Nichel e oli cotti: quando il soffritto non fa male
La discussione sulla trasformazione degli oli attraverso la cottura dura da molto tempo e le nostre indicazioni alla fine tendono a lasciare la libertà occasionale di mangiarsi un fritto fatto “secondo la tradizione” cercando però di usare gli oli quasi esclusivamente a crudo, dopo la cottura.
Su Eurosalus abbiamo già scritto su un articolo come si possa usare un olio, scegliendolo tra quelli buoni (oliva extra vergine in prima fila e olio di arachide a ruota), per cucinare anche fritti e soffritti che in realtà siano davvero poco “fritti” pur mantenendone gli aspetti e il gusto. C’è davvero ampia possibilità di ottenere l’effetto “fritto” anche con piccolissime quantità di olio e con tempi di cottura e temperature ridotte, a salvaguardia del benessere.
La cottura degli oli riguarda anche le tante persone con una reattività al Nichel, e fino a poco tempo fa, l’uso degli oli cotti, che durante la cottura si trasformavano in sostanze simili ai grassi vegetali idrogenati industriali (carichi di Nichel), ne impediva la utilizzazione.
Invece si è fatta nuova luce sulla reazione al Nichel attraverso ricerche che consentono di capire meglio la strada per recuperare tolleranza e che hanno portato all’evidenza che oli “buoni” cotti in modo corretto, possono rientrare a far parte della dieta di chi soffre per un eccesso alimentare di Nichel o un’allergia specifica al solfato di Nichel.
Anche in caso di SNAS (Sindrome da allergia sistemica al Nichel) e di allergie da contatto, i cibi da controllare sono oggi meglio definiti e alcuni alimenti precedentemente “vietati” sono finalmente consentiti.
Dermatiti, pruriti, irritazioni cutanee da Nichel e tutte le reazioni generalizzate dovute alla sua introduzione possono essere affrontate con maggiore serenità.
Tra coloro che soffrono per il contatto con il Nichel, alimentare o cutaneo che sia, si può infatti sorridere un po’ di più, grazie alla migliore caratterizzazione della reattività alimentare e alla identificazione del nuovo gruppo degli “Oli cotti”.
Dal mese di agosto 2016, infatti, le schede che vengono utilizzate per i test Recaller e BioMarkers sono lievemente cambiate e finalmente, per chi abbia reazioni al Nichel, anche un po’ di olio buono messo nella pizza può essere usato senza timore.
Nei mesi passati abbiamo proposto su queste pagine un articolo innovativo, descrivendo i falsi miti sulla reazione a questo metallo, dovuti alla scoperta che non è solo il contenuto di Nichel a generare reazione nell’organismo, ma la contemporanea presenza di contaminanti o di sostanze prodotte dalla cottura.
Ad esempio, il cacao è ricco di Nichel, ma un cioccolato di qualità proveniente da coltivazioni naturali ha effetti ridotti, mentre un cacao che arrivi da terreni contaminati da cadmio e alluminio darà maggiori reazioni.
Noci, mandorle e nocciole, naturalmente ricche di Nichel, non sviluppano la loro azione se sono solo seccate, mentre la stimolano quando sono tostate e salate (roasted nuts).
Si sta conquistando quindi la conoscenza di una reazione al Nichel molto più individualizzata e legata ad altre componenti piuttosto che non dovuta “solo” al contenuto di Nichel (che ricordiamo è infatti un costituente normale e naturale di ogni organismo umano).
Dopo qualche settimana di dieta controllata si possono spesso reintodurre pomodori, spinaci, cacao e semi oleosi nella dieta con la certezza di muoversi verso la tolleranza immunologica.
Una volta il gruppo alimentare degli “oli cotti” veniva descritto insieme al Nichel mentre ora rappresenta un gruppo a parte.
L’evidenza scientifica è emersa dall’approfondimento dei lavori di Soriano pubblicati su Clinical and Translational Allergy. Su dati sempre più rilevanti si evidenzia sul piano statistico un possibile gruppo alimentare di riferimento correlato agli oli cotti e non necessariamente al Nichel.
Si sa con certezza che la cottura di un olio modifica in modo variabile la struttura dei grassi che lo compongono. Questo vale sia quando l’olio è usato per friggere o anche solo per ungere lo strumento di cottura, sia quando l’olio o il grasso siano tra gli ingredienti del prodotto, industriale o casalingo che sia.
Quando quindi la reazione emersa dai test di infiammazione definisce la reattività agli oli cotti, dovranno essere controllati tutti gli oli utilizzati per la cottura, dalle poche gocce di olio messe in forno con la pizza all’olio usato nella preparazione dei biscotti.
La buona notizia è che per chi ha invece una evidenza per il Nichel, la possibilità di usare un olio casalingo e buono per cuocere qualche alimento diventa concreta e reale. Un soffritto leggero fatto a casa propria (utile leggere l’articolo “Un soffritto per niente fritto“) come un po’ di olio buono usato nella preparazione di una frittata, di una pizza o usato per saltare delle verdure o per arrostire le patate tornano ad essere utilizzabili con serenità, consentendo così, anche a chi abbia problemi con il Nichel, una dieta più varia e libera.
La reazione al solo Nichel non prevede quindi più il controllo degli oli buoni usati per la cottura casalinga (su quella industriale i dubbi rimangono), mentre una reazione ai soli oli cotti non obbliga più il controllo dei cibi contenenti Nichel.
Quando la scienza aiuta a mangiare sempre meglio e con maggiore libertà, decisamente mi piace.