Reattività a Latte

Sinonimi: Ipersensibilità a Latte, Ipersensibilità a proteine del latte e bovine
di Attilio Speciani - Allergologo e Immunologo Clinico

Quando si accusano fastidi del sistema gastrointestinale (come la sindrome del colon irritabile) si riconduce spesso la causa a una presunta “intolleranza” al lattosio. 

Questa ipotetica intolleranza viene quasi sempre confusa con la reazione immunologica alle proteine del latte, mentre le due entità sono ben distinte e separate.

La reattività alle proteine del latte è una condizione molto diffusa nella popolazione, dovuta alla frequente assunzione di questi derivati nella popolazione europea, e spesso indipendente dalla intolleranza al lattosio. 

Le recenti ricerche scientifiche hanno evidenziato che la utilizzazione frequente o ripetitiva di un alimento può indurre la produzione di citochine infiammatorie come BAFF (B Cell Activating Factor) o PAF (Platelet Activating Factor) e provocare tutti i sintomi infiammatori di solito dovuti al cibo.

Capire il livello di infiammazione correlata al cibo eventualmente presente in una persona permette di agire in conseguenza per ridurlo e quindi portare la persona a riconquistare il suo benessere. 

La scorretta tendenza comune è di eliminare dalla propria dieta l’alimento ritenuto colpevole dei disturbi fisici e di conseguenza a sostituirlo con un altro, non realizzando che il paziente in questione potrebbe in seguito sviluppare una sintomatologia simile verso il “nuovo” alimento.

Una delle situazioni più diffuse in area “Europa” è quella della reattività al latte e ai prodotti lattiero-caseari o di derivazione bovina, e ribadisco che è profondamente diversa dall’intolleranza al lattosio (il principale zucchero del latte), che è una delle due sole condizioni che la scienza chiama intolleranza e che riguarda una carenza esclusivamente biochimica (e non immunologica) dell’enzima  lattasi, capace di scindere questa molecola per renderla digeribile: si tratta di una reazione che può solo portare alla manifestazione di diarrea o di altri disturbi intestinali.

L’altra sola intolleranza riconosciuta dalla scienza è quella della intolleranza al glutine (celiachia).

Gli altri fenomeni immunologici sono legati alla infiammazione da cibo. 

Per anni c’è stata una notevole confusione legata alla terminologia utilizzata, per l’uso improprio del termine “intolleranza”. Infatti il termine ormai obsoleto di intolleranza alimentare va invece capito come un fenomeno infiammatorio da cibo dovuto alle proteine del latte e più in generale alle proteine di derivazione bovina, come pubblicato fin dal 1996 sull’American Journal of Clinical Nutrition (Shoda R et al, Am J Clin Nutr. 1996 May;63(5):741-5). 

 Cause

La causa fondamentale di una reattività al latte e alle sostanze di derivazione bovina non dipende certo dal fatto che il latte sia “cattivo”. Dipende da un eccesso alimentare di prodotti lattiero-caseari o dalla continua utilizzazione quotidiana anche di piccole quantità di alimenti correlati al latte. 

Evidenze scientifiche (come le scoperte di Finkelman e Ligaarden) hanno documentato che il problema non dipende dal singolo cibo, ma dal modo in cui gli alimenti reagiscono nell’organismo.  

Le Immunoglobuline G (IgG) nei confronti di un alimento possono essere semplicemente il segno di una precedente attivazione immunologica nei confronti di quel cibo (Finkelman FD, “Anaphylaxis: lessons from mouse models, J Allergy Clin Immunol. 2007 Sep;120(3):506-15; quiz 516-7).

Inoltre, chi mangia frequentemente gli stessi alimenti troverà che la causa dell’infiammazione da cibo dipende proprio da quei gruppi alimentari assunti in eccesso (Ligaarden S. et al., “IgG and IgG4 antibodies in subjects with irritable bowel syndrome: a case control study in the general population”, BMC gastroenterology 2012, DOI: 10.1186/1471-230X-12-166).

Le proteine del latte e quelle bovine sono presenti in molti alimenti.

Spesso non si è a conoscenza che in numerosissime preparazioni dell’industria alimentare il latte è presente sia in quanto tale sia in molti suoi derivati, come “siero di latte” o “proteine del latte”; una particolare attenzione va quindi posta alle etichette che recano le diciture “siero di latte”, “lattoalbumina”, “latto globulina”, “caseina” o “proteine del latte o vaccine”.

È importante anche valutare l’origine del latte stesso, in quanto nel latte di tutte le specie animali c’è una parte terminale della molecola della lattoalbumina che è rimasta identica nell’evoluzione delle diverse specie viventi, che può determinare reazioni crociate in breve tempo.

 Segnali

Un individuo intollerante al lattosio, può bere tranquillamente del latte delattosato o mangiare formaggi stagionati (in cui il lattosio è praticamente assente, grazie alla stagionatura stessa), ma continuerà a manifestare disturbi (come mal di testa o la colite) se fosse ipersensibile alle proteine del latte, ben presenti in qualsiasi altro latticino anche se privo di lattosio.                                                                    

La reazione alle proteine del latte e a quelle bovine determina una risposta infiammatoria diffusa, coinvolgendo tutto l’organismo con diverse sintomatologie, come emicrania, colite, acne, artrite, diarrea o costipazione, gonfiori e difficoltà di digestione.

La presenza di infiammazione da cibo, oltre ai disturbi e fastidi immediati che si avvertono, può avere conseguenze ben più importanti per tutto l’organismo, come accentuare la resistenza insulinica e stimolare l’aumento di peso.

La cura a queste condizioni può dunque avvenire seguendo un regime alimentare bilanciato in cui i cibi del “gruppo latte” vengano consumati solo sporadicamente e reintrodotti gradualmente nella dieta quotidiana, tuttavia senza la loro eliminazione. Si propone quindi un percorso simile allo svezzamento infantile, che riporti l’organismo a tollerare questi alimenti dando al sistema immunitario dei momenti di “respiro” dal contatto di questi cibi.

Anche la carne bovina in molti casi determina un aumento dell’infiammazione da cibo in chi ha una reattività alle proteine del latte, per analogia delle proteine della carne con quelle del latte e riconosciute per cui come “estranee” dall’organismo.

Molte preoccupazioni in chi risulta reattivo al gruppo del latte derivano dal timore di aggravare condizioni come osteoporosi o osteopenia per il diminuito apporto di minerali importanti, primo fra tutti il calcio.

In realtà, in persone affette da tali disturbi che siano costrette a modificare le loro abitudini alimentari riguardo al latte e ai suoi derivati non si verifica nessuna conseguenza negativa o “carenza” di questo o altri elementi, in quanto è possibile introdurre un adeguato apporto di calcio anche da numerosi alimenti di origine vegetale (ad esempio con le mandorle, gli spinaci, i broccoli, le arance).

 Trattamento

Dopo avere effettuato un test Recaller o BioMarkers, per la misura dell’infiammazione e la identificazione del Profilo Alimentare personale, si potrà passare alla impostazione della dieta di rotazione più indicata. 

Il trattamento per chi soffre di una particolare reattività verso il gruppo alimentare del latte e dei prodotti lattiero caseari riguarda principalmente la dieta.

Studi immunologici hanno evidenziato quanto non sia l’alimento stesso ma piuttosto la quantità e frequenza di assunzione a provocare una reazione al latte o derivati o altro. 

L’approccio ideale sia per prevenire una reazione al cibo sia per individuarla quando sia comparsa, è analizzare il livello di infiammazione e il proprio profilo alimentare e di conseguenza impostare una dieta di rotazione che gradualmente consenta il pieno recupero della tolleranza alimentare.

L’alimentazione di chi si dimostra reattivo al latte va dunque impostata secondo una precisa dieta di rotazione (e non di eliminazione), in cui inizialmente sono previsti 7 pasti di dieta libera a settimana su 21, che vengono gradualmente incrementati in relazione al miglioramento dei sintomi.

Se la risposta clinica è progressivamente in miglioramento, si può espandere ulteriormente l’assunzione degli alimenti controllati e nel giro di altri 2-3 mesi arrivare a una dieta che preveda almeno un giorno di restrizione alla settimana e controlli sistematici sovraccarichi nei restanti giorni.

Per chi risultasse reattivo al gruppo del latte sarà opportuno limitare solo nei giorni consentiti gli alimenti appartenenti a questo Grande Gruppo Alimentare.

È opportuno sottolineare che quando si parla di cibi legati alle proteine del latte si intendono anche alimenti che non sono sempre facilmente riconducibili a questo gruppo.

A parte, ovviamente il latte e suoi derivati (yogurt, panna, burro, mozzarella, ricotta anche se delattosati), chiunque dimostri una reattività verso questo alimento dovrà limitare ai giorni di dieta anche la carne bovina (sia fresca che conservata) e suoi derivati (come sughi, brodo…).

Lo stesso vale per prodotti di pasticceria, alcuni tipi di cioccolato, molti dolciumi ma anche integratori per sportivi (che utilizzano spesso proteine del siero di latte).

Una nota importante riguarda i farmaci, che possono contenere lattosio o similari tra gli eccipienti, e le preparazioni per neonati.

A fronte di queste nozioni, sarà opportuno impostare l’alimentazione consumando prodotti di derivazione latteo-casearia solo nei giorni di dieta “libera” mentre negli altri giorni si dovrà sostituire il latte con prodotti vegetali, come ad esempio latte di soia o di mandorle. 

In seguito la ristrettezza dietetica si attenua a vantaggio di una maggiore varietà alimentare.

 Integrazione

L’utilizzo concomitante di integratori specifici (a base di minerali, enzimi, estratti vegetali) può contribuire a favorire processi digestivi, alleviare situazioni infiammatorie e riportare equilibrio in diverse funzioni metaboliche.

Tra i prodotti più spesso suggeriti abbiamo gli enzimi digestivi (Enzitox, o altri come Erbenzym Digest), la Ribilla (a base di olio di Perilla e olio di Ribes) e spesso anche i probiotici (tra i più attivi Inolact Infantis, per la sua composizione priva di latte e derivati del latte), che sono ottimi supporti alla guarigione. 

Per facilitare la digestione del lattosio dovuto all’intolleranza biochimica digestiva basta un controllo della dose di lattosio introdotta o l’uso di enzimi contenenti lattasi (come il già citato Zerotox Enzitox che la contiene).

Il corretto apporto di minerali come zinco, rame e manganese mantiene l’efficienza della risposta immunitaria e prodotti come Oximix Multi+ e Oximix 3+ sono tra quelli più indicati per la soluzione dei problemi di reazione alimentare.

 Prevenzione
 

La vera prevenzione di una reazione infiammatoria da cibo si ottiene attraverso la varietà alimentare, la masticazione adeguata, e il rispetto di tempi di riposo dall’assunzione sistematica e quotidiana.

Come pubblicato su PlosOne (Cai C et al, PLoS One. 2014 Nov 13;9(11):e112154. doi: 10.1371/journal.pone.0112154. eCollection 2014), la stessa malattia (colite ulcerativa o malattia di Crohn) in differenti regioni del mondo è dovuta cibi diversi specificamente più consumati dalla popolazione.

 Cause

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 Trattamento

 Integrazione

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