Nuove etichette per gli alimenti
Finalmente nuove etichette, e nuove norme che tutelino il consumatore un po’ di più. Il nuovo regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio, relativo alla “fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori”, è stato pubblicato sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione Europea lo scorso 22 novembre. Due sono i punti particolarmente interessanti della nuova normativa: 1) l’obbligo di specifica del contenuto di sale sull’etichetta; 2) l’attenzione posta alla tutela dell’utente con una norma specifica (art.7) dedicata alle “pratiche leali d’informazione”.
Il sale
Sul sito del Ministero della Salute si legge che il consumo medio per adulto italiano è di 10 grammi al giorno, più di dieci volte il necessario, secondo quanto disposto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Per prevenirne l’abuso, viste le importanti complicanze potenzialmente correlate all’uso eccessivo del sodio, e i grandi vantaggi ottenibili attraverso riduzione del consumo, la stessa OMS ne suggerisce un uso che sia inferiore ai 5 grammi al giorno. Tale normativa arriva con grande beneficio potenziale: sempre maggiore è infatti la quantità di sale nascosto negli alimenti industriali (emblematico l’esempio dei biscotti). Interessante il fatto che, secondo il nuovo regolamento, oltre all’obbligo di specifica della quantità contenuta sarà possibile specificare se il sodio presente sia naturalmente parte dell’alimento o aggiunto. Così potenzialmente si sensibilizza l’utente sul fatto che la solita aggiunta di sale sull’alimento non solo sia dannosa, ma spesso anche inutile: il sodio fisiologicamente necessario può essere già naturalmente presente nell’alimento al naturale.
La tutela dell’utente
Questo punto passa anzitutto da una corretta informazione. Come recita il citato art. 7, “la legislazione alimentare si prefigge, quale principio generale, di costituire una base per consentire ai consumatori di compiere scelte consapevoli in relazione agli alimenti che consumano e di prevenire qualunque pratica in grado di indurre in errore il consumatore”, norma che si applica anche alle pubblicità. Non sarà più possibile dare indicazioni fuorvianti, o meglio, bisognerà trovare i lavori scientifici che permettano di farlo.
Certo, c’è ancora strada da fare. La normativa non contiene ad esempio nessun obbligo di indicare il “termine minimo di conservazione” su frutta e verdura, che oggi spesso vengono vendute quando ormai le caratteristiche nutrizionali proprie dell’alimento sono modificate in maniera importante. Inoltre, l’indicazione della “fibra” presente nel prodotto è ancora solo “possibile” e non “obbligatoria”. Tuttavia, sono stati fatti passi da gigante rispetto alle scorse indicazioni, che per lo più risalivano agli anni Novanta (o addirittura a prima) e non potevano quindi più essere adeguate per i nuovi bisogni dei consumatori e le nuove esigenze mediatiche. E’ sicuramente una tappa intermedia sulla quale festeggiare.