Antidepressivi e aumento di peso: istruzioni per evitarlo
Una ricerca pubblicata nel maggio 2018 sul British Medical Journal ha confermato che l’uso della maggior parte dei farmaci antidepressivi provoca un incremento ponderale anche in seguito ad un uso prolungato.
Mancava ancora la certezza degli effetti a lungo termine perché numerose ricerche precedenti avevano già dimostrato l’azione ingrassante di questi farmaci anche nel breve termine, tema che fin dal 2007 abbiamo discusso sulle pagine di Eurosalus (Gafoor R et al, BMJ. 2018 May 23;361:k1951. doi: 10.1136/bmj.k1951).
La descrizione della ricerca, effettuata da epidemiologi londinesi, è molto semplice: sono stati seguiti per circa 10 anni (dal 2004 al 2014) quasi 300.000 britannici (136.762 uomini e 157.957 donne) per i quali siano stati valutati tre o più Indici di Massa Corporea (IMC, o BMI in inglese) nel corso del periodo.
Si è considerato se il trattamento farmacologico antidepressivo potesse essere associato ad un aumento del peso corporeo uguale o maggiore del 5% del peso originario, in confronto con le persone che non assumevano questi farmaci. Sono state valutati e considerati anche gli aggiustamenti per età, sesso, fumo, eventuali diete seguite ed eventuali malattie contemporanee, differenziando inoltre l’uso di antipsicotici o di antiepilettici.
All’inizio del periodo di valutazione, il 13,0% degli uomini e il 22,4% delle donne hanno ricevuto una prescrizione di antidepressivi e nel corso dei 10 anni di osservazione mentre i controlli avevano avuto un aumento di peso solo nell’8,1% dei casi, questo effetto si è visto nell’11,2% dei casi di persone trattate, con una elevatissima significatività statistica.
Questo non significa certo che gli antidepressivi siano da proscrivere o da condannare. Quando sono necessari devono essere usati certamente. Si tratta di considerare che insieme alla prescrizione di farmaci che agiscano sull’umore sono da indicare anche comportamenti alimentari e stili di vita che limitino questa possibilità di crescita non voluta del peso.
Intorno a questo tema se ne sono aperti anche altri, estremamente interessanti, sia di tipo sociologico sia di tipo prettamente farmacologico.
Alessandro Serretti, dell’Università di Bologna, scrive, sempre sul BMJ, che il tema dell’aumento di peso e dell’obesità in questi ultimi decenni è cresciuto in modo spropositato e l’impiego dei farmaci antidepressivi non è stato da meno (Serretti A et al, BMJ. 2018 May 23;361:k2151. doi: 10.1136/bmj.k2151). Per questo motivo va sempre valutata con molta attenzione la possibilità di usare trattamenti farmacologici che in realtà sommino un effetto collaterale a quello epidemico del sovrappeso.
Giustamente invece, Virginio Salvi e Francesco Barone-Adesi (rispettivamente del Dipartimento di Neuroscienze dell’Ospedale Fatebenefratelli/Sacco di Milano e dell’Università del Piemonte Orientale), nello stesso articolo del BMJ, considerano che gli antidepressivi che possono indurre sovrappeso sono quelli che hanno anche una azione antistaminica, bloccando i recettori H1.
Siamo d’accordo, perché di questo tema abbiamo abbondantemente parlato su queste pagine da oltre 10 anni, notando che l’azione di ingrassamento non appare legata né all’età né al sesso, e neanche all’efficacia antidepressiva, ma esclusivamente all’assunzione del farmaco stesso e al fatto che determini il blocco dei recettori H1 nell’organismo.
Ora, dato che i recettori H1 sono quelli bloccati dai comuni antistaminici (utilizzati per curare il raffreddore o l’orticaria), come stupirci se incontriamo persone che non riescono più a calare di peso nella stagione primaverile, quando magari stanno facendo un largo uso di antistaminici?
Già nel 2003 un altro interessante articolo (Fulop AK et al. Endocrinology, 2003 Oct;144 (10):4306-14) ha evidenziato che la totale inibizione dell’istamina, nell’animale, porta a un aumento dell’adiposità viscerale e al rallentamento del metabolismo e lo stesso Salvi, su European Neuropsychopharmacology, invita a riclassificare gli antidepressivi e gli antipsicotici oggi così diffusamente utilizzati sulla base delle loro affinità recettoriali, arrivando a suggerire di evitare la prescrizione di psicofarmaci di questo tipo in persone che soffrano o siano inclini a soffrire di disturbi metabolici come sovrappeso, obesità e diabete (Salvi V et al, Eur Neuropsychopharmacol. 2016 Oct;26(10):1673-7. doi: 10.1016/j.euroneuro.2016.08.012. Epub 2016 Sep 1).
Bloccare i recettori anti H1, sia con gli antistaminici sia con gli antidepressivi, non serve quindi solo per controllare le allergie e l’umore, ma arriva a interferire con il metabolismo e con la gestione degli zuccheri.
Riguardo alle forme allergiche, continuiamo a ripetere che l’allergia è un segnale di una reattività disordinata dell’organismo (del quale è sempre opportuno comprendere le cause) prima che un sintomo da sopprimere tout court e probabilmente si può dire lo stesso relativamente alle oscillazioni dell’umore e agli stati depressivi.
I suggerimenti che diamo ai nostri pazienti per controllare l’eventuale aumento di peso in caso di somministrazione di farmaci antidepressivi (come di antistaminici) sono gli stessi che possono contribuire a trattare i disturbi psichici e si affiancano efficacemente al trattamento farmacologico per migliorarne l’efficacia.
In molti casi poi, l’intervento sullo stile di vita, sull’alimentazione e sull’attività fisica consente di evitare il trattamento per l’azione fortemente antidepressiva di queste scelte.
Si consideri ad esempio che la corsa (anche se un po’ goffa e a bassa intensità), e comunque un’altra attività fisica per chi non possa correre, sviluppa un’azione antidepressiva molto stimolante come scritto nell’articolo “La corsa al posto degli psicofarmaci” e che anche la depressione grave può avere dei netti miglioramenti dopo solo pochi giorni di attività.
Il corretto bilanciamento di carboidrati e proteine, come indicato dalla Harvard Medical School, contribuisce a migliorare l’umore in modo rilevante e lo sbilanciamento a favore dei carboidrati porta invece a peggiorare i fenomeni di calo dell’umore, come descritto nell’articolo “Buonumore a rischio quando i carboidrati sono troppi“.
La misurazione delle citochine infiammatorie e le scelte alimentari personalizzate che ne derivano possono contribuire a sostenere il tono dell’umore in modo significativo, come spiegato nell’articolo “Anche il disturbo psichico può dipendere dall’infiammazione alimentare“.
Quando si arriva alla prescrizione di farmaci antidepressivi, qualsiasi medico dovrebbe affiancare quindi la propria prescrizione a suggerimenti individualizzati sullo stile di vita che riguardano:
- Attilità fisica
- Riduzione dell’infiammazione alimentare
- Scelte bilanciate di composizione del piatto
Strumenti questi che da un lato evitano o limitano l’ingrassamento e dall’altro contribuiscono alla guarigione e all’attività antidepressiva del farmaco stesso.