Freud aveva ragione, la rimozione della memoria ha basi scientifiche
La rimozione del ricordo di qualcosa che ci è accaduto non dipende solo dal fatto di invecchiare. Anzi, in numerosi casi andiamo a dimenticare (o rimuovere, come sarebbe più indicato) proprio quella memoria con cui è difficile o doloroso entrare in contatto.
Le teorie di Freud hanno guidato in questo senso gran parte dell’ultimo secolo, ma troppo spesso si sono alzate contro queste teorie, voci di “ascientificità” da parte di molti esponenti del mondo accademico.
Fortunatamente alcuni aspetti del comportamento si possono indagare anche con strumenti scientifici, ed è quello che hanno fatto dei ricercatori alla Oregon University, pubblicando sul numero di Nature del 15 marzo un articolo che dà ragione a Freud.
L’esperimento può apparire banale, nonostante la sua efficacia. A due gruppi di studenti si mostrarono delle coppie di parole, chiedendo ad un gruppo di sforzarsi di ricordare la parola associata alla prima, ed al secondo gruppo di evitare qualsiasi sforzo di memorizzazione.
In seguito, nonostante una proposta di pagamento per ricordare le coppie di parole connesse, mentre il primo gruppo ricordava bene tutto, il secondo gruppo non era in grado di farlo, e quanto più era stato intenso il condizionamento iniziale, tanto più significativa era la differenza nelle risposte.
Questo fatto può spiegare perché certe violenze o traumi subiti ad esempio nell’ambito familiare, obblighino, per sopravvivere, a “rimuovere” la memoria dolorosa, e a ricordare solo la parte “buona” di una serie di eventi.
La ricerca non si spinge a definire anche questo tipo di memoria, ma di certo il fatto che esista la documentazione della rimozione è importante.
Le teorie di Freud non sono solo teorie, ma una chiave di lettura della realtà che non può essere rifiutata.