Dove fare test affidabili per le intolleranze alimentari?

di Attilio Speciani - Allergologo e Immunologo Clinico
5 Ottobre 2017
Dove fare test affidabili per le intolleranze alimentari?

DOMANDA

Gentilissimo Dottor Speciani, volevo fare l’esame per le intolleranze alimentari, ma all’ospedale non ci credono e mi hanno invece fatto fare le solite prove per le allergie, da cui non è risultato nulla. Io comunque ho sempre le mie dolorosissime afte in bocca, la colite, il meteorismo e l’asma, che controllo con lo spray al cortisone. Ho le unghie che si spaccano continuamente, ho sempre il raffreddore, gli eosinofili sono alti. Ma non risultano allergie… Dove potrei fare test seri per vedere se ho davvero qualche intolleranza alimentare? Abito a Roma e ho 69 anni. Grazie se mi risponderà e che Dio la benedica.

RISPOSTA

Gentilissima Lettrice,

non stupisce il trattamento che le hanno riservato in ospedale. Incontriamo tutti i giorni persone che, dopo aver fatto test allergologici risultati negativi, vengono congedate con la frase “Lei non ha niente”, spesso anche fatta seguire da “È solo troppo suggestionabile” o espressioni simili.

In realtà questo è dovuto al fatto che molti medici tendono a valutare solo la presenza di allergie specifiche (causate da Immunoglobuline E, IgE), mentre il tema della infiammazione legata al cibo non viene ancora considerato nel modo giusto. 

Il quadro che descrive, invece, invita proprio a pensare, vista la presenza contemporanea di afte, asma e colite, all’esistenza di una infiammazione da cibo, fenomeno che molti ancora ritengono scorrettamente connesso a delle “ipotetiche” intolleranze alimentari, termine ormai privo di scientificità. 

Per molti anni il fenomeno della infiammazione da cibo è stato infatti caratterizzato con il termine scorretto di “intolleranza alimentare”, perché le reazioni infiammatorie si sviluppano per un eccesso di introduzione alimentare e soprattutto perché le uniche intolleranze alimentari accettate dalla scienza sono l’intolleranza al glutine di tipo celiaco (immunologica) e l’intolleranza al lattosio di tipo biochimico. 

Purtroppo si sono sviluppati test e modalità di diagnosi del tutto privi di una logica scientifica che hanno portato a un eccesso di diagnosi inutili, spesso false e soprattutto fuorvianti, perché indicanti diete di eliminazione che sono invece rischiose e del tutto illogiche. 

Noi allora ben volentieri ci stacchiamo da queste definizioni confuse e talvolta ascientifiche e preferiamo mantenere la più semplice definizione di infiammazione da cibo, sapendo bene che gli effetti derivanti dalle citochine infiammatorie prodotte dall’organismo (BAFF e PAF ad esempio) sono in realtà quelli che provocano le diverse sintomatologie.

La loro misurabilità consente inoltre una importante evoluzione scientifica nel campo della cura di questi disturbi (come previsto da BioMarkers e da Recaller).

Grazie allo sviluppo scientifico degli ultimi anni si è potuto capire che le IgG esprimono solo un eccesso alimentare dei gruppi corrispondenti e non certo l’indicazione di “cibi nemici”. Che non ha alcun senso impostare pericolose diete di eliminazione, ma che i giorni di controllo alimentare fatti durante la settimana devono essere fatti in modo corretto.

L’elemento positivo è comunque che oggi è possibile misurare le citochine infiammatorie e valutare il Profilo Alimentare di ogni persona per suggerire una impostazione nutrizionale adeguata. 

Certo, non ogni problema di salute e non qualunque difficoltà digestiva possono essere giustificati da una reazione infiammatoria al cibo. E siamo i primi a stigmatizzare un aspetto quasi di moda dei test per le osiddette “intolleranze alimentari”, che, come anche la sua lettera sottintende, hanno avuto una diffusione incontrollata in così tanti ambiti e a più differenti livelli per cui ormai è spesso difficile per l’utente capire dove sta la verità. 

Oggi c’è a disposizione un test come Recaller o come BioMarkers che definisce il valore di infiammazione presente nell’organismo a fianco del profilo alimentare individuale, nel pieno rispetto della logica scientifica (nei siti indicati, al link “dove farlo” è possibile trovare le farmacie che possono fare da “collection point” per l’esame. Il campione ematico viene poi inviato al laboratorio specializzato situato nella Università Tor Vergata di Roma e i risultati analizzati da un centro medico specialistico accreditato ASL).

In ogni caso, comunque, non si può mai contemplare l’eliminazione per periodi prolungati dei cibi risultati positivi al test, come invece in passato le hanno prescritto, pena non solo il mancato recupero della tolleranza, ma anche il rischio di gravi reazioni anafilattiche.

Va proposta, al contrario, una rotazione intrasettimanale degli alimenti che sono mangiati in eccesso (identificati dall’aumento di IgG specifiche), in modo che la persona possa, in maniera ragionata e predefinita, tornare a mangiare di tutto fin da subito, minimizzando da un lato la reattività verso il cibo e, dall’altro, non facendo perdere all’organismo la memoria immunologica nei confronti dello stesso.

E, mi lasci aggiungere, anche evitando di fomentare perniciosi meccanismi psicologici di paura ossessiva verso il cibo, altra circostanza che osserviamo spesso nella nostra pratica quotidiana in quei soggetti a cui hanno proposto approcci integralisti per la gestione delle loro reazioni alimentari.