Quando qualsiasi zucchero può accendere l’infiammazione
Fino ad oggi si sono identificate e spiegate almeno tre forme di infiammazione dovuta al cibo.
La prima è legata al tipo di cibo e al profilo alimentare personale, la seconda è legata alla diversa proporzione di proteine e carboidrati nel singolo pasto e la terza, di scoperta più recente, è legata all’effetto di glucosio e fruttosio sulle proteine dell’organismo che causa glicazione e infiammazione.
Quest’ultima forma di infiammazione, definita nel 2017, è collegata all’uso degli zuccheri, comprendendo tra questi sia il glucosio (molecola che fa parte del saccarosio, maggior costituente dello zucchero bianco come quello di canna) sia il fruttosio, da molti considerato “innocente”.
Nessun cibo è “cattivo” in se stesso, ma la sua ripetizione sistematica o il suo abuso portano a possibili danni di cui l’infiammazione è il segno.
L’essere umano possiede addirittura un ormone (NPY) che fa ricercare lo zucchero, ma questa ricerca è stata utile nel paleolitico, mentre oggi rischia di trasformarsi in una sciagura. Lo zucchero è utile e buono, ma la misura in cui usarlo e i tempi in cui gustarlo devono essere decisi in relazione ai possibili danni che arreca, in modo diverso, a ogni persona.
Per capire l’importanza degli aspetti infiammatori da zucchero, e il ruolo inaspettato che questi possono avere nell’organismo, riporto un brano tratto dal 3° capitolo del mio ultimo libro “Le intolleranze alimentari non esistono“.
Le tre forme di infiammazione correlate al cibo. Una evoluzione scientifica che coinvolge tutti
«Caterina, donna di media età in buona salute, fisicamente attiva, e solo un poco in sovrappeso, iniziò improvvisamente a soffrire per una sciatica molto dolorosa che si irradiava dal suo gluteo fino al piede sinistro.
I risultati del tutto normali di una risonanza magnetica nucleare escludevano un’ernia a livello della sua colonna vertebrale e anche un’analisi elettrofisiologica (EMG) non spiegava l’intensità del dolore stesso. Tutte le sue analisi biochimiche erano corrette a eccezione di un alto livello di alcune sostanze glicate, tra cui la fruttosamina, che indicano il danno provocato dal fruttosio e dal glucosio.
In effetti, lei stava mangiando un’eccessiva quantità di frutta e bevendo molti succhi, nonostante avesse già eliminato, in ossequio a norme di buona salute, ogni eccesso delle tipiche bevande zuccherate.
Le chiesi quindi di ridurre la frutta per una settimana e di sostituire i succhi di frutta con quelli di verdura. Dopo solo pochi giorni di dieta, la sua dolorosa sciatica iniziò ad attenuarsi e alla fine della settimana, con dolori quasi scomparsi, iniziò a reintrodurre una quantità “normale” di frutta fresca nella sua alimentazione quotidiana.
Probabilmente, Caterina era andata oltre il suo personale limite di introduzione di fruttosio e l’infiammazione del suo nervo sciatico rappresentava un segnale di pericolo per tutto l’organismo e l’espressione dell’infiammazione dovuta alla glicazione. Una delle tre forme di infiammazione da cibo oggi conosciute.»
L’infiammazione da alimenti e da zuccheri può oggi essere misurata per arrivare adi una impostazione terapeutica personalizzata. Test PerMè (che studia insieme l’infiammazione da alimenti e da zuccheri), Food Inflammation Test (BAFF, PAF e Profilo alimentare personale) e GlycoTest (Metilgliossale, Albumina glicata e predisposizione genetica a obesità e diabete) fanno ormai parte di una possibilità diagnostica utilizzabile da chiunque abbia cura della propria salute.
Informazioni più approfondite su questi test si possono trovare sul sito GEK Lab che segnala in modo aggiornato le farmacie italiane e i centri che li effettuano; tale elenco è in costante espansione grazie al progressivo inserimento delle farmacie che effettuano i corsi di aggiornamento necessari. Si tratta di strutture che hanno seguito la formazione specifica per il supporto alla applicazione del GlycoTest e del test PerMé.
Quando si affronta un dolore, una malattia o un disturbo in cui l’infiammazione è parte importante del problema, è importante riflettere su tutte le possibili cause infiammatorie, e quelle dovute al tipo di cibo, oggi misurabili con lo studio di BAFF, PAF e profilo alimentare personale, sono le più frequenti, ma la conoscenza degli effetti degli zuccheri sull’organismo sta aiutando a capire quanto importante possa essere qualsiasi aspetto dell’alimentazione nella risposta infiammatoria.
Si tratta di aspetti che, senza rinunciare a nulla, possono essere curati e trattati. Si tratta quasi sempre di imparare ritmi nuovi di assunzione alimentare uscendo da schemi abitudinari che prevedono di mangiare ogni giorno le stese cose in modo ripetitivo.