Prenderemo probiotici e fermenti lattici per curare la pressione alta?
In molte persone un aumento della quantità di sale da cucina introdotto con l’alimentazione provoca un aumento della pressione arteriosa.
Si dice in quel caso che l’ipertensione è “sensibile al sale” e un controllo alimentare dei cibi ad alto contenuto salino (pane, cracker, grissini, formaggi, salumi, biscotti, dolci industriali) può riportare la pressione arteriosa alla normalità.
Prima di qualsiasi trattamento farmacologico ogni medico dovrebbe sempre valutare la risposta ad una vera riduzione del sale (il cloruro di sodio) nell’alimentazione, un approccio nutrizionale che spesso risolve sul nascere patologie importanti come appunto l’ipertensione arteriosa.
Una ricerca tedesca pubblicata su Nature nel Novembre 2017 ha però evidenziato una profonda interazione tra almeno tre diversi fattori legati alla pressione arteriosa elevata “da sale” e ne ha verificato gli aspetti clinici sia in animali da esperimento sia negli esseri umani.
Si è visto cioè che l’eccesso salino (nei volontari sani umani, per due settimane sono state somministrate insieme alla dieta delle compresse a lento rilascio di sale) comportava la scomparsa dall’intestino di alcuni ceppi di Lactobacillus (probiotici che costituiscono il normale microbioma intestinale), la crescita numerica di alcuni linfociti che producono Interleuchina 17 (IL17) e, a seguito di questi fatti, un incremento della pressione arteriosa (Wilck N et al, Nature. 2017 Nov 30;551(7682):585-589. doi: 10.1038/nature24628. Epub 2017 Nov 15).
La sequenza esatta degli eventi, vista sia nel topo che nell’uomo, è stata quindi questa:
- Aumento del sale alimentare
- Scomparsa di alcuni ceppi di Lactobacillus dal microbioma intestinale
- Aumento di linfociti TH17 e crescita di Interleuchina 17 (IL17)
- Aumento della pressione arteriosa
Significa che esiste la possibilità di bloccare questa sequenza intervenendo nel modo giusto, con la somministrazione di probiotici adatti a questo scopo e aprendo così un numero elevato di possibilità terapeutiche naturali per un problema che oggi è trattato quasi sempre solo con farmaci.
Questo è un lavoro ovviamente preliminare, ma è utile ricordare che alcuni effetti dei probiotici sulla pressione arteriosa erano già stati considerati su queste pagine anche in passato, riportando un interessante lavoro australiano che aveva anche segnalato come i probiotici agissero in modo “intelligente”, perché riducevano la pressione alle persone che avevano una minima superiore agli 85 mm di mercurio, ma non la abbassavano a chi invece avesse una pressione arteriosa normale.
Inoltre, il fatto che l’aumento del sale alimentare accentui la produzione di Interleuchina 17 stimola una ulteriore riflessione sui rapporti tra alimentazione e malattie autoimmuni.
IL17 aumenta ad esempio nella psoriasi, in alcune patologie artritiche e in molte patologie cutanee ed è espressione di una reattività immunologica importante che già alcuni lavori hanno sospettato anche di origine alimentare.
I valori di BAFF spesso sono elevati quando anche l’IL17 si alza. Probabilmente entrambe le molecole svolgono un ruolo importante in questo tipo di disturbi che correlano l’autoimmunità con l’alimentazione.
Certamente la somministrazione di Lactobacilli adeguati (i cosiddetti “fermenti lattici”, che oggi non contengono più derivati del latte) può già oggi e potrà anche in futuro diventare parte integrante del trattamento della ipertensione arteriosa.
L’elemento più importante di questa ricerca è ancora una volta l’espansione del punto di vista sistemico sulle malattie.
Sempre più si conferma che nutrizione, intestino e sistema immunitario sono sistematicamente correlati e interagenti e che gli aspetti di nutrizione personalizzati che si possono oggi misurare e valutare in modo preciso e puntuale sono strumenti a disposizione di tutti per la conquista e il mantenimento del proprio benessere.