Diabete e frutta: amici, non nemici. Ecco perché
In Italia, ai pazienti con il diabete è spesso data un’indicazione un po’ strana: quella di evitare il consumo di frutta.
Partiamo quindi dal principio e capiamo perché questa indicazione possa risultare fuorviante.
Il diabete nasce da un’alterazione della capacità di utilizzare gli zuccheri presenti nel sangue. La modulazione di questi zuccheri è quindi uno degli elementi fondamentali nella terapia della patologia stessa.
Nel trattamento del diabete, un’indicazione importante è quella di ridurre il consumo di zuccheri a rapido assorbimento e di scegliere alimenti a basso carico glicemico.
La regola di limitare il consumo di frutta nasce probabilmente dalla confusione tra “indice” e “carico” glicemico: alcuni tipi di frutta hanno un alto indice glicemico (50 grammi di zucchero contenuto nel frutto hanno un impatto importante sugli zuccheri nel sangue), ma il carico glicemico (quanto una porzione frutto ha impatto sullo zucchero presente nei vasi) rimane basso.
Questo succede perché la frutta contiene sì dello zucchero, ma associato a un’importante parte di fibra, acqua e altri micronutrienti che, oltre a modulare l’azione e l’assorbimento dello zucchero portando numerosi benefici generali, “diluiscono” il quantitativo di zucchero presente.
Bisogna infatti considerare anche la quantità di frutta assunta (per raggiungere i 50 grammi di zucchero della banana usati per il calcolo dell’indice glicemico bisognerebbe mangiare l’equivalente di circa due banane e mezzo di seguito, mentre per del pane bianco bastano anche meno di 100 grammi, a seconda del tipo di pane).
Non c’è alcun dubbio: tra una fetta di pane bianco e una banana, la banana vince in salute con amplissimo scarto.
Davvero, non è chiaro perché sia dato tanto rilievo alla limitazione del consumo di frutta quando, spesso, invece è carente un’indicazione sul consumo (da limitare) di carboidrati complessi e raffinati (pasta, pane, riso,…).
Cercando in letteratura scientifica, peraltro, si trova un solo articolo che parli della limitazione del consumo di frutta e verdura nei diabetici di tipo 2 di nuova diagnosi e il risultato della riduzione nel consumo non evidenzia alcun effetto in termini di riduzione di parametri di buon controllo della patologia (Christensen et al., Effect of fruit restriction on glycemic control in patients with type 2 diabetes – a randomized trial. Nutrition Journal 2013 12:29). Il che sconsiglia un’indicazione di restrizione del consumo di frutta in questi pazienti.
Non è tutto, perché il consumo di frutta fresca è stato anche correlato da più studi con una ridotta probabilità di sviluppare diabete di tipo 2, ossia quello ad oggi più diffuso, legato all’eccesso di zuccheri nella dieta (Wang et al., Higher intake of fruits, vegetables or their fiber reduces the risk of type 2 diabetes: A meta-analysis. J Diabetes Investig Vol. 7 No. 1 January 2016).
Inoltre, la componente di antiossidanti, vitamine, sali minerali e fibra, presenti nella frutta fresca (e cruda), agisce in senso preventivo sullo sviluppo di quelle patologie che sono tra i maggiori effetti collaterali del diabete mal controllato e, in particolare, nei confronti del rischio cardiovascolare (S. Wang et al., How natural dietary antioxidants in fruits, vegetables and legumes promote vascular health. Food Research International 44 (2011) 14-22 ).
In definitiva, frutta e verdura fresca (e cruda in particolare, per mantenere il più possibile integra la quantità di micronutrienti utili) non sono da sconsigliare, ma anzi da suggerire anche in quei pazienti che soffrono di diabete e che possono trovare nel dolce naturale e ben bilanciato del frutto un sostituto interessante a molto più dannose scelte alimentari.
Tale indicazione va inserita all’interno di un’attenzione alimentare più vasta, ben riassunta nell’articolo “Nutrirsi bene: le buone abitudini per la forma e il benessere“.
Elementi come l’assumere la frutta (o qualsiasi altro carboidrato) vicino o durante il pasto e abbinare sempre gli zuccheri (anche quelli della frutta) a una quota di proteine e grassi buoni, rendono ancora più facile il controllo della patologia e più efficace l’attenzione alimentare che già si sta mettendo in atto.