Controllare il colesterolo a tavola si può: ecco come e perché
Che quello che si mangia abbia un’azione sui livelli di colesterolo nel sangue è certo. Le indicazioni date tendono però, di solito, solo a limitare il consumo di colesterolo stesso, mentre l’attenta analisi scientifica e biochimica dovrebbe andare oltre.
È ben noto infatti che maggiore è il colesterolo ingerito, minore diventa non solo quello assorbito (tanto più se lo si mangia accompagnato da fibra), ma anche quello prodotto.
Quando si parla di colesterolo aumentato esso lo è di solito per aumentata produzione endogena e lo stimolo di questa produzione segue strade diverse dal contenuto dello stesso negli alimenti.
In particolare, il rialzo dei livelli di insulina ha evidenziato uno stimolo a livello dell’enzima che dà il via alla produzione del colesterolo stesso. La regolazione dei livelli di insulina, a sua volta, è intimamente legata ai picchi glicemici provocati dai pasti o dai singoli alimenti. Il modo migliore per regolarne l’azione è quello di scegliere alimenti e costruire pasti a basso impatto glicemico.
Scegliere carboidrati a basso impatto glicemico come leguminose, cereali integrali e frutta o verdura fresca e abbinarli a una quota proteica (carne, pesce, uova, soia…) aiuta a mantenere i picchi di zuccheri e di conseguenza quelli di insulina, meglio regolati.
Un altro modo per mantenere l’insulina regolata è l’attività fisica. Il movimento aumenta la sensibilità dei tessuti all’insulina stessa: l’organismo ha bisogno di minori livelli di insulina perché questa funzioni al suo scopo (senza eccessi che influenzino negativamente la produzione di colesterolo).
In particolare, qualche minuto di movimento, anche leggero, poco prima o poco dopo il pasto, può avere effetti interessanti anche sui meno disposti all’attività. Inoltre, l’attività fisica regolare è una delle poche variabili in grado di migliorare i valori di colesterolo colesterolo buono (quello protettivo nei confronti delle malattie cardiovascolare di cui il “colesterolo cattivo” è invece un fattore di rischio).
Un’altra variabile in grado di migliorare i valori di colesterolo buono è l’uso dei grassi polinsaturi e di tipo omega-3 o omega-6.
Aggiungere a crudo, a fine cottura, olio di singolo seme spremuto a freddo (soia, lino, girasole… vanno benissimo) rappresenta un buon modo di aggiungere questo tipo di grasso buono. Cuocere gli stessi oli, ottimi di partenza, è invece una procedura da evitare: i grassi, sensibili al calore e all’ossidazione cambiano in questi casi la loro struttura molecolare acquisendo caratteristiche tendenzialmente opposte a quelle di partenza.
Attenzione ai picchi glicemici, uso di grassi buoni e una sufficiente quota di attività fisica sono le variabili che maggiormente dovrebbero interessare chi cerca di migliorare il proprio livello di colesterolo, senza inutili paure nei confronti ad esempio di uova o carni magre.
Inoltre, è da ricordare che il colesterolo aumentato rappresenta un fattore di rischio, non una malattia.
Elementi come l’uso regolare e ampio degli antiossidanti presenti in frutta e verdura fresca e cruda, una regolare attività fisica e l’attenzione alla eliminazione del fumo (almeno attivo) dalla propria vita agiscono in modo collaterale nella protezione del cuore, delle arterie e della salute di ciascuno.
Un valore di colesterolo un po’ più alto del livello di riferimento in una persona che, sana, fa attività fisica regolarmente e si nutre bene, mi preoccuperà molto meno di un valore anche sotto soglia in una persona che fuma, mangia male e non si muove.
Occuparsi di salute significa qualche volta guardare un po’ oltre gli esami del sangue e, lì, trovare le persone.