Dito a scatto: guarire anche senza il chirurgo
Il dito a scatto è un disturbo che pur non essendo “grave” risulta essere molto fastidioso, e obbliga spesso ad intervenire chirurgicamente per risolvere la situazione ed evitare di restare con un dito bloccato in una posizione anomala e talvolta dolorosa.
È dovuto ad una alterazione di quel delicato meccanismo di movimento di una falange sull’altra, e può essere dovuta a processi infiammatori locali come ad alterazioni dei tendini e delle guaine dell’articolazione interessata.
Spesso ce ne si rende conto al mattino al risveglio, quando si riprende il movimento delle mani dopo il riposo notturno, e un dito resta piegato e bloccato in una posizione anomala, non rispondendo più agli “ordini” di movimento che fino a qualche ora prima funzionavano perfettamente.
Il fatto che compaia improvvisamente aiuta a capire come agire, perché è difficile pensare a potenti cambiamenti anatomici intervenuti tra il prima e il dopo, tra la sera e la mattina, e questo stimola una riflessione su cosa fare, prima di ricorrere alla chirurgia, per risolvere il problema.
È ovvio che in una situazione in cui esistano delle alterazioni anatomiche definite, come nel caso di un’artrite reumatoide o negli esiti di un trauma, la chirurgia può anche essere il primo pensiero, ma quando il fenomeno è iniziale, per guarirlo bastano spesso specifici aggiustamenti della infiammazione locale e della contrattura muscolare che contribuiscono a provocarlo.
Tuttavia, anche in presenza di una specifica alterazione anatomica, controllare l’infiammazione locale e sistemica può comunque essere di aiuto, considerando quanto spesso i fenomeni di artrite acuta e cronica siano correlati con l’infiammazione da alimenti.
Quando esiste un processo infiammatorio, l’organismo butta liquidi a livello locale per diluire la concentrazione di citochine infiammatorie. Questo porta all’aumento dell’acqua extracellulare nei muscoli (anche nei piccoli muscoli delle dita), che diventano eccentrici e quindi tendini e legamenti, anche se di pochissimo, vengono spostati dalla sede originale e rischiano facilmente di “ingripparsi” nel delicato movimento di passaggio periarticolare.
Il dito a scatto quindi si affronta intervenendo direttamente sui diversi meccanismi antinfiammatori, usando:
Se dopo 2-3 settimane il miglioramento fosse solo parziale si deve passare di livello, impostando anche:
- valutazione osteopatica diretta, per lavorare soprattutto sulle contratture della zona cervicale;
- ulteriore aggiunta fitoterapica con Artrowell, una composizione a base di Boswellia serrata, di cui prendere 2 capsule al mattino e 2 alla sera per almeno 15 giorni.
A quel punto la persistenza del “dito a scatto” può meritare una valutazione chirurgica, ma la mia esperienza clinica ha consentito in tanti anni di vedere la maggior parte dei pazienti che ne soffrivano risolvere il problema o capire comunque che la ripresa dello “scatto” dopo magari un lungo periodo di quiete, aveva in realtà delle cause razionali (come quelle alimentari), su cui potere di nuovo intervenire e non era legata solo alla sfortuna…