Bimbo iperattivo? Occhio all’additivo
La sindrome da deficit di attenzione e iperattività (ADHD, Attention Deficit/Hyperactivity Disorder) è di nuovo oggetto di discussione tra genitori, pediatri, psicologi e pedagogisti. Dopo l’allarme suscitato dall’eccessiva “medicalizzazione” con cui il problema è stato affrontato, ora i ricercatori studiano terapie alternative e in particolare indagano gli effetti che potrebbero avere gli additivi alimentari sui sintomi di questo disturbo del comportamento che interessa un numero sempre crescente di bambini e adolescenti.
Anche in Italia è stato denunciato l’abuso di psicofarmaci prescritti indiscriminatamente da medici e psichiatri (con un’escalation del 280% negli ultimi cinque anni) per curare una “patologia” che potrebbe non essere tale, con il rischio di scambiare per sindrome conclamata di ADHD difficoltà di ordine psicologico, di apprendimento e di socializzazione per le quali una pillola serve a poco. Anzi, fa molti danni.
Negli Stati Uniti erano stati denunciati gli effetti collaterali, in certi casi anche gravi, causati dagli psicofarmaci sui bambini affetti da ADHD, al punto che per il Ritalin – il farmaco più “gettonato” per curare la sindrome – a partire dal 2006 è diventato obbligatorio riportare nelle avvertenze il rischio di infarto, allucinazioni e morte.
Ma non sono stati solo i genitori a nutrire i primi dubbi nei confronti di un approccio esclusivamente psichiatrico-farmacologico e a orientarsi verso cure più naturali: anche a livello scientifico si stanno sperimentando trattamenti meno “devastanti” – per esempio attraverso la fitoterapia o una dieta alimentare mirata – nei confronti dei quali regnava prima lo scetticismo. In campo fitoterapico ancora non danno risultati significativi le ricerche sull’hypericum perforatum, o erba di San Giovanni, come riporta uno studio pubblicato sul Journal of the American Medical Association, e parimenti sull’echinacea, il ginkgo biloba e il ginseng; più promettenti si sono dimostrati gli studi sull’efficacia di integratori a base di acidi grassi Omega-3.
Ma è il legame alimentazione/ADHD il più indagato al momento dagli esperti, dopo che una ricerca inglese effettuata presso l’università di Southampton – finanziata dalla Britain’s Food Standards Agency e pubblicata nel 2007 sull’autorevole The Lancet – ha messo in evidenza gli effetti peggiorativi degli additivi alimentari sui sintomi di iperattività in un campione di bambini di varie fasce di età cui era stato somministrato o un semplice succo di frutta o una bevanda costituita di un mix di coloranti e conservanti che corrispondevano a una quantità mediamente assunta quotidianamente da un bambino inglese.
Quale fosse l’additivo incriminato – se il colorante giallo arancio E110 o E104, l’azorubina E122, l’artrazina E102, il rosso cocciniglia E124 o il rosso allura E129, oppure il conservante benzoato di sodio E211 – non è dato sapere, ma comunque sono tutti comunemente presenti in merendine, bibite, gelati, caramelle, succhi di frutta, chewing-gum ecc. di cui bambini e adolescenti fanno largo consumo. Il test non era focalizzato solo su individui affetti da sindrome ADHD, ciò che conferma una volta di più l’importanza di un’alimentazione sana e naturale per la salute psicofisica dei bambini e per il loro rendimento a scuola.
I genitori sono perciò avvertiti: un po’ meno junk food, anche se gustativamente ed esteticamente molto appetibile, e più vitamine e minerali nella dieta dei figli. A meno che non vogliano dar retta a certi pediatri e psicologi, preoccupati che i pargoli possano andare in crisi di astinenza di additivi o che possano manifestare turbe psichiche se non possono più mangiare le stesse cose degli altri bambini.