Le interazioni tra dieta, allergia, microbioma e autoinfiammazione. Le novità del Congresso Europeo di Allergologia
Si sta concludendo in queste ore il Congresso Europeo di Allergologia e Immunologia Clinica (EAACI) che si è tenuto nel 2018 a Monaco di Baviera.
Il nostro gruppo di ricerca ha presentato i risultati di un lavoro sui supporti diagnostici utilizzati per la misurazione dell’infiammazione e delle IgG specifiche per alimenti che abbiamo segnalato sulle nostre pagine praticamente in diretta.
Insieme al dottor Piuri abbiamo partecipato ad un elevato numero di sessioni scientifiche e ritengo importante segnalare gli spunti più interessanti emersi dal congresso, alla luce della nostra particolare e costante attenzione ai temi dell’infiammazione, della tolleranza immunologica e dei loro sistematici rapporti con la nutrizione.
Da questo congresso “porto a casa” alcune considerazioni di forte impatto clinico che riguardano questi temi:
- Microbioma
- Microbioma e dieta
- Apporti tra certi tipi di aminoacidi e effetti sull’intestino
- Orticaria cronica
- Autoinfiammazione
- Interazione tra i diversi tipi di epitelio (pelle vs polmoni vs intestino vs occhio eccetera)
La discussione sul microbioma e sulla sua importanza ha caratterizzato molte sessioni congressuali. In particolare si è riconfermata la capacità di particolari ceppi batterici di regolare le reazioni infiammatorie e le reazioni immunologiche e di controllare quindi le allergie in corso, oltre che di prevenirle efficacemente.
Si tratta di un tema già discusso su queste pagine, mentre la novità consiste nel fatto che si possano oggi riconoscere delle specifiche interferenze della occidentalizzazione sulla composizione dei batteri intestinali e che anche la composizione del microbiota della pelle può ad esempio modulare i sintomi asmatici, come descriveremo più oltre.
Una particolare analisi effettuata su una popolazione polacca (area vicina a Sobotka), profondamente rurale fino al 2000 e poi divenuta gradualmente industrializzata, ha permesso di definire che la presenza nei primi 2 anni di vita di un bambino del contatto con animali da fattoria (in particolare le mucche) comporta una condizione di tipo tollerogeno durante tutta la vita successiva. In pratica, se il bambino ha vissuto a contatto con il microambiente delle stalle, nella vita sarà molto meno allergico di qualunque suo coetaneo cresciuto in città. Un tempo si diceva che la campagna faceva bene, e che l’inquinamento faceva male mentre oggi sappiamo che la causa di questa differenza è legata soprattutto ai batteri intestinali con cui è entrati a contatto da piccoli.
In modo sempre più certo si è definito che il tipo di dieta seguito condiziona il tipo di batteri presenti nell’intestino. Poiché poi il tipo di batteri modifica la risposta immunologica in alcune malattie, si è valutato quanto siano importanti alcuni aminoacidi (ad esempio il Triptofano, la Fenilalanina e la Tirosina) per cambiare la risposta immunologica nei confronti di una sovrainfezione micotica (come nel caso della candida).
Questo aspetto riporta al senso dei “segnali” che l’organismo riceve. Guarda caso si tratta di aminoacidi profondamente coinvolti sia nei segnali nervosa sia nel metabolismo. Il dottor Liam O’Mahony ha descritto in modo molto stimolante l’importanza della fibra per il mantenimento di un microbioma attivo ed efficiente: è infatti grazie a questa che i batteri possono costruire degli acidi grassi a catena corta (SCFA) che modulano il sistema immunitario.
Inoltre le evidenze epidemiologiche segnalano che sia l’obesità sia l’asma sono entrambi segnali di una disbiosi, cioè di una alterazione del microbioma e che l’evidenza di queste condizioni si può trovare anche in tutte le superfici di rivestimento. La disbiosi intestinale riflette quella del microbioma della bocca, della pelle, dei polmoni e così via, con un richiamo ad una visione sistemica e globale della risposta del singolo organismo. In pratica non sono malati “i polmoni”, ma l’intero organismo, che poi “spara” in quella direzione, riprendendo la nota metafora della “pentola a pressione”.
Un dato nuovo, riportato da Marcus Maurer in una comunicazione molto stimolante, è quella di considerare l’orticaria cronica correlate all’allergia e al livello di sensibilizzazione generale dell’organismo. Si tratta di un fatto importante che porta al trattamento dell’orticaria cronica anche attraverso prodotti biologici inibitori delle IgE.
Fino a poco tempo fa c’era una generale considerazione della orticaria cronica spontanea come se non avesse una base di reattività allergica, ma l’inibizione delle IgE attraverso farmaci biologici (Omalizumab) porta ad una pronta risoluzione dei quadri. Come è noto, noi lavoriamo sull’orticaria cronica proprio perché consideriamo la parte alimentare e l’eccesso di alcuni alimenti fortemente correlati allo sviluppo di una infiammazione su base immunologica che favorisce la manifestazione orticarioide e tutti i suoi sintomi.
Adesso abbiamo la conferma scientifica che le nostre ipotesi cliniche abbiano una solida base. La conferma da parte di Hugh Sampson, uno dei massimi esperti mondiali di allergie alimentari, che la modulazione delle risposte individuali al cibo dipende dalla interazione diretta tra IgE e IgG e dal loro equilibrio (come noi diciamo da anni) ci conferma di essere sulla buona strada.
Molte relazioni hanno discusso il tema dell’autoinfiammazione. In pratica molte malattie vengono ricondotte ad un concetto infiammatorio diffuso non necessariamente autoimmune. Su Eurosalus ne abbiamo parlato sia in merito alle febbri o alle febbricole ricorrenti, sia in merito alle relazioni con le malattie autoimmuni e alla loro stretta connessione con i disturbi del comportamento alimentare.
La spiegazione dell’autoinfiammazione, come riportata da numerosi autori, riflette in tutto e per tutto la evidenza di quella che noi definiamo come infiammazione correlata al cibo, legata ad almeno tre aspetti nutrizionali:
- Infiammazione da profilo alimentare personale (con produzione di PAF e BAFF)
- Infiammazione da eccesso di prodotti di glicazione
- Infiammazione correlata allo squilibrio tra carboidrati e proteine, come spiegato dalla Harvard School of Public Health
Di certo si è passati oggi dal considerare le malattie autoinfiammatorie come malattie rare, a capire che queste possono coinvolgere la maggior parte delle malattie infiammatorie croniche e la quasi totalità delle malattie autoimmuni, comprendendo dal diabete al Crohn.
L’inconfondibile e sempre presente pediatra britannico Adnan Custovic ha discusso in modo rilevante le differenze tra malattie respiratorie del bambino dovute a infezioni ricorrenti o a allergia.
Il tema è di forte impatto clinico perché mentre la recidiva infettiva non cambia pesantemente l’evoluzione clinica del bambino verso la vita adulta, la componente allergica, non riconosciuta, comporta una possibile evoluzione critica successiva.
Come giustamente dice Custovic, il bambino non nasce mai con i “polmoni deboli”, ma solo specifici elementi che oggi possono essere misurati (IgE, citochine specifiche quali BAFF, PAF, IL6, TNF-alfa eccetera) possono portare allo sviluppo negativo se non opportunamente trattate. A fronte di sintomi perfettamente sovrapponibili, la differenza tra allergia e infezione diventa fondamentale per la corretta prevenzione futura.
Lascio per ultima la discussione sulla relazione tra gli epiteli diversi che ritengo una delle novità concettuali più importanti di questo congresso.
Molti autori hanno rilevato l’interferenza ad esempio del microbioma cutaneo (cioè dei batteri che sono presenti sulla pelle) nella regolazione delle malattie respiratorie (asma ad esempio). Altri ricercatori hanno discusso la corrispondenza tra la alterazione del microbioma intestinale e i cambiamenti del microbioma in qualsiasi altra sede corporea. Il dato interessante però è la possibilità di agire su uno di questi “sottosistemi”, per anni considerati isolati, per agire su tutti gli altri e sulla globalità di risposta dell’organismo.
Qualche considerazione critica.
Nonostante la presenza di relazioni orientanti con chiarezza a una visione più globale, il rischio della iperspecializzazione porta i dermatologi ad occuparsi solo di pelle, i gastroenterologi solo di intestino e così via.
Nella pratica non si coglie la voglia di “interagire” tra sottosistemi diversi per aiutare la guarigione. Il tempo darà ragione di questa evoluzione che è troppo forte per no essere riconosciuta e applicata in ambito clinico.
Poiché esistono farmaci molto costosi per alcune delle patologie discusse, si coglie la tendenza a promuovere l’uso di questi farmaci piuttosto che di cambiare stili di vita e abitudini alimentari che potrebbero portare agli stessi effetti con costi sociali meno pesanti, lasciando l’uso dei farmaci a specifiche situazioni.
La proposta di farmaci “biologici” per tutti, impossibile dal punto di vista economico, è anomala sul piano logico perché si tratta nella maggior parte dei casi di farmaci molto efficaci per un periodo limitato di tempo, ma non terapeutici, nel senso che alla sospensione del trattamento i sintomi, quasi sempre, ricompaiono.
Globalmente un congresso vivo e ricco di novità che possono gettare, bene usate, le basi per cambiamenti metodologici e pratici di forte impatto sociale.