Steatosi epatica
La steatosi epatica, termine tecnico per definire il famoso “fegato grasso”, è una condizione sempre più frequente nei Paesi industrializzati ed è data, appunto, dall’accumulo di grasso nel fegato.
Si ritiene che ne sia affetto circa un terzo della popolazione adulta, stima che risulta per difetto se si considerano alcuni sottogruppi di persone: colpisce infatti il 50% dei diabetici e l’80% degli obesi.
Parlare di accumulo di grasso nel fegato, nei soggetti non alcolisti, significa parlare della cosiddetta NAFLD (Non Alcoholic Fatty Liver Disease, malattia da fegato grasso non alcolica), che però ha uno spettro di manifestazioni molto vario.
Si può passare infatti dalla “semplice” steatosi, in cui l’accumulo non dà segno di sé, alla NASH (Non Alcoholic Steato-Hepatitis, steatoepatite non alcolica), ovvero una condizione in cui questo accumulo anomalo di grasso crea infiammazione (da cui il termine “epatite”) e quindi danno progressivo al fegato.
La diagnosi di NASH viene definita “di esclusione”, ovvero per essere formulata richiede che tutte le altre cause di danno epatico vengano esaminate e scongiurate.
Data la possibilità di rimanere una malattia “silente” dal punto di vista degli esami ematici si stima che solo in poco più di un terzo dei pazienti con NAFLD questa condizione sia stata diagnosticata e quindi si sia intrapresa una qualche forma di terapia.
Come la quasi totalità delle malattie del fegato è pressoché asintomatica fino a che non sopraggiungono le complicanze date dalla progressione del danno epatico.
Il quadro più tipico è quello del riscontro di un incremento delle transaminasi e delle gamma-GT associato ad un fegato “brillante” all’ecografia.
Va ricordato che il riscontro ecografico di fegato steatosico indica che una percentuale rilevante della massa epatica è interessata dall’infarcimento di grasso.
In passato si era portati a pensare che steatosi e steatoepatite (NASH), proprio per la loro ubiquitarietà, non fossero condizioni di cui preoccuparsi, ma ora sappiamo che fino ad un terzo dei pazienti con NAFLD (quindi un fegato grasso, ma senza una franca risposta infiammatoria) svilupperà NASH (quindi infiammazione e danno grave agli epatociti, le cellule del fegato).
La NASH a sua volta può portare allo sviluppo di fibrosi e poi di cirrosi, ed indurre la trasformazione cellulare verso l’epatocarcinoma (un tumore maligno primitivo del fegato).
La NAFLD (e la NASH) si inseriscono nel contesto delle “malattie metaboliche”, definite anche malattie “del benessere”, trovando quindi la loro origine in un’alimentazione ricca di carboidrati raffinati, zuccheri ed alimenti processati.
A supporto di questo vi è sia la sempre maggiore diffusione di questa condizione nei Paesi industrializzati.
Nonostante l’accumulo di grasso nel fegato sia una condizione così diffusa, ad oggi non esiste una terapia farmacologica approvata e che sia stata scientificamente dimostrata efficace, anche se vi sono promettenti farmaci in fasi avanzate di sperimentazione.
Le uniche misure che si sono dimostrate efficaci sono le modificazioni dietetiche e comportamentali.
Il controllo della secrezione insulinica, attraverso l’utilizzo di carboidrati integrali, l’abbinamento di carboidrati e proteine ad ogni pasto, il giusto apporto di proteine durante la giornata e l’utilizzo di grassi “buoni”, insieme all’attività fisica, si rivelano la strategia molto spesso vincente in questi pazienti.
Lo schema preferito
Proprio per l’importanza che rivestono ad oggi le modifiche nutrizionali e l’attività fisica nel combattere la NAFLD, l’impostazione di una dieta corretta e la pianificazione dell’allenamento consentono di ottenere grandi risultati.
In questa condizione, ed ancora di più nella NASH che si caratterizza per una spiccata componente infiammatoria, trova indicazione l’utilizzo di test in grado di misurare particolari citochine e la reattività individuale ai grandi gruppi alimentari, andando quindi ad impostare una dieta di rotazione in grado di ottimizzare il recupero della tolleranza e la riduzione dell’infiammazione.
Questo schema viene utilizzato con successo presso il centro medico SMA di Milano.
Possono rendersi utili nella definizione del quadro esami ematici e radiologici al fine di definire la corretta eziologia (la causa) dell’epatopatia e la stadiazione di questa (ovvero la “quantità” di danno al fegato).
Nella riduzione dell’infiammazione possono trovare indicazione integratori a base di olio di perilla ed estratto di curcuma.
Nel migliorare la sensibilità insulinica può trovare indicazione la supplementazione con sali minerali.