Giocare con l’obesità per prevenirla
Un videogame per dimagrire sembra proprio una contraddizione in termini, un assurdo concettuale e pedagogico come potrebbe essere un’automobilina elettrica per fare sport o una pistola-giocattolo per educare alla non-violenza.
Eppure, quale mezzo migliore del videogame per far passare messaggi educativi rivolti ai ragazzi? Per persuaderli a comportamenti meno scriteriati?
Persuasive Games, “Giochi di Persuasione”, è infatti il nome di una società che studia e sviluppa videogiochi diretti ad affrontare problemi di grande rilevanza politica, sociale e di costume. L’ha creata uno specialista del settore, Ian Bogost, autore anche di un importante libro dallo stesso titolo, Persuasive Games.
L’ultimo di questi giochi persuasivi o, per meglio dire, educativi, si chiama Fatworld, “Mondo Grasso” o “Mondo Obeso”, e sarà in vendita a partire dall’autunno del 2007. Il suo scopo è evidentemente quello di far capire ai ragazzi quali sono i rischi di un’alimentazione sconsiderata e di una vita sedentaria.
Il giocatore sceglie un suo alter-ego virtuale, con determinate caratteristiche: peso, altezza, predisposizione per certe malattie piuttosto che per altre (diabete, ipertensione, allergie alimentari, ecc.). Il personaggio entra nel gioco e deve decidere che cosa mangiare, attingendo a un vastissimo repertorio di ricette, cibi e ingredienti. Se le scelte alimentari sono cattive, il giocatore vedrà il suo alter-ego ingrassare e ingrassare fino all’esplosione.
Questo, in estrema sintesi, lo spirito del gioco, che dovrebbe servire a dare ai ragazzi un minimo di cultura alimentare e sanitaria e di consapevolezza circa le conseguenze che le loro scelte di vita avranno sulla loro salute.
Sono proprio questa cultura e questa consapevolezza a mancare, in particolar modo, negli Stati Uniti, dove l’obesità infantile e adolescenziale è ormai diventata una vera e propria malattia sociale, i cui numeri mettono i brividi.
Uno studio condotto presso l’Università del New Hampshire, e presentato al Congresso annuale di Biologia Sperimentale tenutosi a Washington poche settimane fa, ha dimostrato che le conoscenze degli studenti universitari americani in fatto di alimentazione sono molto scarse e che, in parallelo, l’incidenza dei disturbi del metabolismo è, in una popolazione così giovane, incredibilmente elevata.
Basti pensare che circa un terzo degli studenti (la cui età media è intorno ai vent’anni) era obeso e che addirittura il 60% aveva problemi di ipertensione.
Ma l’aspetto più interessante della ricerca sta nell’effetto che la conoscenza di questi dati ha prodotto sugli studenti: un effetto di grande sorpresa e allarme, cui nella maggior parte dei casi è seguita la decisione, o quanto meno l’intenzione dichiarata, di cambiare abitudini alimentari e di dedicarsi con più regolarità a qualche attività sportiva.
Questo significa che, molto semplicemente, alla base di un problema come l’obesità c’è soprattutto l’ignoranza.
L’idea di migliorare la cultura alimentare dei giovani americani facendoli giocare con l’obesità fin da piccoli sembra quindi un’idea tutt’altro che peregrina.
Il gioco, del resto, è da sempre uno degli strumenti privilegiati dell’educazione. In questo campo, come sapevano bene gli antichi, nessuno può raggiungere meglio il suo obiettivo di colui “qui miscuit utile dulci”.
L’importante è non fraintendere. “Qui miscuit utile dulci” non significa “chi intreccia il profitto con gli zuccheri e le merendine”, bensì “chi unisce l’utile al dilettevole”. Parola di Orazio.