Perché la rabbia e l’ostilità facilitano la comparsa del diabete
I risultati di una ricerca molto seria, pubblicata il 21 gennaio 2019 su Menopause, hanno documentato che le donne in menopausa con particolari tratti di personalità, che siano cioè poco ottimiste, che guardino il mondo con rabbia e ostilità e che esprimano spesso emozioni negative, hanno un rischio di contrarre il diabete di tipo 2, quello dovuto all’alimentazione, in misura più elevata delle donne più ottimiste e capaci di relazioni più serene con il mondo esterno (Luo J et al, Menopause. 2019 Jan 21. doi: 10.1097/GME.0000000000001296. [Epub ahead of print]).
La ricerca è molto interessante perché nei risultati sono stati eliminate le interferenze positive o negative date, ad esempio, dalla depressione o da stili di vita salutistici, evidenziando con maggiore precisione gli effetti specifici riferibili al tratto di personalità considerato.
I dati clinici, valutati per un periodo di 14 anni su circa 140.000 donne di età compresa tra i 50 e i 79 anni, hanno consentito di estrapolare specificamente gli effetti dello stato psico-emotivo, evidenziando una differenza di rischio nella possibilità di sviluppare il diabete di tipo 2, aumentata del 12% tra le donne meno ottimiste rispetto a quelle più ottimiste.
Non si tratta certo di cause solo psicologiche o emotive, perché la prima spiegazione che può essere data, come hanno rilevato alcuni commentatori, è che la rabbia e gli atteggiamenti ostili nei confronti del mondo sono accompagnati spesso da un aumento dei livelli di cortisolo endogeno, e questo comporta sicuramente un peggioramento della resistenza insulinica, facilitando il deposito di adipe e facilitando lo sviluppo di iperglicemia e diabete.
Ma resta il fatto che questa spiegazione fisica non annulla la possibilità di leggere l’esistenza di una relazione diretta tra tratti di personalità e sviluppo di alcune malattie.
Per anni si è cercato di tenere staccati gli aspetti psicoemotivi da quelli fisici, ma una serie di lavori recenti, fortemente documentati, sta invece riportando alla luce gli aspetti scientifici e comunicabili della relazione tra la componente fisica e quella emotiva dell’essere umano.
La recente segnalazione della esistenza di un “rapporto preciso tra traumi emotivi e sviluppo di malattie autoimmuni” va esattamente nella stessa direzione.
Le diagnosi si fanno su elementi comunicabili e basati sull’evidenza scientifica, ma finalmente stanno comparendo indicazioni che consentono di mettere anche i tratti di personalità o gli aspetti emozionali tra gli elementi misurabili e gestibili sul piano della prevenzione e forse anche su quello della cura.
Significa che nel lavoro di prevenzione del diabete, malattia oggi in costante crescita, vanno considerati gli aspetti nutrizionali, quelli infiammatori, quelli legati all’attività fisica e quelli legati al consumo di zuccheri in qualsiasi forma, ma che il supporto psicologico, sia attraverso forme di psicoterapia sia attraverso l’uso di farmaci, può entrare a fare parte di diritto di una strategia terapeutica corretta.