Sale
L’infiammazione da cibo dovuta ad alimenti ad alto contenuto salino non può certo essere imputata all’elemento chimico Cloruro di Sodio che è naturale e fondamentale componente del nostro stesso organismo.
A scatenare la reattività può contribuire un effettivo sovraccarico alimentare di cibi ad alto contenuto di sale aggiunto (salumi) o naturalmente presente nella composizione (formaggi), oppure le eventuali impurità – derivanti per lo più dai processi di lavorazione – che ”inquinano” il sale, anche quello cosiddetto ”naturale”.
In una dieta che controlli gli alimenti ad alto contenuto salino, non è necessario che l’eliminazione del sale da cucina sia assoluta, ma piuttosto relativa agli alimenti con un elevato contenuto intrinseco di Cloruro di sodio, o con molto sale aggiunto nella loro preparazione, mantenendo comunque nella alimentazione un minimo ma presente apporto di sale: in ambito medico è infatti documentato che la sua eliminazione totale può portare un danno maggiore del beneficio.
Riguardo al sale da cucina, quindi, è sufficiente ridurre al minimo le quantità utilizzate normalmente per condire verdure e pietanze (imparando a utilizzare più spezie e aromi per modulare i sapori), e salare con molta moderazione le acque di bollitura (per pasta, riso, patate, polenta).
È esperienza comune, fra l’altro, che nel giro di un paio di settimane dall’inizio della riduzione del sale nella dieta, il senso del gusto torni più vivo, cosa che consente di apprezzare maggiormente i diversi sapori e, in molti casi, di trovare eccessivamente salato il cibo servito comunemente fuori casa.
L’intervento dietetico vero e proprio consiste nell’eliminazione di tutti quei prodotti di preparazione industriale e/o casalinga che contengono sale in misura cospicua:
Dadi: da brodo o estratti vegetali o di carne per brodo.
Condimenti alternativi e salse di ogni genere: gomasio, miso, tamari, salsa di soia.
Tutti i formaggi: compresi parmigiano e mozzarella, anche in minima quantità, come la classica spolverata sulla pasta.
Insaccati e salumi: tutti.
Carne affumicata, secca, conservata: bresaola compresa, anche se “naturale o biologica”.
Pesce affumicato: salmone, aringhe, tonno, ecc.
Pesce conservato: alici in scatola, acciughe sotto sale, tonno in scatola (anche se “al naturale”), vongole, caviale, ecc.
Olive, patatine, frutta secca tostata e salata: tutti gli snack da aperitivo comprese noccioline, mandorle, nocciole, anacardi e simili.
Fast food di ogni genere.
Preparazioni in salamoia: e quasi sempre anche sottaceti e sottoli.
Prodotti da forno: focacce, pizze, pane, cracker, grissini, biscotti, ecc. Anche i dolci, le torte e i biscotti (soprattutto quelli industriali), come pure il pane senza sale (tipo toscano), molti cereali per la prima colazione, nonostante le apparenze hanno un contenuto intrinseco di sale abbastanza elevato: come alternativa si possono usare cereali soffiati, fette di cereali, gallette di riso, patate bollite o al forno, pastasciutta e riso scolato (come nella cucina cinese). Un importante studio (lo studio DASH) ha evidenziato con chiarezza come il massimo contenuto di sale sia proprio presente nei cibi industriali classicamente non considerati salati, come ad esempio i biscotti e i dolci, soprattutto se preparati con farine raffinate.
I consigli che trovate in questa scheda sono utili anche per chi risponde all’eccesso di sale in modo transitorio (come nella sindrome premestruale) o cronico (come in molti casi di ipertensione arteriosa cosiddetta essenziale). In casi di questo tipo, la limitazione del sale nella dieta comporta spesso una riduzione dei sintomi.
Astinenza settimanale utile per tutti
Poiché il sale è uno dei componenti alimentari più comuni sulle tavole degli italiani, consigliamo caldamente un giorno settimanale di assunzione controllata per liberare l’organismo da un eventuale sovraccarico.