Colesterolo e statine: la falsa certezza del ghiottone
Il lavoro pubblicato su JAMA Internal Medicine (Aprile 2014) ci stimola ad alcune riflessioni sulla utilizzazione delle statine nella attuale situazione sanitaria e sociale.
Il team di ricercatori californiani e giapponesi che ha svolto la ricerca (tutti attivi componenti di primari servizi di epidemiologia) ci conferma che l’uso delle statine può trasformarsi in un’arma a doppio taglio.
È infatti documentato che tra gli utilizzatori di statine, per il primo paio di anni esiste una contemporanea azione di controllo della sfera dietetica e che vengono messi in atto quei comportamenti alimentari che dovrebbero ricondurre i valori di colesterolo, trigliceridi, massa grassa e glicemia nella norma.
Con il passare del tempo, tra gli utilizzatori di statine si assiste però ad un graduale progressivo lassismo nei confronti delle scelte alimentari e si è visto che nel volgere di 10 anni i soggetti trattati farmacologicamente per ridurre il rischio cardiaco hanno aumentato quasi del 15% la introduzione di grassi e del 10% la quantità di calorie introdotte quotidianamente, mentre i soggetti che non utilizzavano statine mantenevano una attenzione dietetica costante nel tempo.
Ai lettori di Eurosalus è noto che le statine, al di là del loro possibile effetto benefico sulla riduzione del colesterolo possono produrre una serie di effetti collaterali di notevole importanza (come è stato tristemente documentato dal caso “Lipobay”), e che l’obiettivo vero non può essere quello di ridurre il colesterolo, ma quello di ridurre il rischio cardiaco che è espresso da molti più fattori che non il singolo valore di grasso nel sangue.
Valutando il rischio cardiaco, se anche si abbassa il colesterolo ma viene mantenuta più elevata la glicemia e si verifica un aumento di peso, come sembra effettivamente da questi risultati, il rischio cardiovascolare non verrebbe diminuito, ma anzi rischierebbe un possibile incremento.
Quello pubblicato su JAMA è uno studio di vaste proporzioni, effettuato su quasi 30.000 statunitensi adulti di età superiore ai vent’anni seguiti tra il 1999 e il 2010 attraverso un famoso studio epidemiologico, il NHANES (National Health and Nutrition Examination Survey), che rappresenta un punto fermo e di importanza notevole nella epidemiologia cardiovascolare americana.
Nei soggetti trattati con statine appare che nei primi due anni ci sia stata una riduzione dell’integrazione calorica, ma che in realtà a partire dal terzo anno si è passati ad un aumento della quantità calorica e di grasso introdotta ogni giorno con un preciso riscontro anche nei confronti dell’aumento del peso.
Di fatto quindi la assunzione di statine può rivelarsi una sorta di falsa rassicurazione nei confronti del rischio cardiovascolare.
Particolarmente oggi, momento in cui obesità e diabete sono diventate delle vere e proprie epidemie a livello sociale e le diverse nazioni stanno pagando costi sempre più alti per l’assistenza e per le terapie connesse con questo tipo di patologia, si deve considerare con attenzione se accettare la strategia pubblica e industriale che incoraggia l’utilizzo delle statine, senza prendere le giuste misure per controllare l’aumentato consumo calorico in chi le utilizza, come pure quella dell’aumento di peso.
Gli autori dell’articolo ritengono che l’obiettivo del trattamento con statine, come per molte altre terapie farmacologiche, dovrebbe essere quello di consentire ai pazienti di ridurre quella parte di rischio che non può essere ridotta senza farmaci e non invece di fornire (spesso a spese dello stato) la possibilità di mantenere delle abitudini alimentari scorrette.
La professoressa Rita F. Redberg, docente della University of California, San Francisco, e chief editor di JAMA Internal Medicine, scrive in una nota editoriale alla ricerca che il fatto di mettere in controllo totale il colesterolo, come obiettivo primario, può distrarre dai benefici molto più ampi legati allo stimolo al cambiamento dello stile di vita per aiutare le persone a metterne in atto uno personale che riduca davvero il rischio di malattia cardiaca.
Continuo a segnalare che le statine possono essere un ottimo farmaco, talvolta indispensabile, ma che ad un certo momento della loro storia hanno iniziato ad essere prescritte secondo modalità che poco hanno a vedere con la sola salute e molto invece con possibili interessi commerciali.
Prima di accettare di spegnere o annullare un segnale di allarme dell’organismo (il valore elevato di colesterolo) è molto più importante capire come si sta muovendo tutto il metabolismo.
Capire il ruolo dello zucchero, dei dolcificanti artificiali che ingrassano anche con zero calorie e della assenza di movimento fisico, ancora più a monte del problema legato alla assunzione di grassi nella dieta.
Grazie a quest tipo di considerazioni, da anni seguiamo in SMA le persone che cercano aiuto per problemi di ipercolesterolemia attraverso percorsi terapeutici specifici che vanno a mettere in moto l’intero metabolismo e l’intera gestione dell’energia, ottenenedo benefici non solo sul colesterolo e sui suoi valori ma anche sull’intero organismo, facendo sì che la persona riprenda in mano le redini del proprio destino anziché nascondersi dietro ad una pillola.