Vaccini infetti da mucca pazza: grande o piccolo problema?
L’industria dei vaccini utilizza da molti anni parti di prodotti bovini per la coltura dei vaccini e per la loro preparazione.
Per evitare il rischio di mucca pazza, da almeno 7 anni la Food and Drug Administration ha bandito l’uso di queste parti nella preparazione dei vaccini più usati come antipolio, antidifterite, antitetano, antipertosse, antiepatite, ma numerose industrie farmaceutiche (tra le più famose come la Baxter, la Glaxo Smith Kline, la Aventis e la Bio Port) semplicemente non hanno fatto nulla per cambiare la loro produzione.
Oggi la cosa è di dominio pubblico e solo ieri (8 febbraio 2001) queste ditte hanno stabilito di non utilizzare sostanze potenzialmente infette.
Da anni i nostri bimbi utilizzano e hanno utilizzato vaccini potenzialmente dannosi. Ma è un vero problema?
Questa notizia richiama eventi disastrosi alla memoria, e per questo motivo va letta secondo due punti di vista.
Da un lato ci sono industrie enormi e considerate le più famose e importanti al mondo che dovrebbero occuparsi di prevenzione e disattendono le indicazioni date già da oltre 7 anni dalla FDA (organo di controllo USA sui farmaci), mettendo quindi a rischio per anni, e per gli anni futuri, la salute di chi si è vaccinato.
Dall’altro lato in questi anni i responsabili dei vaccini hanno ritenuto che il rischio di contaminazione fosse basso e avrebbe portato eventualmente solo a pochi casi di malattia di Kreutzfeld Jacob.
Cioè esattamente la stessa cosa che sta accadendo per mucca pazza. Sii arriva a vietare la bistecca alla fiorentina, per una ipotetica reazione patologica di scarsissimo valore statistico, mentre i dolci sono in libera vendita e pubblicizzati, a fronte di un numero enorme di morti in Italia e nel mondo per diabete e per le sue complicanze.
In questo momento il problema di “mucca pazza” sembra più gestito per funzioni di interesse commerciale che per reali problemi di salute.
Va tenuta alta la guardia, e si deve ragionare confrontando più opinioni perchè è possibile che in questo momento la preoccupazione che dilaga sia esagerata rispetto alla reale dimensione del problema, soprattutto se confrontata con problemi nutrizionali mondiali sicuramente più gravi.