Quando le tiroiditi (Hashimoto e le altre) dipendono da quello che si mangia
Gli effetti del modo in cui ci si nutre sulla funzione tiroidea sono oggi molto più definiti di un tempo. C’era da aspettarselo, visto che la tiroide è una ghiandola endocrina che produce ormoni indispensabili per la regolazione del consumo energetico dell’organismo.
Gli alimenti sono anche l’energia del sole che entra nella terra, nelle piante e negli animali e che può diventare l’energia di ogni essere umano. La funzione della tiroide è quindi profondamente legata alla utilizzazione dell’energia necessaria a tutto l’organismo e non solo per regolare l’ingrassamento e il dimagrimento, integrandosi nell’intero equilibrio ormonale.
Si tratta di tappe molto importanti:
Nel 1994 si scoprì che la leptina, una sostanza prodotta dalle cellule del tessuto adiposo, aveva una azione sia di tipo ormonale sia di tipo regolatorio sull’infiammazione e che senza l’assunzione di cibo, che stimola la produzione di questa citochina, non si attiva la funzione tiroidea e si altera la risposta energetica dell’organismo.
Poi si scoprì che una delle più comuni affezioni della tiroide, la tiroidite, è in stretta relazione con la condizione allergica della persona che ne soffre. La minore o maggiore reazione tiroiditica può quindi dipendere dalla presenza di una maggiore o minore reattività allergologica.
In seguito si è capito che il fatto di assumere un eccesso di carboidrati, può aumentare la resistenza insulinica e può interferire con la funzione della tiroide, anche in termini di ipertiroidismo (Chu C eta al, Metabolism. 2008Oct;57(10):1380-3).
Poi, quando si è iniziato a studiare il ruolo del BAFF (B Cell Activating Factor), si è capito il possibile ruolo nell’autoimmunità e in un bellissimo articolo pubblicato su Nature Reviews Immunology ancora nel 2009 due ricercatori australiani hanno descritto e precisato il suo ruolo nella comparsa delle malattie autoimmuni in modo esemplare (Mackay F et al, Nat Rev Immunol. 2009 Jul;9(7):491-502. doi: 10.1038/nri2572).
La relazione tra BAFF, fortemente connesso alla alimentazione, e funzione tiroidea, vale anche per la malattia di Basedow, dopo che un gruppo di endocrinologi britannici ha confermato la relazione tra BAFF e malattia di Graves o di Basedow (Lane LC et al, Clin Endocrinol (Oxf). 2018 Oct 3. doi: 10.1111/cen.13872. [Epub ahead of print]) riconfermando quanto già pubblicato nel 2012 sul Journal of Clinical Endocrynology and Metabolism da un gruppo italiano.
Lo stesso gruppo di ricercatori italiani ha pubblicato su Thyroid nel settembre 2015 i risultati di una ricerca sul tessuto tiroideo di persone affette da tiroidite di Hashimoto, da gozzo multinodulare e da altre tireopatie autoimmuni (Campi I et al, Thyroid. 2015 Sep;25(9):1043-9. doi: 10.1089/thy.2015.0029. Epub 2015 Aug 13), evidenziando che BAFF e i recettori per il BAFF erano significativamente più evidenti nel caso di tireopatia autoimmune rispetto al gozzo multinodulare, dove comunque erano presenti, anche se in quantità minore.
La relazione tra BAFF e malattie autoimmuni è stata poi documentata nel 2017 attraverso una ricerca pubblicata sul New England Journal of Medicine aprendo la strada a nuove prospettive di diagnosi e di terapia (Steri M. et al, N Engl J Med. 2017 Apr 27;376(17):1615-1626. doi: 10.1056/NEJMoa1610528).
Questo lavoro scientifico internazionale, coordinato dall’Università di Sassari, ha finalmente fatto convergere l’evidenza genetica e quella funzionale in modo preciso, definendo anche le modalità con cui certi tipi di mutazione del DNA (che io chiedo sempre di misurare nei test di personalizzazione nutrizionale) possono esprimersi sul piano clinico. Di fatto evidenziando che il BAFF non è solo coinvolto nella genesi del Lupus ma di tutte le malattie autoimmuni.
Non è poco per una sostanza che nessuno è mai andato a cercare fino agli ultimi anni. Il BAFF è attivo in situazioni e ambiti in cui, negli anni passati, la reazione dovuta al cibo è stata spesso chiamata in causa, come nel caso della artrite reumatoide, dell’obesità, dell’emicrania, della tiroidite di Hashimoto o delle patologie respiratorie croniche e poi in relazione a tutte le malattie autoimmuni.
Questo non vuole dire che l’alimentazione sia la unica causa di una tiroidite autoimmune, ma di certo una sua importante concausa ambientale. Nel centro SMA in cui lavoro seguiamo da anni molti casi di disturbi tiroidei, autoimmuni e no, attraverso specifici percorsi terapeutici, riuscendo in molti casi, e spesso in rapporto con lo specialista endocrinologo, a migliorare l’efficienza tiroidea e a ottimizzare i dosaggi di levotiroxina sostitutivi.
Da ultimo vale ricordare quanto è emerso dagli studi sulla glicazione.
Molte persone in sovrappeso o con glicemia “mossa” cercano di giustificare la propria condizione con una scarsa funzione tiroidea. Si sentono spesso frasi come “…ho sicuramente un problema ghiandolare” oppure “…sarà la tiroide che non funziona”, mentre oggi sappiamo che potrebbe essere il contrario, che cioè una condizione di alterazione del metabolismo degli zuccheri, come il prediabete o il diabete stesso, determina una alterazione della funzione tiroidea abbassando i valori di FT3 e di FT4 e facilitando l’innalzamento del TSH e a maggior ragione si è visto che il riequilibrio della glicazione e del metabolismo degli zuccheri porta ad un netto miglioramento della funzione tiroidea.
Una ricerca pubblicata nel settembre 2020 sul Journal of Diabetes ha studiato le correlazioni tra ormoni tiroidei e livelli di zuccheri nel sangue in soggetti con una normale tolleranza al glucosio, in soggetti prediabetici, in soggetti con diabete ben controllato e in soggetti con diabete non controllato e valori di emoglobina glicata superiori al 7% (Gu L et al, J Diabetes. 2020 Sep 27. doi: 10.1111/1753-0407.13118. Online ahead of print), confermando che chi riporta la situazione glicemica alla normalità può aiutare la guarigione della tiroide.
Questo risultato suggerisce un costante coinvolgimento del BAFF e dei suoi recettori e della glicazione nella genesi delle malattie autoimmuni tiroidee e ovviamente nel loro mantenimento. Per questo motivo in caso di tireopatia vanno sempre studiati anche i livelli di BAFF, il profilo alimentare personale e i livelli di glicazione, fortemente correlati alla disfunzione della ghiandola, attraverso specifici test (come i test GEK Lab) che consentono di definire il piano alimentare personalizzato che potrebbe contribuire al controllo o anche alla guarigione di tutte le forme di tiroidite.
È ovvio che il medico, l’immunologo e l’endocrinologo hanno quindi a disposizione non solo farmaci che vadano ad agire sulla disfunzione in sé, ma una serie di indicazioni comportamentali che possono portare l’organismo a una autoterapia in alcuni casi e a una corretta cooperazione verso la guarigione in altri.
Da oggi, andando dall’endocrinologo non dobbiamo aspettarci solo di ricevere un farmaco, ma dobbiamo sentire la responsabilità di modificare dei comportamenti per riportare l’organismo verso il riequilibrio e la regolazione ormonale.
Quindi non più solo la pillola in tasca, ma anche le scarpette da corsa nella borsa e una chiara idea di cosa mangiare a prima colazione e pranzo, con una impostazione personalizzata, per una vera terapia integrata degli squilibri tiroidei.