COVID e glicazione: il virus crea l’ambiente adatto manipolando le cellule del pancreas
Parlare degli effetti della glicazione nell’infezione da SARS CoV-2 è sempre più attuale. Nei primi 15 giorni di Novembre 2020 sono stati pubblicati lavori scientifici e ricerche che consentono di andare sempre più a fondo nella comprensione di questi aspetti.
Fin dal mese di ottobre 2020 un gruppo di ricercatori della Harvard Medical School e della Jolla University ha pubblicato su Cell Host & Microbe un lavoro che identifica la glicosilazione come elemento indispensabile perché il virus del COVID entri nella cellula umana e poi determini i danni successivi. Quanto più la proteina è glicosilata o glicata, tanto più facilmente entra nel recettore e nella cellula.
Il fatto che la glicazione sia fortemente correlata al COVID-19 è noto fin dallo scorso febbraio 2020 perché si è visto (in vitro) che il recettore presente sulle cellule umane (ACE2 Receptor) deve essere in parte glicato o glicosilato (due termini lievemente differenti, ma comunque legati alla presenza di substrati zuccherini) perché il virus entri nella cellula e agisca.
Nello stesso periodo si è scoperto che anche la proteina spike (quella con cui il virus del COVID penetra nella cellula) deve essere glicosilata o glicata per entrare nell’organismo, generare i suoi effetti e attivare le complicanze oggi conosciute. Uno dei nostri ricercatori ha usato qualche anno fa il termine “caramellata”, per fare capire l’aspetto di una proteina glicata ed è un’immagine che rende in modo efficace l’idea di questo virus che “si camuffa e si traveste da zuccherino” per entrare nelle cellule umane.
Ma appunto nei primi giorni di Novembre 2020, una lettera di alcuni ricercatori dell’Università di Padova è stata pubblicata su Medical Hypotheses e i ricercatori hanno confermato che la glicazione può essere la specifica chiave di accesso del virus attraverso il recettore ACE2.
La glicazione dipende in modo netto dall’eccesso di substrato zuccherino, cioè dal tipo di alimentazione seguita, ed Eurosalus ha ben spiegato nell’articolo “Covid e prevenzione: dove sono gli zuccheri?” dove sono appunto gli zuccheri (glucosio, fruttosio, alcol e polioli) e come sia possibile imparare a controllarli senza rinunciare alle gioie dell’amicizia e della cucina.
Pochi giorni prima, una review pubblicata su Lancet Diabetes and Endocrinology ha ordinato e messo in fila tutti i dati più recenti sul rapporto tra COVID e glicazione e ha evidenziato quali siano le cause del peggioramento dello stato glicemico durante l’infezione da Coronavirus (Apicella M et al, Lancet Diabetes Endocrinol. 2020 Sep;8(9):782-792. doi: 10.1016/S2213-8587(20)30238-2. Epub 2020 Jul 17).
Il virus SARS-Cov-2 ha un elevato tropismo per le cellule Beta pancreatiche, quelle che producono insulina (significa che quando il virus entra nell’organismo, uno dei “posti preferiti” in cui va ad insediarsi è proprio il pancreas). Questo avviene perché anche le cellule Beta pancreatiche hanno il recettore ACE2 (come pubblicato da Hamming sul Journal of Pathology), lo stesso recettore che consente al virus di entrare nelle cellule umane, e quindi il virus (sempre travestito da “zuccherino”) entra facilmente in quelle cellule e facilita l’insorgenza del diabete o comunque di uno dei possibili stati patologici dovuti alla iperglicemia (la ketoacidosi).
Già qualche settimana prima si era ipotizzato che fosse proprio il virus a innescare l’aggravamento diabetico (come pubblicato da Chee su Diabetes Research and Clinical Practice), ma la quasi certezza è emersa leggendo le statistiche di aggravamento e di letalità da COVID pubblicate su Diabetes, Obesity and Metabolism in cui si è visto che l’aggravamento più significativo si aveva nelle persone che avevano già una condizione prediabetica, ma in cui il virus determinava un peggioramento della condizione glicemica, responsabile delle complicanze e dell’esito letale (Li H et al, Diabetes Obes Metab. 2020 May 29; doi:10.1111/dom.14099. Online ahead of print).
Sintesi e riflessioni
Oltre che avere compreso il fatto che questo virus è un virus che si “trova bene” in una società in cui diabete e obesità hanno raggiunto un livello epidemico mai raggiunto prima, sul piano evoluzionistico va ricordato che lo scopo di un virus è solo quello di “riprodursi, riprodursi e riprodursi”. Per questo, oltre ad essere facilitato dalla glicazione e dai danni da zuccheri inconsapevoli, quando entra nell’organismo umano va specificamente a manipolare le cellule del pancreas che producono insulina, distruggendole o alterandone la funzione e facilitando così la comparsa di ketoacidosi e lo sviluppo di una forma diabetica precedentemente sotto soglia.
Per questo, la conoscenza dei propri livelli di glicazione è parte basilare della prevenzione dell’infezione e parte fondamentale della riduzione delle complicanze. Una persona con bassi livelli di glicazione, che pratichi attività sportiva e che abbia a disposizione le sostanze che supportano il sistema immunitario e il metabolismo ha statisticamente una possibilità grandemente minore di ammalarsi e di subire complicanze gravi.
È bene quindi ricordarsi che il legame tra glicazione, uso di zuccheri e COVID è sempre più stretto e che quando il virus entra nell’organismo (spesso travestito da “zuccherino”, per farsi sentire gradito) si aggancia alle cellule Beta del pancreas che producono insulina e le altera facilitando la comparsa o l’aggravamento del diabete e che attraverso la conoscenza dei propri livelli di glicazione e la impostazione corretta della nutrizione personale le capacità difensive si possono innalzare grandemente.