Tiroide
Il trattamento di forme patologiche riguardanti la tiroide è sicuramente di competenza del medico, e spesso anche dell’endocrinologo.
Sebbene sia sempre indispensabile un inquadramento diagnostico e terapeutico medico, è possibile affiancare un supporto dietetico e naturale con buoni risultati sia sul piano del riequilibrio della funzione tiroidea sia per il controllo dei sintomi associati all’ipotiroidismo o all’ipertiroidismo.
A tal proposito si suggerisce di valutare altre voci correlate come Stanchezza, Insonnia, Ansia, Palpitazioni, Diarrea e Stitichezza, per ritrovare le giuste tracce per intervenire sui sintomi che maggiormente infastidiscono la persona con problemi tiroidei.
Esami di laboratorio come FT3, FT4 e TSH valutano la funzione tiroidea: i primi due sono gli ormoni prodotti dalla tiroide mentre il TSH è un ormone che dice alla tiroide quando deve funzionare e viene prodotto da una ghiandola chiamata ipofisi.
Questa “stazione di controllo ormonale” percepisce momento per momento la concentrazione di ormoni tiroidei nel sangue e se la loro concentrazione è troppo bassa libera più TSH per stimolare la tiroide a funzionare di più mentre se è troppo alta riduce la produzione di TSH per evitare che la tiroide funzioni troppo.
Esistono situazioni in cui è possibile trovare valori di TSH sopra la norma, ma con concentrazioni di FT3 e FT4 ancora perfettamente nei range. Questa condizione è definita ipotiroidismo subclinico.
L’aggettivo “subclinico” sta a indicare che in situazioni di questo tipo il paziente molto spesso non accusa nessuna sintomatologia e quello che sta accadendo è solo che la tiroide ha rallentato un poco la produzione di ormoni, ma i meccanismi di feedback e compenso dell’organismo stanno mantenendo la situazione in equilibrio.
In caso di ipotiroidismo subclinico, c’è spesso la tendenza a trattare immediatamente le persone con un innalzamento di TSH con un supporto di Levotiroxina (molecola famosa in commercio con il nome di Eutirox, Tirosint, Tiche), con l’obiettivo di riportare nella norma i valori (in genere sotto le 4.5 mUI/L). Un articolo pubblicato ad aprile del 2017 sul New England Journal of Medicine da un gruppo di ricercatori britannici ha dimostrato che, almeno nei soggetti con età superiore ai 65 anni, valori di TSH fino a 10 mUI/L possono essere perfettamente tollerati senza la necessità di iniziare una terapia ormonale sostitutiva con Levotiroxina e che questo non pregiudica in alcun modo le condizioni cliniche dei pazienti (Stott DJ et al. (2017) N Engl J Med 376:2534–2544).
Alla studio della funzione tiroidea si affiancano a livello diagnostico altri esami utili per identificare le possibile cause di un’alterazione del funzionamento della tiroide.
Gli anticorpi anti-tireoglobulina (antiTG) e quelli anti-tireoperossidasi (antiTPO) sono due anticorpi rivolti contro la tiroide. La loro presenta identifica il quadro di tiroidite autoimmune di Hashimoto, questo tuttavia non vuol dire automaticamente che la tiroide abbia smesso di funzionare, ma solo che è infiammata e c’è un rischio aumentato, anno dopo anno, che la funzione tiroidea cali fino a un quadro di ipotiroidismo conclamato.
La positività di questi anticorpi non deve creare allarme e indica solamente la necessità di controllare la funzione tiroidea periodicamente, soprattutto in relazione alla comparsa di sintomi che possano indicare un mal funzionamento della tiroide, come un aumento ingiustificato di peso, una eccessiva sensazione di freddo, una forte stanchezza immotivata, così come un’eccessiva stitichezza.
Altri tipi di anticorpi, chiamati anticorpi anti-recettore del TSH (antiTSHR) indicano invece un’altra patologia, chiamata malattia di Basedow-Graves, in cui la tiroide è stimolata a funzionare di più e si ha un quadro di ipertiroidismo con sintomi come le palpitazioni, l’insonnia, l’agitazione, il dimagrimento, l’accelerazione del transito intestinale, i disturbi oculari e così via.
Tra i possibili meccanismi patogenetici alla base delle malattie appena descritte c’è una molecola infiammatoria, chiama BAFF (B Cell Activating Factor), che testimonia l’aumento dei livelli infiammatori tipico delle patologie autoimmuni in genere. Un articolo pubblicato nel 2012 sul Journal of Clinical Endocrynology and Metabolism da ricercatori italiani ha confermato l’importanza del BAFF nell’ipertiroidismo connesso alla malattia di Basedow-Graves (Vannucchi G et al. (2012) J Clin Endocrinol Metab 97:E755–9) così come uno studio pubblicato nel 2015 su Thyroid nel settembre 2015 dallo stesso gruppo di ricerca milanese ha ipotizzato che il BAFF e i suoi recettori siano coinvolti nella nella genesi delle malattie autoimmuni tiroidee (Campi I et al. (2015) Thyroid 25:1043–1049).
Agli esami ematici è importante affiancare esami strumentali come lo studio ecografico della tiroide per valutare la struttura della ghiandola, la sua ecogenicità, la presenza di eventuali noduli e il loro pattern vascolare e più in generale il pattern vascolare dell’intera ghiandola.
L’inquadramento diagnostico dei problemi tiroidei deve essere affidato a un medico e spesso anche a un endocrinologo che valuterà esami di secondo livello e un’eventuale terapia di tipo farmacologo ma sono convinto che conoscere il significato dei più comuni test diagnostici possa essere d’aiuto a chiunque per comprendere la natura dei propri sintomi.
Dieta
Il corretto funzionamento della tiroide è indispensabile per il buon andamento dell’intero sistema ormonale e, sebbene l’effetto degli ormoni tiroidei vada ben oltre il semplice dimagrimento o ingrassamento, una delle funzioni più importante di questi ormoni è quella di regolare il consumo energetico dell’organismo.
Allo stesso modo la condizione metabolica di un individuo può condizionare in maniera determinante la sua funziona tiroidea. Se fino a qualche anno fa si riteneva che l’aumento di peso dei pazienti che soffrivano di problemi tiroidei fosse dovuto a una riduzione della funziona della tiroide stessa, molti lavori iniziano a ipotizzare un meccanismo inverso, sostenendo che l’aumento di peso e tutta una serie di abitudini alimentari errate, come ad esempio un’assunzione eccessiva di carboidrati semplici, porti a una riduzione della funzione tiroidea.
Alla luce di questi studi, un corretto stile di vita deve rappresentare una linea di intervento terapeutico da integrare a un’eventuale trattamento farmacologico delle alterazioni della funzione tiroidea.
Una prima colazione abbondante, che bilanci correttamente carboidrati e proteine, rappresenta probabilmente uno dei segnali più importanti per sostenere sul piano nutrizionale la funzionalità tiroidea. È importante che la prima colazione diventi il pasto più abbondante della giornata, seguita da un pranzo ben bilanciato e da una cena leggerissima.
Anche l’attività fisica è di grande aiuto per accelerare il metabolismo e per chi ha problemi di tiroide deve diventare parte integrante della propria quotidianità: è sufficiente una passeggiata a passo svelto di almeno 30 minuti tutti i giorni per fare davvero la differenza sul piano metabolico.
Molto importante anche lo studio dell’infiammazione da cibo. L’effettuazione di un test come Recaller o BioMarkers, permette di valutare, oltre al proprio personale profilo alimentare con lo studio delle Immunoglobuline G (IgG) anche due molecole infiammatorie, il PAF e il BAFF. In particolare quest’ultima molecola infiammatoria è la stessa per cui è stato ipotizzato un ruolo nella patogenesi della patologie autoimmuni tiroidea.
Sulla base delle positività di questo test è possibile impostare uno schema di rotazione settimanale con giorni in cui evitare di assumere gli alimenti che rientrano nei grandi gruppi alimentari segnalati e giorni in cui invece reintrodurli. È infatti sbagliato pensare che i cibi risultati positivi al test siano “cattivi”: uno schema alimentare di rotazione come questo, che rispecchia in tutto e per tutto lo svezzamento infantile, ha l’obiettivo di rieducare l’organismo verso il recupero della tolleranza immunologica per questi alimenti e la riduzione dei livelli di infiammazione da cibo a partire dai livelli di BAFF.
In affiancamento a un reale cambiamento del proprio stile di vita è utile anche l’integrazione con un amminoacido come la Tirosina, che stimola la produzione di ormoni da parte della tiroide. Si utilizzerà, ad esempio, una capsula a prima colazione di un prodotto come Amino Tirosina 500 per cicli anche prolungati di trattamento.
Se la tiroide inizia a rallentare il suo funzionamento, è utile intervenire integrando minerali come selenio e iodio che favoriscono, insieme alla tirosina, la produzione di ormoni tiroidei. Si utilizzerà ad esempio una capsula a prima colazione di un prodotto come Oximix Multi+ Complete per cicli di circa 3-4 mesi consecutivi.
Il Selenio può essere utilizzato anche singolarmente e si è rivelato particolarmente utile nel trattamento della tiroiditi autoimmuni. Si utilizzerà ad esempio un prodotto come Selenio Vitamina C di cui utilizzare 2,5 ml sempre a cena.
Anche l’utilizzo di un prodotto come Zerotox Ribilla grazie alla sua azione antinfiammatoria può rivelarsi di grade aiuto per mettere la tiroide nelle condizioni migliori per funzionare. Si utilizzeranno 2 perle a prima colazione e 2 perle a cena per cicli terapeutici di circa un mese serenamente ripetibili nel corso dell’anno.