Tiroiditi autoimmuni e di Hashimoto correlate al BAFF: l’importanza dell’infiammazione da cibo
Molte malattie autoimmuni sono correlate ad un aumentato livello di infiammazione. Anche le tiroiditi, in particolare la tiroidite di Hashimoto, come molti altri disturbi tiroidei dovuti ad una alterazione della regolazione immunitaria, possono essere attivate dall’aumento di BAFF (B Cell Activating Factor).
Questo significa che tutto il corredo di sintomi che ne deriva, dalla tachicardia alle alterazioni della regolazione del peso, passando per le importanti interferenze sul metabolismo e sulla funzione muscolare, potrebbero essere correlati sia ad una predisposizione genetica sia ad abitudini alimentari che provocano la crescita del BAFF.
Il BAFF, come il PAF (entrambe citochine infiammatorie che vengono dosate con i test Recaller 2.0 e PerMè), è una sostanza infiammatoria che viene attivata in modo importante dalla assunzione ripetuta di alcuni alimenti che possono essere studiati dal Profilo Alimentare, studiando, con una procedura innovativa, le IgG verso gli alimenti. Il BAFF rappresenta quindi uno dei segnali di allarme che l’organismo attiva di fronte ad una alimentazione scorretta.
Nell’ottobre del 2018 un gruppo di endocrinologi britannici ha confermato la relazione tra BAFF e malattia di Basedow (una forma di ipertiroidismo) identificando anche una predisposizione genetica alla sua produzione (Lane LC et al, Clin Endocrinol (Oxf). 2018 Oct 3. doi: 10.1111/cen.13872. [Epub ahead of print]). In entrambi i casi, anche quando la genetica gioca “a sfavore”, potere avere dei miglioramenti attraverso le scelte alimentari è un vantaggio importante.
Il BAFF è stato già in passato correlato ad alcune malattie della tiroide, attraverso un lavoro di ricerca italiano, pubblicato nel 2012 sul Journal of Clinical Endocrynology and Metabolism che ha confermato l’importanza del BAFF nell’ipertiroidismo connesso alla malattia di Graves (o di Basedow) (Vannucchi G et al, J Clin Endocrinol Metab, May 2012, 97(5):E755-E759).
Lo stesso gruppo di ricercatori italiani ha pubblicato su Thyroid, nel settembre 2015 i risultati di una ricerca sul tessuto tiroideo di persone affette da tiroidite di Hashimoto, da gozzo multinodulare e da altre tireopatie autoimmuni (Campi I et al, Thyroid. 2015 Sep;25(9):1043-9. doi: 10.1089/thy.2015.0029. Epub 2015 Aug 13), evidenziando che BAFF e i recettori per il BAFF erano significativamente più evidenti nel caso di tireopatia autoimmune rispetto al gozzo multinodulare (dove comunque erano presenti). Questo risultato suggerisce un coinvolgimento del BAFF e dei suoi recettori nella genesi (eziopatologia) delle malattie autoimmuni tiroidee e ovviamente nel loro mantenimento.
Per capire come il BAFF possa agire nel facilitare la comparsa di una malattia autoimmune si deve ricordare che BAFF (come dice il suo nome in inglese) determina la proliferazione e l’espansione delle cellule B (i linfociti che si occupano della produzione di anticorpi).
Quando una cellula di tipo “B” viene attivata da un autoantigene (ad esempio un enzima della tiroide, quindi un pezzo appartenente a se stessi), la cellula “B” dovrebbe attivare, di solito, un processo di “autodistruzione” che la porta a dissolversi (apoptosi), per evitare di produrre anticorpi contro una parte del proprio organismo.
In presenza di una discreta quantità di BAFF, invece, la cellula continua a proliferare e a espandersi, portando alla produzione di autoanticorpi che possono svolgere un’azione deleteria nell’equilibrio dell’organismo.
Nel giugno 2018 è stata pubblicata una ricerca molto ben condotta che ha definito il rapporto tra forme di grave stress psicoemotivo e la comparsa di malattie autoimmuni. Anche le tiroiditi possono essere quindi correlate ad un trauma emotivo precedente, e spesso infatti, quando affrontiamo la loro terapia, andiamo a sostenere la parte emozionale, sia con farmaci sia con psicoterapia di supporto.
Con una dieta personalizzata, come emerge dallo studio di un test per l’infiammazione da cibo, si può agire sui valori di BAFF e sulla infiammazione in genere (espressa anche dai valori di PAF), aiutando quindi qualsiasi azione terapeutica in atto.
Questo non vuole dire che l’alimentazione sia la unica causa di una tiroidite autoimmune, ma di certo una sua importante concausa ambientale. Nel nostro centro seguiamo da anni molti casi di disturbi tiroidei, autoimmuni e no, attraverso specifici percorsi terapeutici, riuscendo in molti casi, e spesso in rapporto con lo specialista endocrinologo, a migliorare l’efficienza tiroidea e a ottimizzare i dosaggi sostitutivi.
In molti casi, lo ricordiamo, le persone ricevono una diagnosi di Hashimoto solo per la presenza di autoanticorpi, mentre la tiroide sta ancora efficacemente funzionando. In quel caso la persona non è malata, come molti credono, ma ha solo bisogno di controllare un po’ di più la propria funzione tiroidea. Un’alimentazione personalizzata potrebbe essere lo strumento adatto.
Attivare le scelte nutrizionali più adatte a ogni singola persona consente di ridurre l’interferenza di BAFF e di PAF e di aiutare la tiroide a mantenersi attiva e funzionate per il tempo più lungo possibile, in modo naturale e fisiologico.