del numero dei contagiati clinicamente evidenti.
Che nei confronti di questo virus il sistema immunitario sta agendo in modo importante ed efficace e che le vaccinazioni in atto, affiancate alla attuale diffusione del virus, aiuteranno a costruire in un tempo breve una barriera sociale alla ulteriore diffusione del virus per aiutare tutti a ritornare in una condizione di normalità (o quasi) dell’esistenza.
Da immunologo mi sento anche di segnalare agli indecisi sulla vaccinazione (purtroppo si leggono fake news di ogni genere) che ammalarsi di Covid può portare le persone con patologie autoimmuni (dalla tiroidite di Hashimoto all’Artrite reumatoide) a improvvisi e severi aggravamenti immunologici che favoriscono le complicazioni della malattia, con probabilità ben più alta delle pur possibili, ma rare, attivazioni immunitarie dovute alla vaccinazione.
Inoltre le capacità di difesa di ogni persona possono essere comunque aiutate con il controllo della glicazione, valutando cioè la propria situazione individuale relativa agli zuccheri (glucosio, fruttosio, alcol e polioli).
Tra settembre ed ottobre 2020 sono state pubblicate ricerche precise sul ruolo dei fattori di glicazione (legati soprattutto agli zuccheri alimentari) nella contagiosità e nella comparsa di complicanze da Covid-19 e in ottobre si è visto che la proteina spike del SARS CoV-2 riesce ad entrare nell’organismo umano quanto più è “zuccherata” o glicosilata, che è il termine scientifico più adatto. Ma si è anche scoperto che se il virus è glicosilato o glicato abbondantemente (come spiegato nel novembre 2020), gli anticorpi (ottenuti dalla vaccinazione o dalla infezione pregressa) potrebbero non riconoscerlo e perdere così la loro efficacia protettiva.
La prevenzione del Covid deve quindi tenere conto anche dei livelli di infiammazione da alimenti e di infiammazione da zuccheri, due delle più importanti forme di infiammazione alimentare, che possono essere misurate efficacemente con il test PerMè e con il Glyco Test. Sono alcuni degli strumenti che nel centro SMA in cui lavoro, tutto lo staff di medici e di biologi nutrizionisti utilizza per ottimizzare la salute dei pazienti che seguiamo.
Conoscere i propri livelli di glicazione e nutrirsi in accordo con le indicazioni che ne derivano può essere uno degli strumenti più utili anche per il supporto alla terapia e per consentire alla vaccinazione di mantenere elevata la sua efficacia.