Meningite
Meningite, ricoveri, isolamento, vaccinazione, febbre alta, epidemia (e non ci sono in atto epidemie di meningite) sono termini che in questi mesi passano frequentemente sui mezzi di stampa scatenando allarme e preoccupazione, e anche molta confusione.
Si parla di meningite quando le meningi (che sono sottili membrane che ricoprono le strutture cerebrali) si infiammano o si infettano.
Le cause di questa irritazione possono essere numerose e non sempre sono dovute a batteri o alla trasmissione di qualche agente infettivo.
Giusto per fare un esempio basta pensare alla meningite post-traumatica o a quella legata ad altre malattie che determinano i loro effetti all’interno della scatola cranica scatenando una sintomatologia che a parte la febbre è del tutto simile a quella della meningite batterica, senza esserlo.
Esistono anche numerose forme di meningite virale, come ad esempio quella che potrebbe manifestarsi durante una mononucleosi molto forte, che pur essendo da curare con molta attenzione tende a risolversi in modo quasi spontaneo nel volgere di pochi giorni.
Questo spiega perché anche in questo periodo capita di sentire notizie di ricoveri per meningite per la quale i medici non segnalano rischi di contagio e non prescrivono alcun farmaco profilattico. Perché in molti casi la meningite non è diffusiva (cioè non genera contagio o rischio di epidemia) e anche se rimane una malattia da valutare con estrema attenzione può avere un minor impatto sociale rispetto a quanto si pensi di solito.
Vale la pena di segnalare che a oggi, 16 gennaio 2017, i dati ufficiali pubblicati dall’Istituto Superiore di Sanità tramite la struttura “Epicentro”, indicano che negli ultimi anni l’incidenza e la prevalenza della meningite da meningococco rimangono molto basse (senza evidenziare nessuna epidemia) e soprattutto con numeri che sono circa sullo stesso livello da anni (tra i 150 e i 200 casi all’anno).
Non c’è in questo momento nessun aumento consistente della frequenza di meningite batterica (nelle sue varie forme) in Italia o in Europa.
L’unico dato che si sta evidenziando nel 2015 e nel 2016 è un “sorpasso” da parte del sierotipo C (vaccinabile da anni) che è tornato a crescere dal 2014, anno in cui è stato immesso sul mercato il vaccino per il sierotipo B.
Fino al 2014 l’infezione da meningococco B era la più frequente in Italia e ora invece, da due anni, il sierotipo C causa la maggioranza dei casi.
La meningite per cui in troppi oggi si stanno spaventando, come se fosse un evento improvviso e inusuale, è quella dovuta a specifici batteri, di cui il più noto è la Neisseria meningitidis, un ospite frequente, in modo del tutto naturale, delle alte vie respiratorie, se si considera che dal 2 al 30% dei bambini e dal 5 al 10% degli adulti sono portatori sani di ceppi di meningococco. È responsabile di circa il 25% delle meningiti totali.
Il tema vero quindi non è quello di “sparare” sul meningococco, ma quello di capire perché un naturale commensale dell’uomo, improvvisamente diventi pericoloso, patogeno e infettivo.
La meningite batterica può comunque dipendere anche da altri microorganismi come lo pneumococco o l’Haemofilus influenzae, che è un batterio e non c’entra nulla con l’influenza anche se si chiama così.
La trasmissione avviene per contagio diretto attraverso le vie aeree (goccioline di saliva, secrezioni nasali e respiratorie), e il contatto con la persona malata o portatrice deve essere ravvicinato e avvenire in un ambiente chiuso.
Ci sono almeno 13 sierogruppi di meningococco, e di questi sei (A, B, C, X, Y e W-135) sono responsabili dei quadri più gravi che possono talvolta essere mortali. La malattia è più evidente in inverno e all’inizio del periodo primaverile.
La meningite giustamente allarma i genitori di bambini piccoli e molti adolescenti, sia per la possibile mortalità sia per i danni permanenti che può lasciare, soprattutto nei bambini, quando non viene diagnosticata e curata in tempo.
Le manifestazioni e le conseguenze sono tanto più pericolose quanto più è debole il sistema immunitario della persona che si ammala.
Una riflessione sulle risposte alla vaccinazione contro la meningite
Il vaccino usato fino ad ora, il tetravalente (A+C+Y+W135), pur avendo un’alta efficacia protettiva negli adulti (circa il 90%), ha due importanti limiti: in primo luogo non sembra offrire la necessaria copertura ai bambini (soprattutto se di età inferiore ai 2 anni) e in secondo luogo non è assolutamente efficace contro il sierotipo B, che era – per inciso – il tipo di meningococco di gran lunga predominante in Europa, Italia compresa, almeno fino al 2014; oggi abbiamo visto che è cresciuta nuovamente la dominanza del tipo C.
Inoltre la risposta vaccinale, pur alta, si avvicina la 90%, ma non è completa, e può succedere che persone o bambini vaccinati correttamente non reagiscano bene alla vaccinazione e non raggiungano lo sviluppo anticorpale necessario a dare un effetto protettivo.
Anche se la vaccinazione è sicuramente uno degli importanti aiuti che si possono dare a un bambino o a un adulto, si deve sapere che la vaccinazione per il tipo C (tetravalente) non copre per il B e all’inverso la vaccinazione per il B non copre per il C. Inoltre, nel corso di 5 anni, il titolo anticorpale cala in modo rilevante e anche i “vaccinati” potrebbero essere colpiti da una forma o da un’altra di meningite batterica o virale.
Significa che anche vaccinandosi, la scelta di impostare la propria strategia preventiva nei confronti della meningite solo sulla vaccinazione potrebbe non dare i risultati sperati.
Come abbiamo detto, il cardine del problema è che i batteri della meningite sono commensali normali dell’organismo umano che improvvisamente diventano patogeni.
A fianco della vaccinazione è quindi importante mantenere le azioni e i comportamenti alimentari che da sempre definiamo utili per migliorare le difese immunitarie perché la capacità difensiva si intensifichi con la sinergia dei due o più strumenti difensivi utilizzati.
La scelta di vaccinare o no i propri figli va sempre valutata consapevolmente con l’aiuto del proprio medico, in un bilancio costi-benefici che valuti il rischio reale di contagio e l’efficienza delle difese immunitarie del soggetto a rischio.
Come previsto dal calendario vaccinale, la vaccinazione contro il meningococco C è sempre offerta gratuitamente nei seguenti casi:
- ai nuovi nati (13 mesi di vita) secondo le modalità indicate nel calendario regionale;
- a tutti i ragazzi di età compresa tra gli 11 ed i 20 anni non vaccinati in precedenza o che sono già stati vaccinati, ma necessitano di un richiamo;
- ai soggetti a rischio individuati nel calendario vaccinale della regione.
Il nuovo piano vaccinale, definito all’inizio del 2017 definisce la gratuità anche del vaccino di tipo B e le diverse Regioni stanno arrivando, con tempi diversi, a rendere concreta questa possibilità.
Considerazioni sull’equilibrio tra diversi batteri
Approfondendo la conoscenza immunologica e epidemiologica, dai dati italiani degli ultimi anni si può vedere che non appena interviene una vaccinazione specifica, come ad esempio quella contro l’Haemofilus, si riducono i casi di meningite da Haemofilus, ma crescono in modo esattamente proporzionale quelli da Pneumococco.
Così è stato anche per la vaccinazione contro la Neisseria meningitidis tipo C. È cresciuta in Italia la meningite indotta da batteri di tipo B, e adesso, con la presenza del vaccino B, stanno crescendo di nuovo i casi da meningococco C.
Questo processo evidenzia una sorta di equilibrio biologico in cui soggetti deboli, anche se vaccinati contro un tipo di meningite, possono ammalarsi di un altro tipo di meningite, parimenti problematica.
Alcuni lavori come quello greco pubblicato nell’agosto del 2007 (Theodoridou MN et al, BMC Infect Dis 2007 Aug 30;7:101) hanno confermato questa tendenza.
Come difendersi
Come già delineato parlando di influenza, la prima strategia di difesa consiste nel ridurre al minimo le occasioni di contagio, facendo sì che le persone deboli o con un sistema immunitario non perfettamente funzionante evitino di frequentare spesso luoghi chiusi e affollati.
La seconda consiste nel migliorare la qualità delle risposte del nostro organismo, oltre che con la vaccinazione, discutendola con il proprio medico, anche attraverso l’alimentazione, seguendo le indicazioni presenti nell’articolo “Nutrirsi bene: le buone abitudini per la forma e il benessere” e controllando gli eccessi infiammatori dovuti all’alimentazione.
Le indicazioni date nella guida alla prevenzione delle malattie invernali sono perfettamente adeguate a tenere stimolato e attivo il sistema immunitario dell’organismo. Un potente supporto alla prevenzione sta in alcune attenzioni alimentari, nella integrazione minerale e nel mantenimento di un sistema immunitario efficiente. Come per tutte le malattie batteriche e virali.
La terza consiste nell’aumentare il livello di guardia e di attenzione per arrivare ad una diagnosi immediata.
Uno stato di allarme diffuso (anche tra gli operatori sanitari), come sta accadendo in questi giorni, è forse la maggiore garanzia di non incorrere in diagnosi tardive o addirittura errate, che sono poi la causa delle sequele più gravi e irrimediabili della malattia (quali ipoacusia, ritardo mentale, convulsioni, problemi comportamentali, difficoltà di linguaggio, ridotta mobilità degli arti, paralisi e disturbi trofici degli arti).
Una terapia tempestiva e adeguata significa aumentare di molto le possibilità di guarigione.
Cosa deve insospettirci
L’esordio della malattia, almeno nelle forme purulente, è improvviso, con brividi, febbre elevata, malessere ingravescente, cefalea ed eventualmente vomito. I sensi risultano spesso compromessi e si possono manifestare precocemente segni di torpore.
I segni più evidenti nei bambini, che devono indurre i genitori a consultare subito il medico, sono i seguenti: difficoltà ad alzarsi dal letto, rigidità della nuca (la flessione della testa in avanti può essere difficile e dolorosa), strano accavallamento delle gambe (il bambino cerca istintivamente una posizione antalgica, che dia sollievo alla rigidità nucale).
Inoltre il paziente ha un continuo lamento, presenta febbre alta che può superare anche i 40° e risponde poco agli stimoli esterni.
In presenza di questi sintomi, se il medico non è disponibile, i genitori devono trasferire immediatamente il piccolo in ospedale.
In caso di sintomi sospetti, la diagnosi verrà confermata o esclusa con un esame del sangue o meglio ancora con una puntura lombare: attraverso l’esame del liquor (che si altera molto presto in presenza della malattia) è possibile effettuare la diagnosi ed attuare la terapia mirata.
I sintomi possono comparire a breve distanza dall’eventuale contagio (anche 15-20 ore).
Rivalutiamo i sintomi:
- febbre;
- sonnolenza con possibile alterazione dello stato di coscienza;
- forte emicrania;
- rigidità del collo;
- eruzioni cutanee a chiazze;
- forte fastidio della luce (fotofobia);
- convulsioni;
- nausea e vomito.
Sono tipici poi i segni di Kernig:
- se il paziente è seduto, non riuscirà a tenere le gambe completamente estese;
e il segno di Brudzinsky:
- sollevando la testa in direzione della pancia c’è l’obbligo di flettere le gambe. È impossibile tenerle distese.
Terapia
In caso di meningite, la terapia è antibiotica mirata: nell’attesa dei risultati dell’esame del liquor, normalmente viene avviata una terapia antibiotica empirica basata sull’età del paziente e sul genere di microrganismo più frequente a quell’età.
Dopo il riconoscimento dell’agente eziologico, l’antibiotico o gli antibiotici in corso vengono eventualmente sostituiti o affiancati da altri secondo i protocolli internazionali (che individuano un certo numero di varianti, in considerazione del grande numero e della diversità dei microrganismi che possono essere coinvolti e della comparsa di ceppi resistenti) ed eventualmente associati a farmaci di altro tipo.
La terapia viene condotta in condizioni di rigoroso isolamento, mentre in genere vengono sottoposte a profilassi antibiotica le persone venute a contatto con il malato.
È bene ricordare che tale profilassi deve essere instaurata solo ed esclusivamente dal medico, che valuterà caso per caso l’opportunità di trattare le persone venute a contatto con il soggetto malato.
Le colture di routine dei tamponi naso-faringei non trovano alcuna indicazione: lo stato di portatore sano è frequente e qualunque tentativo di eliminare il batterio si dimostra del tutto inefficace oltre che inutile ai fini del contenimento della diffusione della malattia.
L’OMS specifica chiaramente che la vaccinazione (qualunque essa sia) nei contatti familiari non trova alcuna indicazione in caso di epidemia né tanto meno in presenza di casi sporadici e di trattamento delle persone vicine.