Muoversi e fare attività fisica anche durante la chemio, per migliorare la stanchezza e la prognosi futura
È molto meglio basare le proprie scelte di salute sui numeri e sulle dimostrazioni cliniche anziché affidarsi alle supposizioni.
La diagnosi di una forma tumorale, accompagnata spesso dall’intervento chirurgico e ancora più spesso dalla chemioterapia, è un momento fisicamente e psicologicamente delicato, durante il quale molte persone tendono a ridurre l’attività fisica e a chiudersi in una dimensione “malata”.
Quello che oggi emerge da una serie di studi (uno pubblicato sul BMJ Open nel 2017 e l’altro sul Breast Cancer Research Treatment nell’aprile 2018) è che invece quella è l’occasione giusta per il cambiamento.
Anche il tumore può rappresentare una “benettia” e, se non si è fatto sport per infiniti motivi prima della diagnosi, proprio la diagnosi di malattia è lo stimolo giusto per iniziare.
Uno studio olandese, tedesco, britannico e statunitense (PACT Study) sta seguendo da anni molti aspetti della patologia tumorale, applicando le valutazioni su numeri molto elevati di persone e studiandone l’aspetto economico e scientifico. Una novità emersa da questo studio (da cui derivano anche i due lavori sopra citati) è che l’effettuazione di attività fisica anche durante la terapia adiuvante del cancro e durante la chemioterapia porta a benefici intensi sulla stanchezza che spesso accompagna la diagnosi di questa malattia degenerativa e la sua terapia.
Non solo, le persone che iniziano a fare attività fisica in questa occasione mantengono nel tempo una ottima attitudine verso l’esercizio quotidiano, documentando in modo scientifico un netto incremento del tempo dedicato allo sport e alla attività fisica anche a 4 anni di distanza dalla diagnosi.
Si sa da tempo che l’attività fisica migliora la prognosi delle forme tumorali e sicuramente interferisce nella prevenzione a lungo termine della comparsa di molti tipi di cancro, ma la novità è la sua azione sulla stanchezza.
Medscape, una delle istituzioni mondiali più importanti nella educazione e nella formazione medica, il 19 febbraio 2018 ha riportato una intervista (link soggetto a abbonamento) fatta alla dottoressa Anne May (coautrice dei lavori collegati allo studio PACT) durante la conferenza stampa di presentazione al Cancer Survivorship Symposium (CSS) Advancing Care and Research, tenutosi a Orlando in Florida (USA) negli stessi giorni.
La dottoressa May (dell’Università di Utrecht) ha riferito che i pazienti ammalati di cancro che fanno attività fisica durante la terapia adiuvante o durante la chemioterapia sono decisamente più attivi anche fino a 4 anni dopo l’inizio della terapia e che soprattutto hanno documentato una minore fatica sia durante la stessa terapia sia nelle fasi successive.
Proporre di fare attività fisica e sport (ovviamente commisurato alle possibilità del momento) deve diventare una raccomandazione medica costante.
Va ricordato che la fatica e la stanchezza sono alcuni dei sintomi più destabilizzanti delle fasi terapeutiche della forma tumorale e che questo sintomo può persistere anche per anni dopo il trattamento. Per questo motivo, il supporto alla alimentazione corretta e alla attività sportiva individualmente definita fa parte, insieme allo studio dell’infiammazione, dello standard dei nostri protocolli terapeutici a supporto delle persone ammalate.
Molte volte ci si sente rispondere dalle persone cui proponiamo di attivarsi fisicamente che non è quello il momento per fare i muscoli. Invece è proprio quello il momento giusto; un momento in cui si può fare, attraverso la ridefinizione dei propri obiettivi, la differenza vera per la sopravvivenza e soprattutto per la qualità di vita successiva alla diagnosi.