Dati shock: farmaci a vita per più di metà degli Americani
Che in America ci sia un consumo eccessivo di farmaci non è un mistero, anzi. Gli americani sono da anni tacciati di farmacodipendenza.
Quello che rende allibiti è la consistenza del fenomeno. Un’agenzia stampa dell’Associated Press riferisce che almeno il 50% degli americani, quindi di sicuro la metà più uno, fa uso di farmaci per curare patologie di tipo cronico: pressione alta, allergie, depressione, bruciori di stomaco.
Il fenomeno ha una incidenza decisamente trasversale e colpisce qualsiasi fascia d’età, senza esclusione di colpi. La stessa agenzia sostiene infatti che si curino i 2/3 delle donne di oltre 20 anni, 1 bambino/teenager su 4, il 52% degli uomini (e delle donne) adulti e 3 persone su 4 di età superiore ai 65 anni per patologie ritenute irreversibili.
Una ecatombe, una voragine farmacologica. Dai dati disaggregati appena riportati, con una semplice media, gli studiosi di Trenton hanno ricavato quel fatidico 50% di persone in cura di cui si parlava sopra.
Andiamo nello specifico delle allergie, dei disagi respiratori e dell’asma: stando a quanto già riportato, e sommando i dati, oltre il 21% degli americani assicurati si cura per questo tipo di patologia cronica. Nei bambini al di sotto dei 10 anni l’assunzione di farmaci a base di steroidi, tramite inalazione, per la cura di patologie respiratorie è tristemente aumentata dal 2001 al 2007 in maniera vorticosa.
La cosa più triste di questa faccenda è la condizione generale dei bambini: sempre più teenager soffrono di obesità e delle patologie connesse e, stante una condizione fisica “da grande” soffrono di patologie da grandi. E per queste vengono curati.
Si parla, già per ragazzi, di diabete, pressione alta, colesterolo alto. Purtroppo non è possibile fare un raffronto con i dati europei, in modo da avere un metro di misura dell’entità del fenomeno e della deriva farmacologica degli States, ma le statistiche paiono comunque sufficienti a inferire un messaggio d’allarme.
Anche lasciando da parte la terribile situazione dei minori, che vogliamo di dire della signora Karen Walker di Paterson, N.J., che inghiotte diciotto pastiglie al giorno per mantenere il proprio equlibrio fisico?
La signora Paterson, infermiera di 57 anni, ammette candidamente che il suo unico modo di sopravvivere alla pressione alta, al diabete, ai dolori articolari, all’asma e ai problemi muscolari è quello di “…usare le scatole delle pillole…”. Il marito, Charles, 69 anni, usa sei rimedi per curarsi al giorno: quattro pillole per l’artrite e i disagi cardiaci, più due inalatori per i problemi respiratori. Questa gente mangia pastiglie, verrebbe da dire, anziché pane e formaggio. Cambiando i nomi con nomi europei, potremmo rappresentare anche la realtà locale.
Come si fa ad andare avanti così? Il punto è che, una volta instradati su una rotta “di consumo”, arriviamo a essere dei bambini obesi fin dalla pubertà, degli adolescenti depressi fino alla maturazione e poi adulti preda di mille ossessioni e di mille problemi per lo stile di vita malsano, rovinato dai farmaci, dallo stress, dai cibi spazzatura, da tutte le cose della vita quotidiana.
Non se ne esce, se già da bambini si soffre di pressione alta, depressione, asma, da adulti si mantengono le stesse tendenze.
Quello che è più preoccupante è che esiste un farmaco per ogni male, che non ci sia altra vita di uscita o, almeno, alla gente non venga in nessun modo prefigurata.
È una situazione di claustrofobia esistenziale da farmaco. La nostra vita manda il fisico a mille per gran parte del giorno, lo logora. I cibi spazzatura, l’alcol e il fumo fanno il resto. I farmaci ci soccorrono a ogni inciampo. Diventiamo un popolo di obesi, depressi , drogati dal bisogno e queste tendenze cominciano a essere il pane anche nel nostro caro vecchio continente.
Capiamo quindi, dal punto di vista commerciale, l’opposizione all’omeopatia emersa con forza in questi ultimi giorni. Non è una lotta a una medicina, è una lotta per mantenere un impero commerciale e una gestione della salute in cui il farmaco sia il punto centrale del benessere.
Sappiamo che l’omeopatia aiuta le persone in maniera pulita e poco invasiva, producendo benessere senza attaccare l’organismo, stimolando le risorse individuali e favorendo il distacco dalla dipendenza farmacologica.
È possibile che il fatto di sollevare la sorte di molti malati cronici che, in un batter d’occhio, si sono visti la vita comandata dai farmaci, guidandoli a comportamenti salutari, non sia così gradito al marketing del farmaco.