La salute su Internet: dalla gente comune uno schiaffo alle case farmaceutiche
Internet è la più gigantesca rete d’informazione che l’umanità sia mai riuscita a concepire e realizzare. Ma la sua vera forza rivoluzionaria non sta tanto nella quantità dell’informazione quanto nella qualità dell’approccio: cioè nella sterminata e assoluta libertà di scelta di cui il navigatore può disporre.
Senza confini apparenti, e quasi sempre gratis, l’utente decide in perfetta autonomia quali fili della Rete seguire e in quali dei suoi miliardi di maglie soggiornare per trovare risposte alle domande, leggere o pesanti, futili o vitali, che aveva in testa quando si è seduto alla tastiera.
Date queste premesse, e considerando ancora il fatto che gli utenti abituali di Internet rappresentano il segmento più aggiornato della popolazione (e dunque quello presumibilmente più in anticipo sui tempi), dovrebbe apparire evidente una cosa: i gusti e le tendenze del popolo della Rete sono sommamente indicativi, per chiunque produca beni o servizi e voglia venderli, della piega che stanno prendendo i suoi affari.
Se così è, ci sono buoni motivi per ritenere che l’establishment medico-scientifico, con le sue parole d’ordine collaudate e il suo oscuro intreccio con gli interessi delle case farmaceutiche, farebbe bene a preoccuparsi: agli utenti di Internet è in grado di dare ben poche risposte e, soprattutto, di ispirare pochissima fiducia.
Vanno decisamente in questa direzione i risultati di un’interessante ricerca svolta in Gran Bretagna dall’Economic and Social Research Council del Regno Unito e sfociata in una relazione pubblicata qualche tempo fa negli atti di un’importante conferenza internazionale, tenutasi a Vienna, sull’interazione tra uomo e computer (E Sillence et al, New York, ACM Press:663-670). Una accurata sintesi dello studio è disponibile sul sito della BBC.
I ricercatori hanno seguito passo passo le rotte di un gruppo di navigatrici in cerca di informazioni mediche utili a fini personali. Ora, si sa che, su qualsivoglia argomento, Internet mette a disposizione una quantità enorme di materiali, tra i quali non è sempre facile distinguere, per così dire, il grano dal loglio. Pertanto il primo lavoro di ogni utente esperto consiste in un’operazione di vaglio o di sarchiatura: si scarta rapidamente quel che non serve e si trattiene quel che si valuta, almeno in prima approssimazione, positivo.
Ebbene, il lavoro di sarchiatura delle navigatrici oggetto dello studio c’è stato, com’era da aspettarsi, ma è andato in una direzione molto diversa dalle attese. I primi siti scartati, dopo una visita di pochi istanti, erano proprio quelli apparentemente più seri e prestigiosi: quelli gestiti o patrocinati dall’NHS (il Servizio sanitario nazionale) e, ancor più, quelli delle case farmaceutiche che pure, molto spesso, sono ricchi di informazioni scientifiche in tema di salute. La ragione di questa rapida fuga è molto semplice: questi siti pullulano di pubblicità di farmaci e, di conseguenza, non sono giudicati degni di fiducia perché palesemente votati alla parzialità.
I siti che gli utenti tendono a visitare più a lungo, e ripetutamente, sono invece quelli che offrono, in primo luogo, un accesso più facile (con una struttura più semplice e leggibile) e, in secondo luogo, un’atmosfera più amichevole e un modo più umano, meno distaccato e asettico, di trattare i problemi della salute. La fiducia viene accordata insomma a quei siti dove si ha la sensazione che gli esperti scrivano quel che scrivono non perché sono pagati per scriverlo, ma perché è la loro opinione.
Molto frequentati sono anche i forum e gli altri spazi in cui gli utenti dialogano direttamente tra loro, raccontandosi le proprie esperienze e scambiandosi opinioni e consigli. Qui naturalmente è insito un pericolo, che i ricercatori hanno voluto mettere in luce: che, cioè, in questi forum possano infiltrarsi “uomini mascherati”, che si fingono utenti comuni e sono invece esperti prezzolati dalle case farmaceutiche per sostenere, lodare e consigliare i loro prodotti.
Come dire: se non riusciamo a pescarli con la Rete, li attiriamo col verme appeso all’amo. Ma non è detto che siano in molti ad abboccare.