Lo yogurt come antitumorale: per alcuni sì per altri no
Un articolo pubblicato nel giugno 2019 su “Gut“ (una delle più importanti riviste mondiali di gastroenterologia) ha rilevato che il consumo di yogurt almeno due volte alla settimana è correlato, negli uomini, alla riduzione del rischio di sviluppare polipi o lesioni precancerose dell’intestino (Zheng X et al, Gut. 2019 Jun 17. pii: gutjnl-2019-318374. doi: 10.1136/gutjnl-2019-318374. [Epub ahead of print]).
Nelle donne, invece, non compare questa correlazione e la prevalenza di questo tipo di lesione non dipende dallo yogurt, ma da altri eventuali fattori (come il movimento fisico e la quantità di fibra o di alimenti integrali).
I ricercatori, in parte della Harvard Medical School e in parte cinesi, hanno rivalutato 32.606 uomini dell’Health Professionals Follow-up Study (HPFS) e 55.743 donne del Nurses’ Health Study (NHS), che si erano sottoposti a colonscopia nel corso di oltre 25 anni, tra il 1986 e il 2012.
Gli uomini che mangiavano 2 o più porzioni di yogurt alla settimana evidenziavano un minor rischio di sviluppare polipi, adenomi o lesioni precancerose del colon e l’effetto era anche più pronunciato nei confronti delle forme più maligne o aggressive.
Alcuni precedenti ricerche avevano ipotizzato che un elevato consumo di yogurt potesse ridurre l’incidenza del tumore del colon grazie alla interferenza esercitata sul microbioma intestinale, e lo studio ha cercato di analizzare se una azione simile poteva essere evidente anche nelle forme precancerose, come appunto sono i tipi di polipi studiati.
Non si può affermare con certezza che sia lo yogurt a determinare questo tipo di effetto né tantomeno la sua azione sulla flora batterica intestinale. Si tratta di una semplice lettura di correlazione e l’effetto potrebbe essere dipendente dallo stile di vita più sano di chi mangia yogurt rispetto a chi non lo mangia o ad altri fattori ancora. Questa però è una limitazione valida per quasi tutti gli studi sull’alimentazione.
Di fatto però, la presenza di un latticino importante tra i prodotti correlati alla salute e non allo sviluppo di malattia si scontra con le molte errate convinzioni degli anni passati che identificavano il latte e le sue proteine come colpevoli di qualsiasi nefandezza si potesse immaginare.
Quello che emerge da questi studi è invece la conferma che “nessun cibo è nemico” e che il possibile danno derivante da un cibo dipende in realtà dalla individualità e dalla modalità in cui è utilizzato; “La dieta che funziona: è personalizzata e porta il tuo nome” è un articolo che Eurosalus ha pubblicato in giugno 2019, descrivendo le molte evidenze scientifiche che spiegano questo aspetto.
Sempre restando in ambito gastroenterologico, un lavoro del 2014 di Cai ha evidenziato che la correlazione tra malattia di Crohn e alimenti è legata a glutine, latte e lieviti in Europa, mentre è legata a riso, soia e mais in Cina. Significa che non è colpa del riso né tantomeno del glutine, ma del modo ripetitivo in cui se ne mangia, che varia nei diversi popoli e nelle diverse nazioni.
È evidente quindi che i processi infiammatori e di stimolo alla progressione tumorale dipendenti dal cibo non dipendono solo dal cibo in sé stesso, ma dalla modalità con cui si utilizza l’alimento e dalle caratteristiche personali.
Per questo motivo nel centro SMA di Milano seguiamo sempre percorsi terapeutici personalizzati per definire gli aspetti nutrizionali necessari ad affrontare qualsiasi tipo di patologia. È grazie a questa personalizzazione, allo studio scientifico delle relazioni tra cibo e salute, che si può ottenere una vera azione preventiva o terapeutica, valida per ogni persona e basata sulle sue caratteristiche e non solo su indicazioni che solo in teoria sono valide per tutti.