Palpitazioni
Le aritmie cardiache sono un fenomeno molto frequente nella popolazione generale.
Quando si sente il cuore battere forte o con un ritmo irregolare è importante consultare il proprio cardiologo di fiducia per inquadrare la situazione.
Le cause di un’aritmia sono le più disparate. In alcuni casi questo sintomo è dovuto a un difetto nel sistema elettrico del cuore, in altri casi può dipendere da alterazioni anatomiche di quest’organo, come dopo un’infarto o un’operazione al cuore, ma in molti casi le ragioni che portano ad alterazioni del ritmo cardiaco rimangono poco chiare e ci si limita a intervenire solo sul piano sintomatico.
Tra tutte le patologie che possono essere affrontate cambiando il proprio stile di vita, le aritmie sono tra quelle per cui è più difficile comprendere il nesso causale tra cibo e sintomatologia. Questa connessione è tanto più importante per quelle aritmie in cui non si è in grado di definire con sicurezza uno specifico malfunzionamento cardiaco.
Spesso quando si pensa a una correlazione tra dieta e aritmie ci si sofferma esclusivamente su alcuni cibi o bevande, come il caffè, l’alcol, i formaggi e certi cibi molto fermentati, che svolgono un’azione diretta, quasi farmacologica, sull’induzione della sintomatologia. Il ruolo della dieta nella patogenesi delle aritmie va ben oltre questi aspetti ed è necessario studiare come il cibo possa rappresentare uno stimolo infiammatorio sul cuore.
I primi lavori scientifici sulla possibile connessione tra alimentazione e aritmie sono stati pubblicati nei primi anni ’90 da De Luca che ha studiato come nei bambini che avevano un’ipersensibilità alimentare già nota, l’assunzione degli alimenti a cui erano reattivi determinava un innalzamento della frequenza cardiaca in aggiunta alle reazioni di tipo intestinale e polmonare dovute alla reattività alimentare (De Luca L et al., Pediatr Med Chir 1990;12(2):139-45).
Queste osservazioni confermavano, già allora, come alcune alterazioni del ritmo cardiaco potessero dipendere da uno stimolo infiammatorio indotto, a livello intestinale, dall’incontro con il cibo.
Questi primi indizi sono stati confermati da lavori, metodologicamente più accurati, che hanno evidenziato come tra i fattori scatenanti alla base della patogenesi delle aritmie ci sono alcune citochine infiammatorie, le stesse che aumentano in caso di infiammazione da cibo.
Un lavoro pubblicato sulla prestigiosa rivista PLoS One nel 2016 da un gruppo di cardiologi statunitensi ha messo in evidenza come nella fibrillazione atriale, una delle aritmie di più frequente riscontro, i livelli di Interleuchina 6 (IL-6) fossero un fattore predittivo della gravità della situazione totalmente indipendente da altri (Amdur RL et al. PLoS ONE 2016;11(2):e0148189).
A conferma di questo, un articolo scientifico pubblicato su Trends in Cardiovascular Medicine agli inizi del 2017 ha documentato come il TNF-alfa possa incidere sulla presentazioni delle aritmie in una patologia cardiaca come la malattia di Chagas (Cruz JS et al. Trends Cardiovasc Med 2017;27(2):81–91).
Indipendentemente dal tipo di aritmia, questi lavori suggeriscono come l’incremento di alcune specifiche citochine infiammatorie possano scatenare, o addirittura indurre, cardiopalmo, fibrillazione atriale, tachiaritmie o extrasistoli.
Tutto questo significa che misurare i livelli di infiammazione e comprendere il profilo alimentare di una persona con l’obiettivo di impostare una corretta dieta per ridurre l’infiammazione da cibo può, in un approccio integrato, contribuire al controllo della sintomatologia in molte forme di aritmia.
L’effettuazione di un test come Recaller o BioMarkers permette di identificare il proprio profilo alimentare e di misurare i livelli di infiammazione. In base a questi risultati si imposterà una dieta di rotazione settimanale con giorni in cui evitare gli alimenti a cui si è risultati più reattivi e giorni in cui invece reintrodurli con l’obiettivo di recuperare la tolleranza alimentare e ridurre l’infiammazione da cibo.
Agopuntura
Una meta-analisi pubblicata nel giugno di quest’anno su Frontiers In Physiology ha dimostrato che l’agopuntura ha un’efficacia paragonabile a molti farmaci anti-aritmici nel trattamento di diversi tipi di aritmie (Li Y et al. Front Physiol 2017;8:358).
Oltre tutto, l’effetto dei farmaci e dell’agopuntura si potenzia vicendevolmente aprendo la strada a un utilizzo combinato di questi due approcci terapeutici.
Questo lavoro scientifico riprende un studio pubblicato da un gruppo di ricerca tutto milanese, guidato dal dott. Alberto Lomuscio, che conferma come l’agopuntura sia efficace nella prevenzione degli episodi di fibrillazione atriale (Lomuscio A et al. J Cardiovasc Electrophysiol 2011;22(3):241–7).
Secondo la Medicina Tradizionale Cinese, un sintomo come il cardiopalmo testimonia una forte disarmonia interna che necessita tempo per essere riequilibrata.
In caso di aritmie, solitamente si inizia prevedendo una seduta di agopuntura alla settimana per 4-5 settimane consecutive. La frequenza delle sedute deve essere valutata da paziente a paziente in base ai risultati ottenuti con l’obiettivo di arrivare a mantenere una seduta al mese anche per lunghi periodi.
Minerali
Quando si discute di ritmo cardiaco non si può non citare il Magnesio. Questo oligoelemento svolge un’azione calcio-antagonista naturale ed è molto utile per stabilizzare la frequenza cardiaca e per migliorare la salute del cuore.
Una meta-analisi pubblicata sull’American Journal of Clinical Nutrition nel 2013 da un gruppo di ricercatori dell’Harvard Medical School di Boston ha valutato la relazione tra l’assunzione di Magnesio e il rischio cardiovascolare (Del Gobbo LC et al., Am J Clin Nutr 2013;98(1):160–73).
Livelli ematici più alti di magnesio sono stati associati, in modo significativo, a un minor rischio di malattie cardiovascolari, come le aritmie, a un minor rischio di infarto e a un minor rischio di infarto fatale. Allo stesso modo, più alti livelli di assunzione di Magnesio con la dieta sono stati associato a un rischio significativamente più basso di infarto.
Questi risultati supportano l’importanza di raccomandare una maggior assunzione di alimenti ricchi di Magnesio, come cereali integrali, semi oleosi e verdure, fino, se necessario, a raccomandare la sua integrazione nei soggetti più a rischio.
Per un’integrazione di Magnesio efficace è possibile utilizzare, ad esempio, un prodotto come Zerotox MG3 al dosaggio di 1 capsula ai tre pasti, per cicli terapeutici anche prolungati. Questo prodotto contiene tre differenti sali organici di Magnesio, tutti dotati di un’alta biodisponibilità, e grazie a questo, può essere utilizzato senza rischio di sovradosaggio o di problemi intestinali.
Molto utile anche un prodotto come Oximix 4+ Relax, che oltre al Magnesio contiene anche Manganese ed estratti secchi di Biancospino e Arancio dolce per un’azione più completa. Solitamente il dosaggio è di 1 capsula a prima colazione da mantenere anche per lunghi periodi. In fase acuta il dosaggio di questo prodotto può essere raddoppiata aggiungendo una seconda capsula anche a cena per brevi cicli di 10-15 giorni.
Rimedi naturali
Molti rimedi naturali sono efficaci, da soli o in affiancamento alla terapia farmacologica, per modulare un sintomo come il cardiopalmo. In ogni caso le terapie farmacologiche già in essere vanno mantenute: l’obiettivo di un approccio integrato è quello di ridurre al dosaggio minimo efficace l’assunzione dei farmaci il cui dosaggio deve comunque essere valutato con attenzione dal proprio cardiologo di fiducia.
Tra tutti i rimedi fitoterapici attivi sul cuore, il Crataegus oxyacantha 1D MG, più semplicemente conosciuto come macerato glicerico di Biancospino, va sistematicamente utilizzato e può rappresentare un valido aiuto in caso di aritmie. Il dosaggio è di 30-40 gocce per due o tre volte al giorno. L’uso del Crataegus può essere anche molto duraturo.
Un altro prodotto derivato dal Biancospino è l’estratto fluido di Biancospino, che può pure essere assunto con continuità al dosaggio di 5-10 gocce durante i tre pasti e che è più indicato quando sia necessario intervenire in maniera più incisiva su ansie e preoccupazioni.
Alcuni infusi possono diventare buone abitudini della sera, per un uso anche continuativo, per chi ha effettivamente problemi di ipereccitabilità cardiaca: ad esempio, il Meliloto può essere utilizzato preparando un infuso di 10 minuti delle sommità fiorite con una presa per tazza d’acqua così lo stesso Biancospino, preparando un infuso di 10 minuti di fiori e bacche con una o due prese per tazza d’acqua.
Nella tradizione medica omeopatica, alcuni medicinali omeopatici possono essere utilizzati efficacemente, in affiancamento alla terapia farmacologica, a supporto in caso di aritmie.
Tra tutti, i due rimedi più utilizzati sul piano clinico sono Gelsemium 9 CH e Argentum nitricum 9 CH.
Il primo prodotto deve essere utilizzato quando le aritmie insorgono in seguito a uno spavento e si ha la sensazione che che il cuore ogni tanto smetta di battere. Diversamente un rimedio come Argentum nitricum è più adatto a persone frettolose e sempre preoccupate di qualcosa che deve accadere; le tachicardie insorgono improvvisamente in modo violento, soprattutto in occasione di fatti emotivi, e peggiorano di notte. Del rimedio scelto si utilizzeranno 3-4 granuli 2-3 volte al dì per un periodo di 10-15 giorni. In casi acuti l’assunzione di questi rimedi è ripetibile anche più volte al giorno, riducendo la frequenza in base al miglioramento ottenuto.