Selenio (Se)
Il selenio è contenuto in quantità minime nell’organismo. È potenzialmente tossico anche a dosaggi non elevati, di poco superiori al fabbisogno ed un suo eccesso può essere dannoso.
L’intossicazione cronica procura disturbi cutanei, respiratori e visivi, mentre quella acuta si manifesta con sintomi comuni a molte intossicazioni (diarrea, dolori addominali, febbre e sintomi nervosi).
Il selenio è uno dei principali elementi di protezione dai danni dei radicali liberi. La sua azione è sinergica a quella della vitamina E, antiossidante di protezione delle membrane cellulari.
La sua azione si esplica a livello del sistema cardiovascolare, soprattutto come cofattore per il controllo della pressione arteriosa, per la prevenzione dell’infarto miocardico e di alcune cardiopatie (morbo di Keshan).
Insieme allo zinco è l’oligoelemento più spesso indicato per rimuovere gli accumuli di metalli tossici dall’organismo.
Sembra inoltre che una proteina enzimatica contenente selenio sia coinvolta nella sintesi della triiodotironina a partire dalla tiroxina, e che la carenza di selenio riduca fortemente l’attività della 5-deiodinasi, responsabile della conversione della T4 in T3, rendendo particolarmente gravi le situazioni di marcata carenza multipla di iodio e selenio.
Altri studi hanno evidenziato in presenza di carenza di selenio la comparsa di degenerazione articolare (morbo di Keshan-Beck) e una depressione dell’attività microbicida dei neutrofili.
Recenti osservazioni hanno precisato che la patogenesi del morbo di Keshan, chiaramente legata ad una carenza di selenio e vitamina E, è dovuta probabilmente all’aumento della cardiotossicità di enterovirus (coxsackie) indotta dall’aumento della virulenza, per modificazioni genetiche del virus stesso, indotte queste ultime dalla carenza di vitamina E e selenio.
Il ruolo del selenio e della vitamina E come fattori di protezione e di resistenza alle infezioni di tipo virale, indica un importante campo di ricerca e di terapia preventiva.
Il mineralogramma in questo senso può essere uno strumento di screening e di monitoraggio estremamente utile per le terapie preventive prolungate.
Il fabbisogno giornaliero di selenio varia tra 50 e 150 mcg/die. L’assorbimento intestinale è buono e la biodisponibilità negli alimenti è alta per cereali, carni, molluschi e crostacei, mentre sembra piuttosto bassa ad esempio in alcuni pesci, come il tonno.
A livello di integratori, il selenio fornito dai cereali (frumento) ha una biodisponibilità almeno dell’80%, come il selenio sotto forma di selenito, mentre arriva anche al 90% come selenometionina.
La quantità di selenio presente nei cibi è fortemente influenzata dal tipo di terreno e dai trattamenti subiti: in particolare i trattamenti a base di zolfo tendono a impoverirli in modo cospicuo.
Il contenuto di selenio nel capello è un indice tra i più attendibili del suo contenuto tessutale. Il suo eccesso al mineralogramma può essere effetto dell’uso di alcuni shampoo antiforfora: in questo caso non vi è alcuna rilevanza a livello sistemico.
L’eccessiva introduzione e accumulo di zolfo, di metalli pesanti (cadmio e mercurio) e di fosforo, che hanno un’azione antagonista, sono spesso riscontrati contemporaneamente a bassi livelli di selenio al mineralogramma.
La tossicità nell’uomo si evidenzia con diversi sintomi, più frequentemente perdita si capelli e alterazioni delle unghie. In alcuni casi si sono osservate dermatosi vescicolare, disturbi neurologici (parestesie, paresi) e danni epatici, anche se gli studi a tale proposito non sono del tutto convincenti.
I primi sintomi, come le alterazioni a carico dei capelli e delle unghie, compaiono, ma non in tutti i soggetti, per assunzioni di selenio superiori a 900 mcg/die.