Dal prediabete al diabete: perché l’emoglobina glicata non aiuta a capire l’evoluzione della malattia
Quando la capacità di controllare la glicemia si sta esaurendo, aprendo le porte alla comparsa del diabete, all’esterno, almeno per un po’ di tempo, non sembra accadere nulla di diverso.
Eppure il metabolismo si sta alterando e alcuni particolari biomarcatori, come albumina glicata e metilgliossale, che segnalano precocemente i danni provocati dagli zuccheri, stanno crescendo nel sangue. Questi indicano che l’organismo non è più in grado di sostenere il sovraccarico provocato dal glucosio, dal fruttosio o dall’alcol che ha un metabolismo simile a quello del fruttosio.
Per anni si è ritenuto che la misurazione della emoglobina glicata e della glicemia a digiuno fossero sufficienti per identificare le persone a rischio. Invece tra la fine del 2018 e la prima metà del 2019 ben tre tra le più importanti riviste di diabetologia internazionale, tra cui Lancet, Cochrane Review e Acta diabetologica, hanno segnalato che queste analisi e la rilevazione di questi biomarcatori non è effettivamente sufficiente a identificare l’evoluzione verso il diabete di tipo 2.
I valori di emoglobina glicata, utili per seguire una forma di diabete già comparsa, non sono quindi in grado di indicare se una persona sta evolvendo verso il diabete. Questo perché l’emoglobina glicata, bene annidata nei globuli rossi e quindi protetta da una membrana cellulare, non legge i valori di fruttosio, gli effetti dell’alcol e i picchi di glicemia, limitandosi solo alla lettura dei valori medi della glicemia degli ultimi tre mesi.
L’albumina è fuori dal globulo rosso e può rilevare, attraverso la glicazione, tutte le variazioni del livello dei diversi zuccheri presenti nel sangue. I suoi valori sono quindi decisamente più interessanti perché segnalano anche gli squilibri nutrizionali che si sono verificati occasionalmente e indicano con chiarezza se la persona ha avuto dei carichi improvvisi.
Vale la pena ricordare che riuscire ad intercettare una condizione di prediabete e a fermarne l’evoluzione, garantisce, secondo quanto pubblicato sullo European Heart Journal già dal 2008, dagli 8 ai 13 anni di vita qualitativamente attiva e valida in più di chi il diabete non lo previene.
Un lavoro molto interessante, pubblicato su ACS Omega nell’ottobre del 2018, ha spiegato che l’albumina tende a caricarsi di zuccheri e diventare quindi glicata per proteggere, in un certo senso, il globulo rosso e l’emoglobina che contiene dagli insulti degli zuccheri. Questo avviene molto prima che i danni evidenti del diabete si manifestino anche con la evidenza di valori di emoglobina glicata elevata.
La glicazione dell’albumina, inoltre, interferisce con i valori di emoglobina glicata, che può sembrare bassa solo perché la prima è elevata (Jagadeeshaprasad MG et al, ACS Omega. 2018 Oct 31;3(10):12999-13008. doi: 10.1021/acsomega.8b01702. Epub 2018 Oct 10).
Per capire se c’è una possibile progressione verso il diabete, prima che questo si manifesti, è necessario cambiare strategie rispetto a quelle attuali.
La possibilità di misurare i valori di metigliossale e i valori di albumina glicata, a fianco dei classici indicatori di metabolismo come la glicemia a digiuno, la glicemia post-prandiale, la curva glicemica e insulinica da carico, diventa uno strumento potente. In particolare sembra che il metilgliossale agisca contemporaneamente da segnalatore della alterata sensibilità agli zuccheri e dall’altra da induttore dello sviluppo diabetico.
Il nostro gruppo sta continuando a lavorare per affinare le metodiche di indagine. Il GlycoTest, in grado di analizzare metilgliossale e albumina glicata insieme alla predisposizione genetica al diabete, è già disponibile in alcuni centri di valutazione e sarà disponibile in modo più diffuso con i primi mesi del 2020. Si tratta di una possibilità importante, a disposizione di tutti senza dovere ricorrere a centri sperimentali di ricerca, per capire la propria condizione reale e mettere in atto tutte le possibili soluzioni per conservarsi sani e godere appieno di quegli anni in più che la prevenzione del diabete consente.