Non è colpa della patata!
La saga della patatina non sembra finire mai!
Nei giorni scorsi sono stati pubblicati dall’American Journal of Clinical Nutrition i risultati di uno studio effettuato su quasi 85.000 donne per oltre venti anni, e che riguarda da vicino il famoso tubero.
Lo studio (Halton TL et al, Am J Clin Nutr 2006 Feb;83(2):284-90) aveva lo scopo di capire la possibile relazione tra uso di patate in genere e di patatine fritte in particolare e la insorgenza dell’ormai epidemico diabete alimentare (chiamato diabete di tipo 2).
I risultati hanno consentito di capire che l’uso della patata, alimento ad alto indice glicemico (che innalza quindi velocemente la glicemia e determina una risposta dell’organismo con innalzamento della insulina), determina una crescita della comparsa di diabete nella popolazione.
È bene ricordare che comunque la patata ha una responsabilità in questo incremento che è notevolmente inferiore a quella dello zucchero (e dei dolci o delle bibite gassate), con un altissimo indice glicemico e una severa responsabilità nella crescita dei casi di diabete nel mondo.
Ma c’è un importante però: la patata può essere scagionata nella misura in cui il quantitativo di carboidrati introdotti mangiandola sia correttamente bilanciato con altri alimenti in modo da ridurne l’indice glicemico complessivo del pasto.
Nello studio in questione si è visto che la crescita dei casi di diabete era proporzionale non solo all’aumentato uso di patate, ma anche alla contemporanea riduzione di cereali integrali nella alimentazione.
L’importanza dei cereali integrali nel controllo delle forme diabetiche è nota da lungo tempo, ma è stata scientificamente confermata (Fung TT et al, Am J Clin Nutr 2002 Sep;76(3):535-40) solo recentemente.
Sul piano nutrizionale ci sono alcuni trucchi che possono essere messi in pratica per contrastare gli effetti negativi della patata:
Restano ovviamente valide tutte le indicazioni che Eurosalus segnala sulla importanza della attività fisica e sulle eventuale integrazione con cromo o altri minerali che migliorano la insulinoresistenza.