Lotta all’alcol e sostegno al buon vino: la contraddizione che si vince “di misura”
Quando un adulto beve in modo moderato, le statistiche segnalano che si riduce nettamente il rischio di morte da qualsiasi causa (cancro compreso).
Il punto su cui insistere è quindi quello della misura nella assunzione di prodotti alcolici. Misura e consapevolezza, perché l’esperienza del gusto possa essere positiva e non creare danni.
Per rimuovere qualsiasi dubbio, diciamo subito che anche il bere moderato può essere sempre controindicato in particolari situazioni come:
- Malattie del fegato
- Età giovanile
- Pregresso alcolismo o altre dipendenze gravi
- Prima di qualsiasi attività che richieda controllo (guida, controlli tecnici)
Per il resto, un bel lavoro effettuato sulle partecipanti ad uno degli studi più lunghi e numerosi svolti negli USA e pubblicato nel 2016 su American Journal of Public Health ha chiaramente definito che l’uso di un drink al giorno è statisticamente associato a un rischio minore di ipertensione, di infarto cardiaco, di morte improvvisa, di demenza senile, di calcoli biliari e globalmente a una riduzione del rischio di morte per qualsiasi causa (cancro incluso), a dispetto del fatto che per alcune patologie tumorali il rischio indotto anche dal bere moderato possa crescere, anche se di poco, come ad esempio 4% per il tumore del seno (Mostofsky E et al, Am J Public Health. 2016 Sep;106(9):1586-91. doi: 10.2105/AJPH.2016.303336. Epub 2016 Jul 26).
Il dato finale cioè dice che la mortalità complessiva, per il bere moderato, si riduce nettamente e che quindi l’eventuale aumento di rischio tumorale è di molto compensato dal calo globale di mortalità. Per avere un’idea dei numeri, la mancanza di attività fisica aumenta il rischio del 16%.
La quantità e la qualità del prodotto alcolico utilizzato e anche il contesto in cui è bevuto, fanno davvero la differenza. La noce moscata ad esempio è gradevole e stuzzicante e trova posto in tutte le cucine, ma la polvere di un’intera noce potrebbe avvelenare un bambino. La maggiore o minore tossicità di un alimento dipende infatti dalla quantità utilizzata e dalla composizione complessiva della sostanza.
È ovvio che in questo momento storico, dove probabilmente giocano anche spinte di tipo religioso o ideologico che passano trasversalmente attraverso fondi di sostegno a istituzioni e comitati scientifici o attraverso lobby di interesse economico, esiste una lotta che va al di là del tema puramente scientifico, e proprio per questo diventa importante valutare con attenzione le diverse fonti.
Basti pensare che l’articolo di Moskofsky sopra citato è stato riportato da alcuni enti come indicazione alla necessità di evitare anche il bere moderato, classificando il rischio “alcol” come assoluto, evitando qualsiasi riferimento alla riduzione del rischio morte da tutte le cause definito dallo stesso articolo.
Fortunatamente molti ricercatori, grazie anche all’approfondimento continuo delle conoscenze nutrizionali, stanno studiando la diversa qualità degli alcolici, trovando forti differenze tra uso di alimenti (come il vino o la birra) e uso di concentrati alcolici ad elevata gradazione (superalcolici).
Per anni, del vino ad esempio è stato valutato solo il suo contenuto alcolico mentre le ricerche più recenti hanno consentito di valorizzare il ruolo antiossidante, antinfiammatorio e di modulazione metabolica di sostanze vegetali, come polifenoli, stilbeni, flavonoidi o altre sostanze presenti nel vino di qualità, che possono svolgere un’azione documentata di modulazione e contrasto su diabete, sindrome metabolica, danno epatico e neuronale.
Si sta scoprendo che la risposta al vino è individuale e non dipende solo dalla quantità di alcol contenuta, ma dal peculiare metabolismo di chi lo beve, uscendo così dal concetto che il vino faccia bene o faccia male in assoluto, come oggi molti cercano di sostenere.
Fin dal 2003 sappiamo che il vino può facilitare la comparsa di diabete soprattutto se nell’organismo c’è un certo livello di infiammazione, con elevazione contemporanea di IL6 e di IL1Beta (Spranger J. Et al, Diabetes 2003 Mar; 52(3): 812-817), riportandoci alle considerazioni sull’infiammazione da cibo come cofattore di molte malattie metaboliche.
Questo è il motivo per cui ha scatenato scalpore lo studio controllato di Gepner su soggetti diabetici di tipo 2 trattati per due anni, in cui il bere moderato ha dato un effetto protettivo sul metabolismo con una riduzione del rischio di malattie cardiovascolari proprio in soggetti diabetici (Gepner Y et al, Ann Intern Med. 2015 Oct 20;163(8):569-79. doi: 10.7326/M14-1650. Epub 2015 Oct 13).
Con qualche differenza tra le diverse nazioni, il concetto di “bere moderato” è espresso da una misura simile a una “Standard Unit” al giorno di alcol (175 ml di vino a 13 gradi o una pinta di birra a 4 gradi) che alcune nazioni, come la Gran Bretagna, suggeriscono (dopo avere moltiplicato per 6 la quantità) come quella da gestire nella settimana.
Considerazione più libertaria che espone però al rischio della assunzione cumulativa in un solo giorno. Negli Stati Uniti la “alcool unit” è di 12 grammi di etanolo al dì, pari a 140 ml di vino o a 300 ml di birra o a 35 ml di superalcolico. Quantità che le donne dovrebbero sempre dimezzare, anche se studi recenti non trovano più corrispondenza sulla diversità metabolica tra maschile e femminile. Ci sono poi studi olandesi che alzano un po’ questo limite.
Sì dunque al poco vino grazie alla combinazione di alcool e antiossidanti in una composizione che sempre più assume caratteristiche di alimento. Va bevuto durante i pasti, assolutamente non a digiuno, perché in quest’ultimo caso l’alcol è assorbito velocemente dall’organismo, crea scompensi metabolici e innalza l’indice glicemico.
Un NO secco invece a quantità superiori, ritenute cancerogene, come definito fin dal 2007 nell’ultimo convegno del World Cancer Research Fund. I forti bevitori rischiano tumori a esofago, pancreas, bocca, faringe, colon, mammella, fegato.
Nel lavoro citato all’inizio dell’articolo vengono riportate i valori di aumento del rischio di tumore della mammella, che è bene valutare nel loro insieme:
- 4% con il bere moderato (definito minore di 12,5 g/giorno di etanolo)
- 16% in mancanza di attività fisica
- 25% con il fumo
- 39% con un BMI maggiore di 30 (obesità)
- 61% con elevata assunzione di alcol (dai 50 g/giorno di etanolo in su)
Questa sequenza ha portato alcuni centri, come il Portman Group (istituzione che si occupa dalla sua nascita del “bere responsabile”) a contrastare il modo “estremista” di presentare i dati sul rapporto alcol/salute e ha riportato un confronto interessante tra il rischio morte da “alcol moderato” e quello indotto dal semplice stare seduti a guardare la TV per un’ora al giorno. Guardarlo fa bene…
Va sempre considerato poi che il nostro paese ha con il vino un approccio unico nel suo genere: per gli italiani non ha infatti soltanto un valore nutrizionale, ma anche di socialità, cultura e intrattenimento.
Tutti fattori che contribuiscono a mantenere la sana abitudine del bere poco e bene trasformando la conoscenza del vino e del modo di berlo in un fattore che può anche diventare educazione alla responsabilità e alla consapevolezza con una guida alla capacità di autocontrollo e di gestione della misura.