Naturopatia e legislazione: note a margine della sentenza della Corte di Cassazione

25 Ottobre 2007
Naturopatia e legislazione: note a margine della sentenza della Corte di Cassazione

Nel corso dell’intervista all’Avvocato Giancarlo Rizzieri, rilasciata in esclusiva ad Eurosalus, in merito alla sentenza della Corte di Cassazione relativa alla attività del naturopata in Italia, l’avvocato ha giustamente spiegato numerosi aspetti approfonditi di tipo legislativo.

Poiché il livello di approfondimento tecnico delle considerazioni può essere comunque di rilievo per molti dei lettori di Eurosalus (ad esempio i naturopati e i medici), abbiamo preferito comunque raccogliere alcune delle considerazioni dell’avvocato Rizzieri in questo approfondimento, affinché la ricchezza delle sue parole non andasse dispersa. L’avvocato è Cassazionista ed esperto in Legislazione Europea delle discipline complementari o meglio tecniche del benessere, ed esperto anche dei prodotti di libera vendita, oggi normate con le loro contraddittorietà e regole.

Si tratta di considerazioni specifiche che abbiamo estrapolato dall’intervista stessa a beneficio di tutti gli interessati. mettendo tra virgolette le parole del nostro illustre esperto..

La sentenza della Corte di Cassazione ha evidenziato ancora una volta la confusione e la poca disponibilità che impera nel nostro Paese per comprendere la natura delle terapie complementari. La Corte di Cassazione è entrata nel merito della professione di un naturopata bolognese accusandolo di “esercizio abusivo della professione medica”. Il naturopata era stato precedentemente assolto con la difesa dell’avv. Rizzieri per la non sussistenza del fatto, assoluzione che nonostante la decisione della Corte di Cassazione che ha dichiarato prescritto il reato commesso fino al 1989, è rimasta tale, riconfermando così la formula assolutiva della Corte d’Appello.

«La Corte di Cassazione investita con il ricorso del Procuratore Generale della Corte d’Appello di Bologna di applicare la prescrizione per una parte del periodo di abuso della professione medica contestato con il capo d’imputazione, è inopinatamente entrata nel merito ed ha non solo dichiarato che il prodotto omeopatico è un farmaco ma che anche tra le “attività di esclusiva competenza dei medici” va annoverata l’idrologia, l’agopuntura, la chiropratica, il massaggio terapeutico, l’ipnosi curativa, la fitoterapia”.

Non è la prima volta che la Cassazione decide in tal senso e cioè afferma che il prodotto omeopatico è un medicinale e può essere prescritto soltanto dal medico.

Ciò tuttavia sembra non corrispondere al vero, secondo il più accreditato orientamento scientifico e bibliografico, anche perché il prodotto omeopatico è di libera vendita. La sentenza della Cassazione che ha ritenuto di poter entrare nel merito, forse forzando il dettato dell’art. 606 c.p.p. ma non rispettando la precisa preclusione dettata dall’art. 609 c.p.p.,  avrebbe dovuto limitare la decisione affermando, così come richiesto dal Procuratore Generale della Corte d’Appello di Bologna con il ricorso, l’avvenuta prescrizione del reato commesso fino al 1998.

Entrando nel merito invece, avrebbe dovuto  esaminare attentamente la documentazione prodotta, tra le quali una precisa consulenza del Vice Presidente dell’ordine dei medici di Bologna che afferma che il prodotto omeopatico non può essere classificato farmaco per precise ragioni tecniche – scientifiche ribadendo anche quello che il Prof. Garattini, a tutti noto,  ha qualificato “acqua fresca”.

Ed anche quando  la Cassazione ha fatto riferimento ad altre discipline non regolate in Italia, andando certamente fuori del seminato, va rilevato che contiene delle macroscopiche inesattezze in quanto ad esempio:

a) la chiropratica, già oggetto della ordinanza della Corte Costituzionale  n. 149 del 1988, non viola l’art. 348 c.p. (esercizio abusivo della professione medica) se praticata con preparazione e professionalità perché disciplina non regolamentata dallo Stato Italiano;

b) l’idrologia può essere terapeutica ma anche no (diversamente un bagno caldo per diminuire la tensione muscolare non saremmo più in grado di farlo autonomamente se non sotto prescrizione medica);

c) i massaggi terapeutici sono di competenza del fisioterapista e di altri e non del medico;

d) l’ipnosi curativa è di competenza dello psicoterapeuta che non è medico.

La pronuncia della Suprema Corte risulta dunque imprecisa e criticabile sotto molteplici aspetti e pertanto non condivisibile, e sorprende  soprattutto perchè proviene da un Organo Giurisdizionale di così grande rilievo nazionale e competenza».

«Con il Disegno di Legge Lucchese, il n. 640 della XIV legislatura, si era trovato una certa apertura verso l’esercizio di attività come quella del naturopata e di altri operatori delle discipline del benessere, ma non è stata portata in Parlamento per la discussione ed ora giace in attesa che altri riesumando vecchi  disegni di legge ne assemblino uno nuovo, magari modificandone il  contenuto; ma sarebbe utile che si andasse avanti.

Non è possibile che lo Stato continui a non legiferare per regolare le discipline del benessere anche perché legate alla libertà dell’individuo e previsti dalla Costituzione»

«In questo caso particolare la Cassazione ha detto “che non è sufficiente che il paziente chieda e desideri un certo tipo di cure, ma occorre che sia il medico a prescriverle”. Una decisione che va proprio contro la Costituzione che all’art. 32 da ai cittadini italiani la libertà di scegliere le cure, tenuto presente altresì che l‘utilizzo da parte dei cittadini dei prodotti naturali e dei prodotti di libera vendita, consente allo Stato Italiano un concreto e consistente risparmio del costo sanitario. Occorre allora più democrazia e maggiore apertura a professioni che in altri paesi dell’Europa sono già riconosciute e collaborano attivamente con i medici allopatici».

«Le sentenze della Cassazione concludono un iter processuale, niente di più, non possono costituire precedenti, che possono essere disattesi e/o modificati e comunque, ed in ogni caso, sorreggono la Costituzione per poter affermare la libertà di operare nel rispetto delle norme generali, quali quelle fiscali e deontologiche. È evidente che in assoluta buona fede è stato preso un abbaglio.».