Sorpresa: la pressione alta nell’anziano non è più così grave (o forse sono pericolosi i farmaci)
Per anni ci siamo sentiti dire che la pressione arteriosa deve assolutamente rimanere bassa, e infatti la quasi totalità degli anziani dei paesi occidentali assume farmaci per controllare la pressione. A tal punto questo atteggiamento si è trasformato in abitudine che difficilmente le persone ricordano il nome del farmaco che usano, e fanno riferimento al farmaco chiamandolo solo “la pillola per la pressione”.
Invece delle ricerche nuovissime ci aiutano a capire che i fenomeni biologici legati alla età spesso sono benefici, e non vanno solo letti come “anormali” ma forse più sensatamente come “adatti alla età che cambia”. L’industria del farmaco ha stabilito che la pressione massima deve restare entro i 140 millimetri di mercurio (mm Hg) e quindi ogni volta che si trova un valore alterato si richiede l’uso del farmaco.
Negli adulti che hanno 85 anni o più, avere la pressione “giusta” comporta un rischio di mortalità molto più alto che averla un po’ elevata o addirittura elevata. Significa che l’anziano con la pressione alta viveva in media molto più a lungo dell’anziano con la pressione “giusta”. Il dubbio immediato che ci prende è se l’effetto positivo sia dovuto a quel livello di pressione in più (che magari aiuta a fare passare il sangue in arterie un po’ più indurite di quelle di un trentenne) oppure se sia dovuto alla minore presenza di farmaci antipertensivi nella terapia delle persone con pressione elevata.
Il dubbio origina dal fatto che questo tipo di pillola è ormai entrata nell’uso comune, e nonostante i numerosi effetti collaterali, ad esempio sulla sessualità, la maggior parte delle persone sotto trattamento è convinta di non potere sospendere il trattamento grazie a voci messe in circolazione ad arte (mai sospendere la “pillola”), anche se ormai numerosi lavori precisano scientificamente che i farmaci contro la pressione alta possono essere sospesi in numerose condizioni
Il fatto che la gente non sappia neanche che farmaco prende stupisce non poco perchè è stato ormai dimostrato che in termini di costi sociali usare un diuretico o un ACE inibitore o un Calcio antagonista fa veramente una differenza notevole, visto che i più sicuri e i meno costosi sono i diuretici, ma ormai quasi tutti i medici fanno partire il trattamento con un farmaco delle categorie più costose, guardandosi bene dal fare attuare una semplice dieta che sia “davvero” senza sale.
Considerato poi che un mese di trattamento con un diuretico, in Italia, costa 1,38 €, con un ACE inibitore circa 26 € e con un calcio antagonista circa 36,51 €, vale la pena di chiedersi quali interessi giochino nella scelta, diffusissima, dell’approccio terapeutico all’ipertensione con i farmaci risultati meno efficaci.
Ma tornando alla ricerca sulla mortalità degli anziani, nell’articolo pubblicato nello scorso giugno (Rastas S et al, J Am Geriatr Soc. 2006 Jun;54(6):912-8) gli autori hanno confrontato la lunghezza di vita superiore agli 85 anni in tre gruppi di persone, divise secondo i valori di pressione sistolica, quella conosciuta come “la massima”:
Come già detto, fatte tutte le possibili correzioni dovute alla concomitanza di altre patologie (diabete, obesità, malattie cardiovascolari ecc.) le persone che sono vissute più a lungo, che hanno cioè meglio goduto gli ultimi anni della loro vita sono state le persone con la pressione più alta, quelle cioè appartenenti al gruppo 2 e al gruppo 3.
Si tratta quindi di dovere ripensare un po’ al senso del trattamento farmacologico obbligatorio, e di ripensare a cosa sia la “normalità” in medicina.
Di certo, a fronte di questi dati, sentirsi obbligati a prendere faramci solo perchè la pressione è un po’ mossa mette chiunque in diritto di opporsi ragionevolmente alle indicazioni date; di fronte ad una pressione lievemente alterata è sicuramente più utile lavorare sui comportamenti sani (movimento fisico, dieta, controllo vero del sale) prima che con i farmaci.