Pensare positivo e leggere fiabe ai bambini per fermare l’Alzheimer
Studiando per oltre 15 anni la vita di quasi mille monache, risalendo alla loro vita giovanile, e studiandone i tessuti cerebrali dopo la morte, un ricercatore statunitense ha potuto gettare delle basi razionali per lo studio dell’Alzheimer.
Le sue deduzioni e i dati emersi sono già fin d’ora estremamente interessanti. Chi in tenera età ha avuto pensieri ricchi, creativi, ed è stato in grado di esprimerli, così come chi in età anche avanzata si è pensato in modo positivo nel futuro, non è destinato ad ammalarsi di Alzheimer. Anzi vive bene e anche più a lungo.
Lo studio dell’epidemiologo americano David Snowdon (pubblicato nel numero di questa settimana di The Journal of Personality and Social Psychology) rappresenta davvero un modo diverso di considerare la malattia. Snowdon non è nuovo a questo tipo di valutazioni, e nel corso dei 15 anni dello studio ha potuto pubblicare, mentre li acquisiva, dati di sicura rilevanza sociale (Ann N Y Acad Sci 2000 Apr;903:34-8).
La cosa più importante è infatti riconoscere che è possibile fare qualcosa. L’Alzheimer non è solo questione di genetica o di sfortuna. Conta moltissimo anche il modo in cui mangiamo e il modo in cui ci pensiamo nell’esistenza.
Si tratta di una concezione profondamente diversa da quella proposta nei giorni scorsi da un altro studio americano, che vorrebbe il lobo frontale del cervello come sede definitiva ed anatomica della personalità.
Secondo questo studio la conformazione anatomica di una parte del cervello determinerebbe il comportamento e la personalità individuale. Invece lo studio delle monache americane lascia possibilità più ampie.
Quando leggiamo le favole ai nostri figli alla sera, contribuiamo allo sviluppo di una loro parte creativa e di strutturazione verbale. Questa capacità è sicuramente correlata con la maggiore capacità di evitamento della demenza senile negli anni futuri. La favola quindi non serve solo a farli addormentare, ma anche a preservarne la salute futura.
E inoltre sappiamo che pensarsi positivamente e vivere con una certa dose di ottimismo, anche se lo si impara in avanti con gli anni, allunga la vita e riduce il rischio Alzheimer. Anche integrando l’alimentazione con acido folico si ottengono dei vantaggi tangibili.
Non sappiamo ancora esattamente perché, ma di fatto avviene. E non serve neanche il convento; lo studio è stato fatto sulle monache per avere un elevato grado di omogeneità tra le persone che hanno partecipato al lavoro, ma chiunque può ottenere simili effetti.
E gli stessi comportamenti che ci difendono dall’Alzheimer, sono quelli che ci difendono anche da altre malattie degenerative.