Covid asintomatico. Cosa fare a casa?

1 Novembre 2020
Covid asintomatico. Cosa fare a casa?

Il numero di casi positivi al tampone nasofaringeo e clinicamente asintomatici è in continua crescita. Da un lato è un bene, perché vuol dire che il virus si propaga con minore percentuale di complicanze e la crescita “sociale” della produzione di anticorpi aumenta, anche se la presenza di persone che inconsapevolmente trasportano il virus ne aumenta la contagiosità e la diffusione anche alle fasce più fragili.

Rispetto a marzo/aprile 2020 quando la gravità dell’infezione era significativamente più elevata, la presenza di asintomatici positivi al tampone (o anche di pauci-sintomatici, persone con pochi sintomi non gravi) suggerisce che queste persone restino a casa e seguano alcune procedure specifiche per guarire il più rapidamente possibile ed evitare il contagio di altre persone.

Il 12 ottobre 2020 il ministero della Salute ha aggiornato i protocolli da seguire per chi è entrato in contatto prolungato con una persona positiva, e ho trovato sul “Post” una delle spiegazioni più chiare ed esaustive di quanto debba essere fatto dalle persone che hanno avuto contatti stretti con una persona positiva al tampone. Invito a leggere l’articolo appena linkato e a ricondursi a queste indicazioni nel caso di contatto con persone contagiate per seguire correttamente le direttive istituzionali.

Anche l’OMS ha definito delle linee di comportamento per i positivi asintomatici o per i paucisintomatici che riporto integralmente per completezza:

  • Se non stai bene, riposati, assumi liquidi in abbondanza e mangia alimenti nutrienti. Rimani in una stanza separata dagli altri componenti della famiglia e, se possibile, usa un bagno separato. Pulisci e disinfetta frequentemente le superfici che tocchi.
  • Per tutti è importante mantenere uno stile di vita corretto anche restando a casa. Segui una dieta sana, dormi, continua a fare attività fisica e tieni vivi i contatti sociali con le persone care attraverso il telefono o Internet. Nei momenti difficili, i bambini hanno bisogno di più amore e di maggiori attenzioni da parte degli adulti. Rispetta il più possibile la routine quotidiana e i programmi.
  • Durante una crisi è normale sentirsi tristi, stressati o confusi. Parlare con persone fidate, come amici e familiari, può essere d’aiuto. Se ti senti in particolare difficoltà, rivolgiti a un operatore sanitario o a uno psicologo.
  • Se presenti sintomi lievi ma sei comunque in buona salute, isolati dal resto della famiglia e contatta il medico o una linea dedicata all’emergenza COVID-19 per ricevere indicazioni.
  • In caso di febbre, tosse e difficoltà respiratorie, chiama il medico senza uscire di casa.

Il tema che maggiormente mi trovo ad affrontare è quello di persone che non hanno ancora fatto il tampone, hanno una febbre moderata (37,5 – 38,5) e non capiscono se hanno in corso un banale raffreddore stagionale, una forma di influenza o una infezione di tipo parainfluenzale. 

Una attenta valutazione dei propri livelli di glicazione e un supporto nutraceutico adeguato possono supportare il sistema immunitario nella difesa dal Coronavirus.

In un altro articolo pubblicato in primavera 2020 su Eurosalus ho descritto le principali differenze tra le forme da Coronavirus e le altre, e invito per questo a leggere l’articolo “È raffreddore, allergia o Covid-19?” per un migliore orientamento “casalingo” sulla sintomatologia.

Oltre al suggerimento sempre valido di proteggersi (mascherine, pulizia frequente, distanziamento sensato) segnalo cosa è bene fare quando ci si trova in queste condizioni, quando cioè ci si trova a essere tra i contatti di un positivo, ad accusare sintomi non chiari oppure a ricevere una diagnosi di positività al tampone in presenza di sintomi modesti.

  • Avere a disposizione termometro e saturimetro è molto importante per capire quando e se l’ossigenazione possa avere un decremento tale da giustificare l’accesso in Pronto Soccorso o la chiamata al 112. Avere solo febbre non giustifica l’accesso al Pronto Soccorso. Una saturazione inferiore al 90% o una impossibilità a misurare la saturazione mentre si hanno difficoltà di respiro richiede l’accesso al PS.
  • Isolarsi in casa avvisando il medico di base o la AST per gli eventuali adempimenti burocratici.
  • Monitorare giornalmente i sintomi e tenerne nota (ad esempio, il fatto che la febbre sbalzi verso l’alto improvvisamente o in modo progressivo aiuta a capire la diagnosi differenziale).
  • Avvisare il Comune di residenza, che è tenuto a provvedere al sostegno di chi è isolato in casa, qualora si viva da soli

È bene considerare che una persona asintomatica con un tampone positivo, con tutta probabilità resterà asintomatico perché in qualche modo ha già messo in atto delle capacità difensive autonome. Le caratteristiche dell’isolamento per chi rimane senza sintomi sono definite da queste scadenze: 10 giorni con tampone negativo oppure 14 giorni senza rieffettuare il tampone.

Riguardo alla assunzione di farmaci antipiretici ricordo che fin dal 2001, e poi in anni successivi, è stato dimostrato che abbassare la febbre, che rappresenta una forma di difesa dell’organismo nei confronti del virus, può portare, come citato nell’articolo qui linkato, a “facilitare la diffusione del virus e rallentare la guarigione”. La febbre andrà abbassata quando esistono particolari condizioni come ad esempio la tendenza a convulsioni febbrili, uno stato di disagio importante che limiti il riposo o livelli molto elevati di temperatura. 

È anche necessario ricordare che non esiste nessuna “sostanza anti Covid”. L’esempio della quercetina (di cui si è detto che una particolare componente blocca una proteasi del SARS CoV-2) o della lattoferrina (che agisce in modo aspecifico in tutte le infezioni virali e ovviamente anche nel caso di Covid-19) sono significativi. A seconda delle “spinte commerciali e pubblicitarie” che sono state guidate, si è assistito alla scomparsa dagli scaffali di farmacie e parafarmacie di entrambi i prodotti. La FDA ha intentato in USA delle cause specifiche nei confronti di aziende che abbiano indotto questo tipo di acquisto, prive di qualsiasi documentazione clinica ma facendo solo riferimento ad azioni “in vitro”. 

Come indicheremo più sotto esistono molte sostanze (Selenio, Zinco, Palmitoiletanolammide, Vitamina C, Vitamina D, Rame, Echinacea, Sulforafano del broccolo italico, e anche quercetina e lattoferrina) che aiutano l’intero organismo a mantenere una valida azione antivirale e antinfettiva. Nessuna di queste sostanze ha una “specifica azione” anti SARS CoV-2, ma supporta l’azione generale dell’organismo e le sue capacità di difesa. È tra l’altro paradossale, per capire quanto conti la spinta pubblicitaria, che gli scaffali si sono svuotati della lattoferrina (che spesso provoca stipsi), ma nessuno è andato a cercare preparazioni di colostro di capra che contiene altissime concentrazioni di lattoferrina. 

COSA FARE IN PRATICA

Considerati tutti gli adempimenti burocratici e di buon senso appena descritti, ricordo che è indispensabile, se si è positivi al tampone, avvisare i contatti stretti e i contatti intercorsi nei giorni precedenti.

Già nella prima settimana di settembre 2020 ho descritto nell’articolo “COVID, influenza e prevenzione invernale” quali fossero le procedure da seguire sia per la prevenzione che per il supporto alla terapia delle forme da Coronavirus. Alcune di queste sostanze (il Selenio ad esempio) hanno delle documentate azioni cliniche umane antivirali (anche sui Coronavirus), ma mi piace sempre considerarle semplici supporti a una azione generale di sostegno alla capacità difensiva dell’organismo.

Ecco cosa usare per supportare le proprie difese immunitarie:

  • Zinco, Rame e Selenio: Oximix Multi+ (1 al mattino) e Oximix 1+ (da 2 a 3 capsule al giorno fino a negatività del tampone o scomparsa dei sintomi)
  • Vitamina C: C-1000 Start, 2 grammi al giorno (e anche 3 grammi in fase acuta)
  • Broccolo italico e betaglucani: Betamune Zerotox (1 compressa al giorno e 2 al giorno in fase di isolamento o di sintomi) 
  • Conoscere i propri livelli di glicazione, come spiegato sotto. 

Merita una memoria l’uso della Palmitoiletanolammide (PEA al dosaggio di 300 mg 2 volte al giorno), una delle molecole studiate a lungo dal premio Nobel Rita Levi Montalcini, in caso di comparsa di sintomi neurologici e di astenia importante (il tema è stato descritto anche nell’articolo “La stanchezza e la fatica post COVID” pubblicato su Eurosalus nel luglio 2020).

INFIAMMAZIONE DA ZUCCHERI

È sempre più basilare conoscere la propria situazione individuale relativa agli zuccheri (glucosio, fruttosio, alcol e polioli). Tra settembre ed ottobre 2020 sono state pubblicate ricerche precise sul ruolo dei fattori di glicazione (legati soprattutto agli zuccheri alimentari) nella contagiosità e nella comparsa di complicanze da Covid-19 e in ottobre si è visto che la proteina spike del SARS CoV-2 riesce ad entrare nell’organismo umano quanto più è “zuccherata” o glicata, che è il termine scientifico più adatto. 

La prevenzione del Covid deve tenere conto anche dei livelli di infiammazione da alimenti e della infiammazione da zuccheri, due delle più importanti forme di infiammazione alimentare, che possono essere misurate efficacemente con il test PerMè e con il Glyco Test. Sono alcuni degli strumenti che nel centro SMA in cui lavoro, tutto lo staff medico utilizza per ottimizzare la salute dei pazienti che ci ricercano.

Conoscere i propri livelli di glicazione e nutrirsi in accordo con le indicazioni che ne derivano può essere uno degli strumenti più utili anche per il supporto alla terapia.

Come ultima nota segnalo che, solo sotto indicazione medica, ancora in un trattamento domiciliare potrebbero essere da utilizzare eparina, cortisonici a bassa dose e terapia inalatoria antiasma, con beta 2 stimolanti e cortisonici.

L’utilizzo di antibiotici va attentamente modulato perché di fatto sono utili solo in una complicanza batterica respiratoria, ma non certo per combattere direttamente il SARS CoV-2.