Quando il cancro diventa territorio di conquista
Una indagine condotta presso l’Università di Miami, i cui risultati sono stati presentati al convegno annuale dell’American Urological Association, avvalora gli studi finalizzati a dimostrare la correlazione colesterolo alto/alti livelli del PSA, l’antigene prostatico specifico.
Nel campione di 1214 uomini presi in esame dal test, che assumevano statine per abbassare il colesterolo, si è notato non solo che il livello di PSA era basso ma che si abbassava proporzionalmente alla riduzione del tasso di colesterolo: un’ulteriore convalida alla teoria che questo gioca un ruolo importante nella biologia della prostata.
I dati sul PSA sono oggi molto controversi. Mentre infatti per anni si è ritenuto questo valore un indice dello sviluppo tumorale della prostata, oggi si è invece certi che non esiste una stretta correlazione tra questi elementi. In molti casi anzi, persone con PSA elevato sono state operate e trattate in modo assolutamente inutile e rischioso. Tentando però di mantenere questa “memoria” per trarne probabili vantaggi sul piano commerciale, si sta cercando di mantenere viva questa relazione, facendo passare il concetto che se le statine abbassano il colesterolo (vero) e con il colesterolo basso si ha un minor PSA (vero), le statine possono ridurre il rischio di cancro della prostata (falso).
Nella fattispecie gli studi – tra cui anche quello condotto da ricercatori italiani coordinati dall’Istituto Mario Negri di Milano – tendono a evidenziare la correlazione tra colesterolo, testosterone e rischi di neoplasie prostatiche, la cui insorgenza può essere segnalata da un alto dosaggio del Psa nel sangue (superiore a 3 nanogrammi/ml): come si sa gli ormoni maschili esercitano un’influenza sulla ghiandola (stimolando in certi casi la crescita tumorale) e sono correlati dal punto di vista metabolico al colesterolo.
In attesa di ulteriori indagini, gli scienziati mantengono per ora una certa prudenza nell’assegnare ai farmaci che tengono sotto controllo il colesterolo l’effettiva certezza che possano prevenire il rischio di carcinoma prostatico, e d’altra parte ammettono che il Psa non è un valore assoluto, dal momento che livelli bassi dell’antigene non sempre sono la spia dell’assenza di una neoplasia e viceversa.
Ma se questi studi non danno ancora prove incontrovertibili sul fronte medico, su quello dietetico-salutistico confermano invece che per questo tipo di patologia – come nel caso di tante altre malattie – lo stile di vita è determinante. L’imperativo categorico secondo gli esperti è impedire un’elevata concentrazione di grassi nel sangue e a tal fine è essenziale un regime alimentare sano e corretto, ricco di fibre, frutta e verdura fresche, pesce e povero di grassi animali.
Per proteggere le cellule sane e scongiurare il rischio di neoplasie è comprovata l’importanza dei componenti antiossidanti degli alimenti: nella prevenzione del tumore prostatico in particolare si sono dimostrati utili il licopene, presente nei pomodori e derivati, e i flavonoidi polifenolici della melagrana, un vero salvaprostata secondo vari studi condotti negli Stati Uniti. Peraltro efficaci contro i rischi cardiaci, le sostanze antiossidanti del succo concentrato di questo frutto si sono dimostrate utili nella prevenzione e nella terapia del tumore prostatico, allungando il tempo di aumento del valore del Psa. Questo in laboratorio, ma i ricercatori sono ottimisti sul fatto che possa accadere anche negli esseri umani.