Le tre forme di infiammazione correlate al cibo. Una evoluzione scientifica che coinvolge tutti
È in atto una importante evoluzione in ambito scientifico che coinvolge, in modo ben documentato, la relazione tra alimentazione e salute.
L’esistenza di un rapporto tra ciò che si mangia e il proprio stato di benessere è percepita da tutti, ma l’importanza della sua misurazione è oggi evidente, per evitare derive comportamentali assurde, come quelle delle diete di eliminazione, che possono arrivare a creare danni peggiori di quelli che cercano di curare.
Essere in grado di definire il livello di infiammazione presente nell’organismo rappresenta il discrimine tra supposizione e certezza e le più recenti conoscenze scientifiche consentono di comprendere finalmente le soluzioni ai molti problemi di salute correlati agli aspetti infiammatori della nutrizione.
La percezione di una relazione diretta tra ciò che si mangia e numerose malattie o disturbi ha ricevuto conferme precise nel corso degli ultimi anni.
- Dal 2007 è confermato che alcune citochine, come il BAFF, si alzano nell’organismo quando un cibo determina dei sintomi percepibili (infiammazione da alimenti, identificabile dal Test Recaller)
- Dal 2011 la Harvard Medical School ha definito le regole per “nutrirsi bene”, definendo che una scorretta combinazione di proteine e carboidrati in ogni pasto può creare infiammazione.
- Dal 2017 è evidente, sul piano scientifico, che il 62% delle reazioni infiammatorie o allergiche di cui non si comprende la causa possono dipendere da un eccesso di zuccheri (infiammazione da zuccheri, identificabile dal Glyco Test)
Significa che dal 2007 ad oggi sono emerse in modo scientifico le ragioni non solo di una singola forma infiammatoria, ma di ben tre forme infiammatorie differenti, tutte legate all’alimentazione, e da ricercatore mi aspetto che altre possibili forme di infiammazione possano essere scoperte nei prossimi anni.
Si tratta di effetti dell’alimentazione che possono coinvolgere la maggior parte delle malattie infiammatorie, allergiche, metaboliche e degenerative. La prevenzione e la cura di queste malattie deve basarsi anche su un profilo alimentare personalizzato che diventi uno strumento di precisione per il supporto alla guarigione. Il test PerMè, che analizza e definisce sia l’infiammazione da zuccheri sia quella da alimenti, indica poi scelte nutrizionali che tengono ovviamente conto anche del bilanciamento tra gli alimenti in accordo con le indicazioni della Harvard Medical School.
I sintomi legati all’alimentazione possono dipendere dal tipo di cibo mangiato, dalla presenza eccessiva o ripetitiva di zuccheri e dal “timing” alimentare e dal modo in cui si mangia. Tutte condizioni modificabili senza mai rinunciare del tutto agli alimenti e aiutando a riconquistare un’alimentazione varia e completa.
Come ho detto, posso pensare che a breve arriveremo a conoscere anche altre forme di infiammazione alimentare. Una volta capito che malattie come l’artrite, le malattie autoimmuni, l’emicrania, la steatosi epatica, l’asma, la tiroidite di Hashimoto, la colite, tutte le forme irritative intestinali e il sovrappeso sono fortemente dipendenti dal tipo di cibo che si mangia, dagli zuccheri introdotti e dal mondo in cui li si usa, la ricerca delle possibili cause alimentari non è più solo una curiosità ma diviene una prassi attenta del proprio modo di fare il medico.
Di certo siamo di fronte ad un evento rivoluzionario. Il cibo non è più un nemico, ma un potente alleato per riconquistare la guarigione e il benessere attraverso il fisiologico e naturale rapporto con il cibo.
Uno dei motti del nostro gruppo di ricerca è “Misurare è meglio che supporre” e questi ultimi anni hanno potuto accompagnare il passaggio da considerazioni negativizzanti sul cibo (le cosiddette “intolleranze alimentari”), spesso basate solo su supposizioni a-scientifiche, alla possibilità di valutare la molto più ampia correlazione tra i diversi tipi di infiammazione e il modo in cui ci si nutre.
Sono stati anni in cui un pensiero in evoluzione, seppur imperfetto, ha comunque consentito di riflettere su questo tema e di portare ad una conoscenza solidamente basata su dati ripetibili, misurando con chiarezza, in modo finalmente certo, i fenomeni che guidano la salute umana.
Basta pensare alla importanza del BAFF nella genesi delle malattie autoimmuni, dei fenomeni legati ai disturbi intestinali o degli effetti della glicazione sulla salute. Scoprire che basta fare dei cambi di abitudini alimentari e mantenere un rapporto di amicizia con il cibo per migliorare il proprio stato di salute con la capacità d misurare in modo scientifico e documentato quello che avviene è stato ed è un passo fondamentale della ricerca attuale.
Il mio ultimo libro, “Le intolleranze alimentari non esistono” porta come sotto titolo “La relazione infiammatoria tra cibo e salute finalmente spiegata in modo scientifico”. In quel libro ho spiegato per la prima volta in modo organico le tre forme di infiammazione da cibo (almeno quelle che conosciamo finora) discutendo come mettere in pratica questa conoscenza nella propria quotidianità.
Grazie a queste ricerche, nel centro SMA in cui lavoro assieme allo staff di medici e nutrizionisti del centro, affrontiamo tutte le patologie che incontriamo anche attraverso percorsi terapeutici specifici che portano a personalizzare gli aspetti nutrizionali nel modo più adatto, con una specifica attenzione ai fenomeni di glicazione e alla infiammazione da alimenti per supportare nel migliore dei modi l’efficacia delle terapie.