Il BAFF dalle mille attività. Perché sta diventando così importante
Quando nel 2010 il nostro gruppo di ricerca iniziò a studiare il BAFF (una citochina infiammatoria) e a mettere in relazione molti dei disturbi infiammatori più comuni con la sua presenza nell’organismo, erano davvero in pochi a conoscere quale fosse la sua funzione e a capire cosa effettivamente facesse il BAFF.
Da anni noi ci occupiamo di immunologia della nutrizione e quando il lavoro di Lied spiegò che il rapporto con i cibi che potevano dare fastidio all’organismo era mediato dal BAFF iniziammo a dedicare gran parte dei nostri sforzi alla ricerca su questa molecola e allo studio delle sue possibili applicazioni pratiche (Lied GA et al, Aliment Pharmacol Ther. 2010 Jul;32(1):66-73. Epub 2010 Mar 26).
In realtà già dal 2007 il BAFF era stato valutato come possibile marcatore della celiachia da Fabris, che pubblicò i suoi risultati sullo Scandinavian Journal of Gastroenterology. Poiché però i suoi valori si alzavano anche in risposta a cibi diversi dal glutine il suo studio fu messo gradualmente in disparte (Fabris M et al, Scand J Gastroenterol. 2007 Dec;42(12):1434-9).
Questo fino appunto al 2010, quando Lied, insieme al suo gruppo di gastroenterologi norvegesi, ha pubblicato su Alimentary Pharmacology & Therapeutics i risultati della ricerca che evidenziava nel BAFF la citochina prodotta dall’organismo quando reagisce ad un alimento.
Si è trattato di un punto di flesso importante dal punto di vista scientifico, che ha consentito di mettere la parola “fine” al tema delle cosiddette “intolleranze alimentari“, riferimento ormai privo di scientificità a causa delle modalità spesso critiche con cui sono state individuate e gestite nel tempo. Un termine che da ormai 6-7 anni evitiamo accuratamente di usare, salvo che per le due uniche intolleranze riconosciute dalla scienza: quella biochimica al lattosio e quella al glutine di tipo celiaco.
Si tratta quindi di una sostanza che rivoluziona la percezione dei fenomeni di reazione al cibo. Il BAFF rappresenta la sostanza infiammatoria che è “segnale” della reazione, e che spiega la quantità di sintomi correlati con la reazione alimentare.
Non è poco per una sostanza che nessuno è mai andato a cercare fino agli ultimi anni. Il BAFF è attivo in situazioni e ambiti in cui la reazione dovuta al cibo è stata spesso chiamata in causa, come nel caso della artrite reumatoide, dell’obesità, dell’emicrania, della tiroidite di Hashimoto o delle patologie respiratorie croniche e poi in relazione a tutte le malattie autoimmuni.
Nel 2017 poi, esattamente il 27 aprile, è stata pubblicata sul New England Journal of Medicine (forse la più prestigiosa rivista medica mondiale) una ricerca effettuata sull’uomo ha confermato l’importanza del BAFF nelle malattie autoimmuni, aprendo la strada a nuove prospettive di diagnosi e di terapia (Steri M. et al, N Engl J Med. 2017 Apr 27;376(17):1615-1626. doi: 10.1056/NEJMoa1610528).
Si tratta di un lavoro scientifico internazionale, coordinato dall’Università di Sassari, che ha finalmente fatto convergere l’evidenza genetica e quella funzionale in modo preciso, definendo anche le modalità con cui certi tipi di mutazione del DNA possono esprimersi sul piano clinico. Di fatto evidenziando che il BAFF non è solo coinvolto nella genesi del Lupus ma di tutte le malattie autoimmuni.
Fin dal 2013 comunque, una ricerca pubblicata su Cytokine & Growth Factors Review ha amplificato questa percezione. L’importante articolo ha definito che il BAFF, oltre alla sua azione sull’autoimmunità, è coinvolto in modo molto rilevante nella gestione di problemi come il cancro, le malattie infettive e le allergie (Vincent FB et al, Cytokine Growth Factor Rev. 2013 Jun;24(3):203-15. doi: 10.1016/j.cytogfr.2013.04.003. Epub 2013 May 15). Una molecolina di tutto rispetto quindi…
La riflessione di oggi, ormai suffragata da dati scientifici sicuramente inaspettati negli anni scorsi, è che lo studio della relazione con il cibo ha una importanza basilare nella clinica umana. BAFF (come PAF, che noi misuriamo nello stesso test) rappresenta una molecola di “segnale”. Una indicazione di allarme per l’organismo che reagisce di conseguenza in modo patologico.
Avere compreso che BAFF e PAF possono essere modulati e controllati attraverso scelte alimentari semplici ha riaperto la speranza di agire in modo preventivo oltre che terapeutico su gran parte delle patologie croniche e degenerative più diffuse.
La conoscenza di BAFF e PAF consente spesso a ciascuno di riprendere nelle proprie mani il proprio destino e a noi di continuare a fare ricerca sapendo di essere sulla “strada giusta”.